Mi vorrei come

Che poi spesso ragioniamo su come ci vorrebbe quello, o come ci desidera quell’altra, o magari cosa dovremmo cambiare noi per essere migliori, più bravi o roba del genere. Ribalto la questione oggi e mi domando, ma io come mi vorrei? Cioè in quali vesti mi vorrei e in quali assolutamente no. Vai, vai con un post introspettivo dal sapore ironico e spiazzante.

 

Amico: sicuramente sì. Mi vorrei come amico, vorrei un amico come me. Uno che sai che c’è e sai che troverà tempo per te malgrado tutto. Da maschio vorrei un amico del genere. Tutto mi si può dire tranne che non sono uno vero e allora, questa peculiarità è fondamentale nei rapporti d’amicizia. Ti dico tutto con onestà e tatto. Funziono però solo per gli amici, non per le donne, eccetto La Bionda.

 

Compagno-Fidanzato-Marito: no, per niente. È dalla prima media, quando iniziai ad invaghirmi di Veronica che mi domandai una cosa non proprio da bambino ma molto più da adulto, ossia: “Ma io che cosa ho da offrire? Cosa posso dare a una persona in una relazione di questo tipo?” La risposta dal 1998 galleggia fra il nulla e l’assolutamente nulla. Per cui, se io fossi dall’altra parte, non mi vorrei mai in quelle vesti.

 

Figlio: apparentemente sì, sostanzialmente no. Il rapporto genitore-figlio è troppo stretto e unico che spesso ti fa perdere l’obiettività e l’ordine reale delle cose. Si pensa sempre reciprocamente di conoscere l’altro come un libro aperto, ma rimane sempre una parte dentro di noi imperscrutabile e che nasconde tanto e può sorprendere. Come figlio, non mi vorrei.

 

Nipote: decisamente sì. Cambia il discorso rispetto al ruolo precedente, non è lo stesso. Come nipote sono perfetto. Mi vorrei sempre come nipote.

 

Coinquilino: vorrei un coinquilino come me. Discreto, pulito, ordinato, presente il giusto. Le esperienze vissute in passato in contesti diversi mi hanno fornito questa certezza, sono un buon coinquilino.

 

Capo: non mi vorrei come capo, non vorrei mai avere un capo come me. Chiedendo molto a me stesso, finirei per farlo con gli altri. Potrei mettere pressione, essere spesso insoddisfatto del lavoro altrui, mi eviterei volentieri in queste vesti.

 

Dipendente: è tutto l’opposto della voce precedente. Vorrei avere tutta la vita un lavoratore come me nel mio team. Perché uno così mi darebbe il 100% della garanzia sotto il punto di vista dell’impegno, della voglia e della precisione. Sarei uno di quello che dopo un po’ non hai bisogno di controllare, vanno da soli e li lasci stare. Chi mi prende, fa un affare. Questo sì.

 

Compagno di squadra: è la mia perversione mentale più grande fin da quando ero bambino. Ho sempre sognato di giocare con un altro me in campo. Parlo proprio di gioco, non di compagno come amico e personaggio utile nel gruppo e nello spogliatoio. Ho desiderato ogni volta giocare con me stesso. Quando stavo in avanti speravo di avere me alle spalle pronto a mandarmi in porta con un assist inatteso, quando giocavo dietro sognavo di avere uno davanti che facesse certi movimenti o capisse al volo le mie intenzioni. Tutto questo è figlio dell’aver amato costantemente il mio modo di giocare e di stare in campo. Ma due Matteo sul rettangolo di gioco rimane un sogno impossibile da esaudire. Ahimè.

 

Studente: direi proprio di sì. Sono sempre stato un bravo studente, non il migliore, nemmeno il più intelligente. Ma di sicuro educato, rispettoso e diligente. Queste sono le qualità che in fondo un professore apprezza. Se fossi Antonio, uno come me in classe mi piacerebbe averlo.