Le mirabolanti avventure estive di un Azzurro e una Rossocrociata (Parte 1)

 

Dove eravamo rimasti? Più o meno al sottoscritto che in fretta e in furia preparava la valigia e si imbarcava verso la Svizzera direzione Lugano, nel viaggio meno organizzato e pianificato di tutti i tempi.

Eravamo rimasti lì, la storia di un giovane ed intrepido Azzurro che varcava la frontiera dopo essere stato accolto a Como da una Rossocrociata. Le avventure di questi due personaggi partivano proprio da qui, dalla città lariana, cornice magica e suggestiva per dare il via a 5 giorni di scoperte, sorrisi e divertimento oltre ad una cascata di brividi mai vista in precedenza per portata e durata.

Chiasso, l’Ikea, il cartellone con il prezzo scritto 1.-, l’asciugacapelli che deve essere necessariamente nero, l’arrivo a casa e la scoperta che la Rossocrociata aveva un letto enorme, lungo come un transatlantico, insomma l’Infinity Bed.

Il giorno dopo, i due audaci giovani lasciavano la Svizzera italiana per raggiungere Berna, la capitale, la città degli orsi, oltre al posto in cui studiò e visse Einstein. Giro al Parlamento, foto, passeggiate, il beach volley con tanto di vuvuzela svizzera (diventato in pochi secondi ovviamente l’oggetto preferito da parte di quel bontempone dell’italiano…) e ritorno a casa.

L’Azzurro nel frattempo prendeva appunti sul mondo elvetico: carissimo, complicato, lots of rules e dove ognuno parla una lingua diversa, la sua fortuna però era quella che la sua compagna d’avventura sapeva tutti gli idiomi che Dio aveva inventato. Ammaliato da tanta conoscenza e versatilità, l’italiota si sentiva piccolo piccolo, un nanerottolo insignificante.

Salutata la graziosa cittadina svizzera, elegante, pulita e piena di portici tipo Bologna, l’indomani il giro riguardava Lugano, la dimora della Rossocrociata. Il lago, la chiesa, lo Spritz davanti al Monte San Salvatore, gli incontri inattesi prima di arrivare in un luogo pieno di gente bella, davanti al Casinò, dove c’era un buffet quasi del tutto ripulito prima che i camerieri portassero una teglia di penne al pomodoro un po’ piccanti, ma soltanto un po’, così poco che l’Italiano rischiò di morire e sentì le fiamme dell’inferno ardere nella sua gola.

Soltanto alcune ore dopo, davanti ad un Martini Bianco, mentre scriveva al suo connazionale in Irlanda, al secolo “Il Catto”, riprendeva l’uso parziale delle sue papille gustative. Seduto sulla terrazza del Casinò di Lugano, scrutando l’orizzonte fiero, pensava alle similitudini fra la cittadina ticinese e Montecarlo. Era la fine del terzo giorno, in quello successivo, i due, armati di un fomento che saliva ora dopo ogni ora, sarebbero andati a Sankt Moritz, sul Corvatsch, a 3303 metri, lassù dove osano le aquile e la gente che va a caccia di brividi.

 

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TO BE CONTINUED….

(Fine prima parte)