Laila

In questa sorta di estraniamento (non penso sia la parola corretta ma non me ne viene in mente una migliore) che vivo da queste parti ormai da un po’ di tempo, non so perché ma da alcuni giorni mi continuano a tornare in mente delle immagini e dei fatti del 2009.

La spiegazione non c’è ma sta succedendo e il ricordo che continua a farmi sorridere è uno del marzo 2009, una istantanea che si è fatta largo nei miei pensieri martedì scorso in un profondo momento di noia durante una riunione.

L’episodio avvenne nella settimana che portava al mio compleanno numero 22 e si consumò nei corridoi dell’università. Mentre attendevo che Fermata finisse la sua lezione fuori dalla T30, mi si avvicinò una ragazza che mi chiese se sapevo quale lezione ci fosse in quel momento nell’aula. Le risposi e iniziammo a parlare. Poche battute dopo si presentò, “Piacere Laila”, un nome insolito che perfettamente si abbinava ad una ragazza indubbiamente carina, ma soprattutto frizzante, quelle tutte pimpanti e sprint, quelle che in pochi minuti ti sanno attrarre per il loro modo di fare, per la capacità di saperci fare. Mentre parlavo piacevolmente con la mia nuova conoscenza, sopraggiunse di gran carriera il nostro Catto preferito che finita una lezione stava traslocando per raggiungerne un’altra. Dopo un paio di battute, David si presentò a Laila e successivamente si congedò dicendo alla ragazza “Laila, te schieri”, andandosene mi guardò e con una precisa espressione facciale ribadì il “Se schiera”. Trattenni il sorriso con palese difficoltà, poco dopo le porte della T30 si aprirono, Fermata uscii e mi raggiunse, mentre Laila imboccò in classe per intercettare il professore.

Due mesi dopo rividi Laila per la seconda volta ad una festa organizzata dalla componente comunistoide della nostra facoltà e nel buio di Tor Vergata non la riconobbi mentre lei mi salutò. In quell’incredibile e vorticoso 2009 ricco e denso di avvenimenti e passaggi importanti, Laila continua ad avere il suo piccolo ma intoccabile spazio, un po’ per il suo nome, un po’ per l’immagine memorabile di David che mi guarda da lontano e mi mima il “Se schiera”.

C’è a mio avviso un qualcosa di profondamente emblematico in tutto ciò ma soprattutto un qualcosa di assolutamente divertente. A me quella istantanea fa ridere a distanza di anni e proprio oggi gliel’ho voluta ricordare, un riferimento che ovviamente ha saputo cogliere subito.

Quel 2009 fu un anno troppo importante per milioni di ragioni, fu l’anno in cui “saltò il tappo” sotto tanti aspetti, un anno di porte girevoli, di incontri, di cambiamenti, di persone dentro e altre fuori, di arrivi e ritorni, di emozioni indubbiamente, nel bene e nel male.

Un anno diviso in due parti, fra rincorse di vario tipo, psicodrammi, l’estate a “Wigan Pier”, la Tesissea, fu un anno troppo importante perché col senno del poi fu la base necessaria per la memorabile annata successiva.

C’è un qualcosa di stupidamente (forse nemmeno tanto alla fine) epico in quel 2009, più che altro ripercorrendo certi passaggi ripensavo alla quantità di cose ed eventi che capitarono. Al saliscendi emotivo, al costante richiamo di stimoli.

Senza dubbio pagherei mensilmente una tassa per avere un decimo di quel fervore, di quel fomento, di quel continuo dentro e fuori, e la certezza che ogni settimana era realmente un altro giro di ruota. Fantastico.

Ci ripensavo questa mattina mentre cercavo di mantenere l’equilibrio camminando fra neve e ghiaccio, ripensavo a quel tipo di sensazioni, alla concezione di tempo denso e ricco, e mi è tornato in mente quanto invece ne sto sprecando, quanto mi annoio, quanto giro a vuoto, quanto non so che fare durante il week-end, quanto non mi appartiene questo luogo, ammettendo anche a me stesso quanto in gran parte ormai anche a Roma non mi senta più centrato del tutto, una sensazione vissuta proprio nel 2015 appena archiviato. Questo fatto di non sentirmi a casa in nessun posto, o di non sentirmici più come in passato, come appunto nel 2009 ad esempio, mi infastidisce, mi crea una sorta di vicolo cieco.

Giorni fa mi ponevo delle condizioni, nel senso che mi dicevo “Ma se dovesse succedere questo, come sarebbe? Quanto cambierebbe la mia percezione di alcune cose? E se invece capitasse quest’altro quanto inciderebbe? Alla fine di questo elenco ho avuto la convinzione che in fondo non sia nemmeno un fatto di dinamiche, di episodi o di un qualcosa che va in verso piuttosto che in altro, credo semplicemente che non ci sia troppo da fare.

Un discorso di stimoli e voglia, di desiderio, di piacere. Tutto queste cose non ci sono e quindi tutto sembra una grossa perdita di tempo, che poi magari ha ragione Cuomo quando afferma che per chi sa aspettare c’è sempre un meraviglioso arrivo e che le cose belle hanno il passo lento, io però mi sa che sono entrato in una overdose di noia, un po’ quando dici “Aho, ma io me so rotto il cazzo”.

Ecco, quella frase lì e quella sensazione lì, magnifica nella sua essenza e nella sua capacità di trasmettere il messaggio senza il rischio di essere fraintesa.

La grandezza semantica di certe esclamazioni.

Lailaultima modifica: 2016-01-15T21:00:04+01:00da matteociofi
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