La mia estate – “Dentro o fuori. Rapidi”

Se dovessi sintetizzare il mese di luglio penso che potei usare 3 nomi ed un concetto che consiste in un primo cambio abbastanza epocale per me, un modo di fare sviluppato in tempi anche piuttosto rapidi e che ha dato un’altra dimensione alla mia estate.

Prima di tutto questo però, finisce l’Europeo e mi ritrovo nella strana situazione di dover decidere se voglio veder l’atto conclusivo con i francesi o con un portoghese. Opto per il mio amico di Viseu anche perché poi so che non sarei felice di ritrovarmi nei festeggiamenti transalpini.

La mia scelta però non mi agevola, perché la “Ragazza di Richemont” mi chiede di raggiungerla in un bar del centro per vedere la finale insieme. Ho già dato la mia parola, ed in più sono stato invitato a casa a pranzo per la partita da due persone alle quali sono particolarmente legato, per cui devo dirle di no, ma non mi dispiace, aggiungo anche che mi unirò a lei a fine gara, verosimilmente per i festeggiamenti.

Il calcio è magnifico anche perché regala storie come questa, il Portogallo infatti fa l’impresa, cancella la delusione del 2004 e vince un titolo ampiamente immeritato. Tutto questo inevitabilmente non fa il mio gioco e so che la persona che andrò ad incontrare non sarà proprio ben predisposta ma è un altro segno evidente di come debbano andare le cose.

Insieme a lei e c’è anche una sua amica, passiamo un’ora in un sport-bar del centro e poi ci dirigiamo verso Union Station dove lei deve prendere il treno per tornare a Burglinton, quello che avrei dovuto fare io alcune settimane prima. Mentre siamo su una panchina in sala d’attesa mi dice che nel giro di due settimana verrà a trovarla la cugina, o meglio the Goddaughter, una ragazzina di 15 anni che passerà da lei tre settimane e sarà in Canada fino a metà agosto. Capisco in un attimo che è il terzo indizio che sbarra la strada, perché un impedimento del genere complica veramente tutto. Prende il treno, ci salutiamo e so bene, mentre rincaso, che la situazione è compromessa ormai al 99%.  “Il ferro va battuto finché è caldo” dico al “Ragazzo di Versailles”, pur essendo consapevole che invece è iniziata una fase di raffreddamento sulla quale sarà difficile intervenire. Nel frattempo però, nelle settimane di assenza della mia spalla, ho continuato a frequentare il Crocodile e lì, per la prima volta si è palesata nel gruppo una nuova ragazza mai vista in precedenza. Scoprirò più avanti che nell’unica sua presenza al venerdì, io ero a Roma. È bella, anzi, molto bella, un gradino sopra tutte le altre che vediamo ripetutamente. Mi annoto il nome mentalmente e pochi giorni dopo al rientrante “Ragazzo di Versailles” chiedo informazioni a tal proposito. Diventa subito “Sonia Ibrahimovic”, giocando sull’origine del suo cognome slaveggiante anche se è di Lille e nei Balcani non ci ha mai messo piede.

Sembra essere in rotta di collisione con il ragazzo, in realtà poi saprò che si è appena lasciata, una concomitanza apparentemente utile. Inizia ad essere più presente al bar e questo ci dà modo di parlare un po’ di più. Diventa un motivo di interesse per quanto mi riguarda, ma capisco dopo un paio di volte che qualcosa non quadra. Ancora oggi infatti credo di essere bravissimo nella lettura di alcune situazioni, nel percepire in anticipo o rapidamente alcune dinamiche, venerdì scorso è stato un esempio lampante di questa mia capacità.

Il problema, e da anni me lo imputa il “Ragazzo di Hong Kong”, è che non ho lo stesso spunto nel captare le situazioni positive. È un limite, lo so, ma intanto mi tengo l’abilità che ho e gli ho promesso che prima o poi svilupperò anche il restante 50%.

Tuttavia, al mio referente asiatico, un sabato sera mentre sto per andare a una festa nei pressi di Pape Station gli dico che ho intenzione di accelerare la manovra con Sonia Ibrahimovic, garantendogli un “dentro o fuori rapido”, ma qui devo aprire una parentesi.

Fossi stato un giovane inglese di fine Ottocento sicuramente avrei fatto parte della Società Fabiana. Ora non tutti vi sarete laureati due volte in Storia della Gran Bretagna e quindi questa frase la devo spiegare, semplicemente perché custodisce una dimensione mia personale importante.

Wikipedia che sa più cose di tutti noi messi insieme, la definisce così:

“Il Fabianesimo (detto anche Fabianismo), è un movimento politico e sociale britannico di ispirazione socialdemocratica, nato alla fine del XIX secolo e facente capo alla Phabian Society, associazione che fu istituita a Londra nel 1884 e che si proponeva come scopo istituzionale l’elevazione delle classi lavoratrici, per renderle idonee ad assumere il controllo dei mezzi di produzione. Prese tale nome in quanto si avvalse sempre di una tattica gradualistica e temporeggiatrice che ricordava, sotto alcuni aspetti, la politica militare di Quinto Fabio Massimo il Temporeggiatore, che nella lotta contro Annibale e i suoi cartaginesi si avvalse di una strategia attendista di lento logoramento, che permetterà a Scipione l’Africano di battere il nemico nella battaglia decisiva, nonostante le molte sconfitte subite”.

Ecco, io non sono certo Quinto Fabio Massimo, ma ho sempre avuto questo enorme difetto di temporeggiare, aspettare, tergiversare, attendere, guardare, capire, razionalizzare, riflettere, analizzare, pensare, senza poi essere un vincitore come lui. L’aspetto inspiegabile è che questa attitudine l’ho sempre avuta solo ed esclusivamente in un ambito, quello relazionale, visto che in tutto il resto sono decisionista, intraprendente e non aspetto granché.

Questo modo di essere in verità è sempre stato un limite, un problema enorme. In primis per il tempo perso concretamente, e poi perché quando si attende e si aspetta a lungo, si idealizza, si creano pensieri e sovrastrutture sbagliate, ci si immerge in gineprai del tutto privi di senso e di aiuto. Il concetto del “dentro – fuori” in tempi rapidi diventa una sorta di conquista di assoluto valore, un cambio di atteggiamento, un passo che mi accingo a fare nuovamente e stavolta ancora con maggior enfasi del caso della “Ragazza di Richemont”, con “Sonia Ibrahimovic”.

Prima di questo però, venerdì 22 luglio, irrompe uno dei personaggi che si rivelerà importante soprattutto successivamente. Quando la serata al bar è ormai decollata, spunta la “Dama Nera”, amica di diverse persone lì presenti ma che io non ho mai visto prima. Ho le spalle al muro sotto al televisore che trasmette il baseball e lei viene da me. Ci presentiamo, quando esplicito la mia provenienza “Rome, Italy” ottengo come sempre una felice reazione e lei mi comincia a raccontare la sua lontana origine legata al mio paese.

La “Dama Nera” ci sa fare. Questo è quello che penso mentre mi parla di Carbonara ed Eros Ramazzotti. Ha un passo diverso dalle altre, sia da quelle che la circondano che da quelle viste passare precedentemente sul palcoscenico. Ha un fascino diverso, un modo che ammalia e si percepisce che lo sa bene, ne è pienamente consapevole. I 31 anni che sta per compiere le conferiscono un’aria e uno charme difficile da spiegare. Mentre vado al bagno un attimo, a voce alta continuo a ripetermi: “Eh questa se schiera, eh come se schiera…” poco dopo infatti, da donna consumata, inizia a giocare, e a provocarmi parlandomi di “Sonia Ibrahimovic”.

Avrò bevuto 3 o 4 doppi Cuba Libre ma sono sufficientemente lucido per capire e difendermi in modo adeguato, sfuggendo alle trappole che comincia a piazzarmi ad ogni frase. Una delle quali è più o meno: “Io lo so che ti piace lei, se vuoi posso aiutarti…”

Capisco quanto sia demoniaca nel frangente specifico, ma la spiazzo, so bene che sta giocando una tattica ed io non le presto mai il fianco. Lei provoca e io non mi scompongo. Le chiedo come faccia a sapere certe cose, oltretutto errate, e lei ribatte che si nota, altra frase buttata con lo scopo di far saltare qualcosa, le dico di no e si va avanti così per un pezzo.

“Matteo you can not handle me” mi dice. La fisso e le scoppio praticamente a ridere in faccia. Cerca di incartarmi con le parole e la cosa è divertente, fin quando in italiano esclamo: “Ma che ne sai de che ho dovuto maneggià io…” accompagnata dalla gestualità tipica italiana.

Scendiamo di sotto a ballare e mentre la guardo, mi prende gli occhiali da sopra la testa, si diverte un po’, poi con la scusa di uscire fuori per fumare, sparisce e se ne va. Fantastica. Per me ha già vinto tutto.

Riordino intanto le idee e aggiorno la mia classifica personale nella quale “La Ragazza di Richemont” scivola in fondo, in modo inevitabile, io nel frattempo faccio una cosa rara, ossia aggiungo la “Dama Nera” su Facebook, così come avevo aggiunto “Sonia Ibrahimovic”, le uniche due persone a cui ho mandato una richiesta. Un dettaglio che però qualcosa significa.

Non agirò su entrambi i tavoli, ma all’improvviso sono spuntati due personaggi dal peso specifico notevole che mi spingeranno a giocare il “dentro-fuori” rapido. Eppure la scoperta più importante, non sarà questo approccio, e nemmeno l’esito successivo, ma la gestione del dopo, del post.

Probabilmente la vera vittoria personale dell’estate del 2016.

La mia estate – “Dentro o fuori. Rapidi”ultima modifica: 2016-10-17T21:54:54+02:00da matteociofi
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