“E’ colpa tua”

Una delle tante cose che ho imparato tornando a Roma è che per affrontare la vita italiana vige l’obbligo di sapere tutto. Pur essendo uscito da casa anni fa, in realtà non avevo mai vissuto per conto mio in Italia, ma sempre e solo all’estero, di conseguenza mi sono ritrovato a sperimentare nuove dinamiche che alla fine terminano sempre e solo con una certezza: è colpa tua.

Con mano sto toccando questa simpatica tendenza, forse una realtà sempre esistita ma che mi era sfuggita non dovendo affrontare alcune situazioni in prima persona, di certo, qualcuno ha stabilito che il cliente o il cittadino ha sempre torto.

Al di là di populismi, vittimismi o qualunquismi di sorta, nei miei ultimi giri questo è il dato che emerge: bisogna sapere tutto di qualunque cosa, argomento, settore e procedura, altrimenti qualcuno dall’altra parte ti addosserà la colpa subito e con un piacere nemmeno troppo celato.

Due settimane fa al commissariato, sono stati molti svegli nello sventolarmi –letteralmente – in faccia con enorme piacere un regolamento. Era colpa mia, avevo sbagliato io a leggere.

Peccato però che loro non abbiano fatto altrettanto su una altra questione che invece parla chiaro e dava ragione al sottoscritto. Fra accuse che la poliziotta ha prontamene smentito “Non sono accuse” e toni di voce un po’ troppo alti e fuori luogo secondo me, la colpa era mia che non mi ero informato anche perché citando testuali parole: “Passate il 99% del vostro tempo con il telefono fra le mani e non cercate quello che dovreste”. Inconsapevolmente ha trovato chi passa gran parte del suo tempo a fare ricerche e a documentarsi per motivi professionali, rimane il fatto che era colpa mia in generale. A prescindere.

Io dovevo sapere, informarmi, capire in precedenza, Sfortunatamente però, loro non sapevano una cosa che avrebbero dovuto conoscere, come se io non fossi a conoscenza del mese in cui ci sarà il Sinodo. La loro mancanza però valeva stranamente zero, la mia era invece una specie di capo di imputazione.

Bisogna anche sapere che sulla bolletta della luce, se non si è residenti in un appartamento, si paga il 20% in più. Strano che nessuno al momento della voltura lo abbia detto o almeno menzionato, strano anche che il proprietario di casa non l’abbia mai riferito, strano pure che l’agente immobiliare al momento di parlare delle utenze si sia scordato. Evidentemente nessuno sa, ma io invece dovevo esserne al corrente. Certo.

Il punto, il cazzo del punto se mi permettete, e me lo permettete, è che è sempre facile dare colpa agli altri, lavarsi coscienza e mani scaricando il tutto sugli altri. Probabilmente dovremmo passare 20 ore al giorno a studiare ed imparare ogni cosa su qualunque argomento. Vivere studiando.

Nessuno invece che si prenda mezza responsabilità, nessuno in grado di parlare chiaro, spiegando e argomentando in modo decente. “Lei lo avrebbe dovuto sapere” è la frase che continuo a sentire, strano però che nessuno faccia mea culpa. La superficialità con cui si tratta un cliente o un cittadino, o chiunque cerchi informazioni, quella non vale. Di conseguenza, se chiedi, ti dicono le cose a metà, sembra che tutti siano terribilmente impegnati, come chi non si è premurato a dire che la prima bolletta del telefono arrivava via bollettino postale e non con l’addebito diretto sul conto come dalla seconda in poi.

Ecco, tutti bravi a fare le persone svelte, rapide ed efficienti, peccato però che poi non ti dicono informazioni necessarie e quando ti ritrovi a pagare prezzi maggiorati o strane tariffe la colpa è tua che non ti sei informato.

Ovviamente.

“Nessuno che dice se sbagli, sei fuori”

Lo Stato Sociale, Una vita in vacanza.

Un sacco di cose. Random.

Sono rimasto indietro e lo so bene. A volte mi verrebbe quasi da scusarmi con il blog per essere stato lontano o per non aver marchiato magari una data speciale, come quella recente del 6 marzo, giorno del mio compleanno. In tutto questo però, c’è una vittoria.

Un successo che affronta la pigrizia ed un concetto che per anni ho teorizzato: più non aggiorni, più rinvii e lasci stare, e più poi potresti essere attanagliato dall’angoscia del non sapere da dove cominciare quando vuoi parlare, con il rischio di desistere nuovamente. Ho diverse considerazioni da srotolare ma trovare un senso a tutto è impossibile e quindi vado, un po’ a caso, randomico e riallaccio il filo del discorso.

Cinque anni dopo siamo tornati a votare per il nostro governo e non mi volevano far votare per una svista al seggio. Un errore sciocco, che perdoniamo e che mi ha fatto tornare ai tempi di scuola. Sul registro degli elettori, affianco al mio nome, c’erano già firme e dati, se non fosse che tutte queste informazioni riguardavano mio padre, il quale sull’elenco risulta sopra di me. Dopo momenti concitati, e chiarito il disguido con tanto di domanda che ci ha proiettati nel mondo surreale – “Ma lei è sicuro che questo signore è suo padre?” – ho votato.

A quel punto, dopo aver inserito la schede – anche quella per il Senato – nonostante per tutti i presenti al seggio non potessi essere un over 25 – ho ritirato i miei documenti, mentre sul registro una meravigliosa doppia freccia invertiva di fatto i nomi e i dettagli del sottoscritto con quelli di mio padre. Come si direbbe a Roma, una pecionata in piena regola.

Un po’ come quando a scuola mettevi la freccetta con tanto di dicitura “segue” per far capire al professore di turno che lo svolgimento del compito proseguiva altrove.

Abbiamo votato e anche stavolta nessuno ha vinto. Vinto inteso come successo che ti permette di governare. Via così a consultazioni, impicci, previsioni, lotte e altre sfide dialettiche, un po’ quello che ci attendevamo. Renzi ha perso, il M5S ha trionfato come partito, Salvini ha fatto lo storico sorpasso e ora vediamo quale altra acrobazia bisognerà trovare per formare un governuccio.

Sullo sfondo delle elezioni, c’è stata la morte del povero Astori e una fastidiosa retorica del mondo pallonaro, conosciuto oltretutto come uno degli universi più sporchi, forse anche più della politica. Il derby è così saltato, io invece sono tornato a visitare il Colosseo dopo quasi sei anni mentre ho perso il calcolo dell’ultima volta in cui ero stato anche a passaggio dentro il Foro.

In tutto questo, per un bizzarro e fastidioso scherzo del destino, sto vivendo il mio personale inverno canadese fuori dal Canada.  Forse a molti è sfuggito, ma l’ultima giornata di sole, degna di essere chiamata così, è datata venerdì 16 febbraio, il giorno della mia passeggiata a Villa Pamphilj.

Pioggia in stile dublinese, freddo in salsa torontiana, e neve che dopo sei anni esatti è tornata a imbiancare la città, per la gioia di molti ed il mio profondo fastidio.

Dicono che sia tutta colpa dello stratwarming, uno strano fenomeno che capita ogni tanto, l’ultima volta nel 1985 e quella precedente nel lontano 1963. Resta il fatto che la mia antipatia per la pioggia non è solo roba da metereopatici di bassa lega, visto che a me impone cambi di programma e di registrazione importanti, con soluzioni di ripiego e qualità della luce sempre lontana da ciò che desidero. Questo interminabile maltempo mi perseguita e ripenso a quando lo scorso anno dicevo ripetutamente “A se fossimo a Roma…” Ecco, siamo qui e il risultato è tale che qualcuno potrebbe dire che ho sempre inventato tutto o esagerato ampiamente.

Qui si sono intanto festeggiati due compleanni e il fatto di averli celebrati insieme, a distanza di un anno e in un altro continente, è un risultato vero. Questo avevo sperato lo scorso sei marzo mentre soffiavo sulla candeline e questo è ciò che accaduto con buona pace nostra ed una gioia mista a soddisfazione per avercela fatta malgrado tutto.

Non mi pesavano i 30, non mi pesano ora i 31. Mi dispiace per quelli che provano ancora a mettermi pressione o angosce varie. So bene che il mio 30esimo anno l’ho impiegato e vissuto come meglio non potevo. Fra progetti, traslochi intercontinentali, ricerche di casa, traslochi cittadini, viaggi intercontinentali non previsti come vacanze, investimenti emotivi, economici, impegni seri e condivisione di tutto da un giorno all’altra, di più non potevo.

Di roba ce ne è stata e quindi diventa complicato, se non impossibile, lamentarsi del tempo che è trascorso se sai di averlo utilizzato nel modo migliore. I 31 saranno chiaramente diversi. Certi percorsi iniziati devono ora maturare, e per quanto un inizio abbia sempre un grande fascino, è anche vero che poi è bello mettersi all’opera e dare seguito a ciò che si è cominciato, come il mio ritorno a Roma e le mille cose che ha racchiuso.

C’è stato spazio nel frattempo anche per una polemica a distanza con la vicina di casa e lo scontro crudele con la burocrazia italiana, con la Polizia e quel modo tutto nostro di essere superficiali, impreparati, incompetenti, spocchiosi, velenosi, antipatici, lavativi, sciocchi e menefreghisti.

Due situazioni che mi hanno regalato un profilo nuovo di ciò che è questo paese, aspetti però su cui mi voglio concentrare meglio in un post a parte…