Lampedusa

Scrivo prima l’articolo “vero” su Lampedusa oppure quello “al volo” per il blog, quello di sensazioni, lasciando libero il flusso? Ho pensato che la seconda opzione fosse quella più giusta perché per l’articolo vero e proprio passerà ancora qualche giorno, merita tempo e ricerche, e quindi, era meglio partire con questo, per evitare di perdere il sapore del viaggio terminato e dell’esperienza appena conclusa.

Lampedusa è stata una pagina preziosa. Con un valore che ho scoperto in corso d’opera, apprezzando ogni lato di questa esperienza, traendone una serie di interessanti spunti di riflessione.

Sud Italia al 100%, case e colori, stradine a griglia e manovre avventate. Bambini che corrono ancora lungo via Roma e gli altri che giocano con il Super Santos sul piazzale davanti la Parrocchia di San Gerlando.

E poi, il profumo di pesce, il mare, tutte le sfumature possibili del blu proiettate sull’acqua in qualunque spiaggia. Il porto, il concerto di Baglioni atteso e osteggiato che è finito spazzato via da una tempesta la sera di martedì.

Uno strano senso di sicurezza per essere Italia, ma anche il sentimento che respiri in paese quando tutti sanno chi è la persona che cerchi e chiunque ti ci sa indirizzare.

Abbiamo girato l’isola e perlustrato tanti angoli, guidando l’enorme Vojager, grande come un elefante in vicoli minuscoli resi ancora più stretti dalle macchine parcheggiate.

Una profonda percezione di un posto in cui la gente sta bene, con un codice di regole “rivisto”, senza semafori e con i marciapiedi a volte troppo alti.

Ti aspetti i migranti e non li vedi, gente di colore e non c’è, gli unici persone legate alla commemorazione. Cammini e vedi le stesse facce, ma ti capita di sentire anche dialetti diversi, gente del nord trasferitasi qui per aprire una attività, e questa inattesa scoperta mi ha stupito.

Pioggia, vento, ma anche sole improvviso e gente in costume al sole come se fosse Ferragosto. Filmare un documentario è altra roba rispetto a news, notiziari o a qualunque contenuto mandato in onda subito. Un documentario è più attenzione, dettagli a non finire, guardare e ricontrollare, ha indubbiamente un taglio più cinematografico. È stato bello essere parte integrante, leader grazie alla lingua, gestire spostamenti, organizzare interviste e farle fra una traduzione e l’altra.

Mettersi al servizio della squadra e dare un contributo a un progetto che quando sarà finito indubbiamente sarà un prodotto di alta qualità, per la passione che tutti noi ci stiamo mettendo quando dobbiamo lavorarci.

Risate e riflessioni, idee sul futuro e ricordi di vicende passate, fra il polpo di Jay, “the way of the road” motto di Peter che è diventato di tutti noi e la professionalità di Sebastian.

Tanto lavoro e la sensazione che quando rivedremo questa specifica parte su uno schermo saremo tutti soddisfatti, forse anche di più dell’aver stretto la mano al Papa il giorno dopo dal nostro rientro da questa splendida isola sospesa nel Mediterraneo.

Lampedusaultima modifica: 2017-10-09T14:03:10+02:00da matteociofi
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