Il Maestro e l’apprendista

Dieci anni fa ero a Tor Vergata a fare i test d’ammissione all’università, a distanza di dieci anni mi sono ritrovato a Toronto ad intervistare per mezz’ora Gianni Minà.

Avevo in testa questo ricordo, un giro mentale che mi capita spesso quando mi appresto a vivere momenti importanti o suggestivi. È un po’ come se mi volessi ricordare il percorso, la fatica e i passaggi attraverso i quali sono arrivato a vivere quel momento, deve essere una roba del genere.

Anche per questa intervista con Gianni Minà è avvenuto lo stesso e ho pensato che 10 anni prima iniziavo un sentiero che indubbiamente ha contribuito a farmi ritrovare intorno ad un tavolo con davanti a me un maestro vero e proprio.

Mercoledì ho avuto questo enorme privilegio di intervistare un personaggio che indubbiamente rappresenta il giornalismo italiano, probabilmente il più grande anche perché il più trasversale. Nessuno come Minà ha saputo spaziare per tre decenni dallo sport, al cinema, passando dalla musica per finire alla politica. Questa sua grande capacità lo mette inevitabilmente su un livello diverso e lo rende a mio avviso ancor più unico. Le persone più vecchie di me hanno vissuto l’incontro in modo diverso perché sono stati contemporanei a Minà e quindi avevano esattamente l’idea del valore del personaggio, meno nell’immaginario collettivo invece dei miei coetanei.

Uno dei miei primi ricordi di Minà in tv è legato al 1991-92, l’unica edizione della Domenica Sportiva da lui condotta e che io guardavo con mia padre. Ritrovarsi davanti qualcuno che hai visto centinaia di volte in tv è qualcosa di molto strano ma estremamente stimolante.

È stato tutto molto bello, così come le emozioni vissute tanto prima, quanto durante la chiacchierata. Un’ora insieme in cui in maniera del tutto naturale mi ha dispensato una serie di aneddoti, frasi, suggerimenti involontari, sorrisi ed una investitura finale con dei complimenti che saranno impossibili da dimenticare, e senza dubbio sarà un ricordo professionale e personale che terrò dentro di me con immenso piacere.

L’intervista si è basata sull’ultimo documentario di Minà che parla della visita di Papa Francesco a Cuba lo scorso anno, sullo sfondo il disgelo dei rapporti fra Cuba e Usa dopo oltre 50 anni. Parte dell’intervista ha ruotato intorno a questo, ma consapevole della ghiotta occasione ho sfruttato lo spazio per parlare anche di altro: di giornalismo, Olimpiadi, ricordi di carriera e non solo.

La percezione che fosse una bella intervista l’ho avuta fin dall’inizio, ma riguardandola ieri nella prima fase di montaggio ne ho avuto la conferma, una sensazione che mi ha reso felice perché il miedo escénico di trovarsi davanti un maestro ovviamente l’ho avvertito. Puoi essere freddo quanto vuoi e bravo a gestire le emozioni, ma quando ti trovi davanti a un Signore del tuo mestiere senti qualcosa di diverso dentro che ti solletica.

Minà, nonostante la stanchezza, il jet-lag, le interviste fatte in precedenza nell’arco di giornata, è stato molto disponibile e cortese, e da bravo narratore non si è mai sottratto a nessuna domanda anche a telecamere spente.

È stato un mercoledì pomeriggio divertente e per certi aspetti emozionante, e dieci anni fa, mentre mi accingevo a fare quel secondo test di ammissione, non avrei mai immaginato tanto. Sperato e desiderato sì, immaginato proprio no.

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Era tardi, il sole tramontava e lo 059 era fermo al capolinea davanti l’ospedale PTV. In sottofondo passò una macchina, una Yaris azzurrina, con “Me Voy” di Julieta Venegas, la mia canzone preferita di quella estate che stava per finire in archivio, una nuova vita stava per cominciare, c’era un nuovo percorso da vivere con i dubbi e le incertezze di una matricola. Eppure, dal 2 ottobre del 2006, nulla sarebbe più stato come prima, perché il primo luglio 2006, giorno del mio orale di maturità, segna uno spartiacque nella mia vita, perché c’è un prima e un dopo in funzione di quella data.

Il Maestro e l’apprendistaultima modifica: 2016-09-10T22:06:28+02:00da matteociofi
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