Il Tour dei Balcani: Бeoгpaд / Beograd

L’hotel Slavija è uno degli alberghi storici di Belgrado. Palazzone di evidente timbro comunista anni 70-80, posizionato in una zona strategica e a 15 minuti dal centro città. L’arredamento è un pochino datato ma il servizio offerto è ottimo, considerando anche l’ufficio cambio e il ristorante, se a tutto ciò si aggiunge il prezzo di 15 euro a notte e colazione compresa, è evidente che siamo dinnanzi ad un affare.

Il maltempo della sera precedente lascia lentamente spazio al sereno, l’Oki preso prima di dormire mi ha ristabilito e la mia tappa iniziale è la fortezza. Per raggiungerla percorro il corso cittadino e la zona pedonale, Belgrado si differenzia da Sarajevo per tanti motivi, il primo e più facile da intravedere è l’effetto della guerra. La capitale serba, rispetto a quella bosniaca, l’ha sofferta molto meno, non è stata distrutta e gli edifici lo testimoniano, il colpo d’occhio è diverso. Il bianco a Sarajevo è grigio a Belgrado, le facciate dimostrano il peso degli anni, non c’è stata nessuna ricostruzione (se non in funzione della guerra con il Kosovo del 1999), di conseguenza tutto è meno nuovo. La fortezza si innalza all’interno di un bel parco, curato e circondato da attrazioni diverse: i campi da tennis in cui i bambini prendono lezioni da un’istruttrice notevole, l’area con i dinosauri, cannoni e carri armati qua e là, mentre sul versante nord il panorama sono i due enormi fiumi, Sava e Danubio che si incrociano. Il sole inizia a riscaldare l’aria, lascio la mia prima meta, faccio un giro per Piazza della Repubblica e visito il National Museum che espone tre esibizioni. Punto successivamente Skadarska, la via bohemien della città la quale non mi affascina più di tanto e poi decido di andare a camminare lungo fiume, ai bordi del Danubio. Un cameriere mi invita a prendere il bus gratis, senza pagare, io desisto e me la faccio a piedi, dopo mezz’ora il poderoso Danubio si staglia davanti a me. Di fatto mi ritrovo sotto la fortezza e decido di risalire facendo un percorso alternativo.

Tira vento, ma fa caldo adesso, sono passate le 14:00 e mi fermo a una specie di rosticceria per uno spuntino. È il penultimo giorno del viaggio e rifletto sul fatto che ancora non c’è stato un grande personaggio, che non mi sono ancora imbattuto in qualcuno da ricordare. Azzanno l’hot-dog e un signore affianco a me attacca bottone, parliamo serenamente e dopo aver sbrigato i soliti convenevoli: provenienza, motivo della visita e quant’altro, ci incamminiamo insieme per il centro. Mi offre un caffè, conversiamo amabilmente, si parla di lavoro e ognuno della propria vita attuale, il tizio in questione è un serbo di 36 anni che da 15 gira il mondo, vive attualmente a Singapore, parla 5 lingue ed è a Belgrado per visitare la famiglia. Il personaggio è scaltro e di cultura, parla e sa quello che dice, si capisce che non è uno sprovveduto, anche se io rimango sempre un pochino sulla difensiva e vigile.

Si candida a guida personale, vorrebbe regalarmi un libro di storia serba in inglese dopo aver compreso i miei interessi ma non troviamo nessun testo di questo genere. Mi ripete che non ha alcun doppio fine, ne soldi ne tanto meno sesso, lo sottolinea perché evidentemente capisce che una tale disponibilità, al giorno d’oggi, può essere facilmente male interpretata, soprattutto da un turista. Mike, così si fa chiamare, si rivela un personaggio sorprendente, sa una marea di cose e il fatto di aver vissuto in Siria, Etiopia, e in altri posti, si capisce che gli ha dato molto. Mi accompagna così al tempio di San Sava, la chiesa ortodossa più grande del mondo, incrociamo i tifosi del Partizan che si incontrano in questo luogo sacro prima di raggiungere in corteo lo stadio e mi spiega la differenza delle tifoserie di Belgrado.

L’ultima tappa è San Marco, prima ci dissetiamo in un bar e poi mi chiede se mi interesserebbe lavorare magari con lui a Singapore. È un consultant in un’azienda di telecomunicazioni, dice che potrei essere senza dubbio all’altezza, insomma, mi formalizza praticamente un’offerta di lavoro. Gli spiego la mia situazione ma l’opportunità l’annoto mentalmente, non si sa mai mi dico e con questa crisi, potrebbe essere un jolly da tenere nel taschino. Ci salutiamo dopo 4 ore di piacevole compagnia, gli lascio la mia mail, decidiamo di rivederci la mattina successiva e rientro in hotel. Mike mi ha raccontato molte cose ma nonostante tutto anche lui, uomo di mondo, mi sottolinea come nella guerra dei Balcani i serbi avessero ragione e argomenta la sua tesi in maniera per alcuni aspetti interessante.

Dopo cena cedo alla tentazione e mi infilo nel casinò-sala scommesse adiacente l’ingresso del mio albergo, un giro alla roulette devo farlo, di camminare ancora non ne ho più voglia e quindi mi piazzo intorno al tavolo. Parto piano, entro con 100 Dinari, perdo subito e ne metto altri 100, perdo ancora e ne infilo dentro 200 cominciando la mia risalita. Ho studiato il tavolo, continua a uscire nero ma a un punto cambia tutto. Cerco mentalmente di anticipare le mosse, ne becco parecchie, la roulette è magnifica perché dannatamente democratica, non ci sono tattiche e abilità, ma io sono sempre convinto che un po’ di ragionamento sia utile. Vinco, perdo, mi sto per alzare all’ultima puntata ma azzecco “nero e pari”. Comincia la scalata, mi rimetto in linea di galleggiamento, è quasi l’una e intorno al tavolo siamo in due. Supero la quota giocata, ossia 400 Dinari e quando arrivo a 715 premo cashout e riscuoto. Ho vinto una miseria, ma non ho perso. Alla roulette conta questo, è un discorso di onore. Sono felice come se avessi guadagnato chissà quale somma, entro in camera festoso fra canti e cori da stadio. Forse sono già in clima, perché una delle destinazioni dell’ultimo giorno è proprio il Marakana di Belgrado…

(CONTINUA)

DSC02059

Il Tour dei Balcani: Бeoгpaд / Beogradultima modifica: 2014-09-01T15:08:28+02:00da matteociofi
Reposta per primo quest’articolo