Il classico post del 16 dicembre (in ritardo, giustificato)

Ad inizio mese ho iniziato a pensare a cosa avrei dovuto scrivere nel post tassativo e storico che pubblico il 16 dicembre, e facendo questo esercizio mi sono reso conto di non avere una idea, e nemmeno un chiaro ricordo di quanto scritto 12 mesi fa.

Ho aspettato così di andare a Milano per il weekend dell’Immacolata, sicuro che avrei trovato uno spunto adatto intorno al Duomo: un incipit accattivante, una metafora azzeccata, e invece ci ha pensato la vita direttamente e darmi qualche argomento.

Poche ore prima di andare a Milano, sono stato travolto da tutto e di fondo ho visto finire la mia famiglia. Così. All’improvviso, come una bomba che esplode e non lascia scampo a nessuno dei presenti.

Non entrerò in nessun dettaglio per tanti motivi, di certo ho pensato che lo scorso 16 dicembre mai avrei immaginato di vivere tutto questo, o meglio, mai avrei pensato di ritardare a scrivere questo post perché avevo  (e ho) bisogno di riprendermi da quanto avvenuto.

La vita è strana, indubbiamente, a volte anche un po’ malvagia e perfida, di certo cruda e dura in alcuni suoi scorci, come l’ultimo al quale devo assistere praticamente inerme da ormai dieci giorni. Natale è in arrivo ma riguarderà gli altri, l’anno sta per finire e non poteva concludersi in modo peggiore. Questo 16 dicembre alla fine l’ho vissuto qui, a Roma, in attesa di incontrare il Papa con il quale avevo appuntamento il 18.

L’unica cosa che veramente ha senso in tutto questo – e per questo intendo, la scadenza del 16 dicembre con annessa ciclicità – è che ho incontrato il Papa con il vestito indossato un 16 dicembre, il primo della sfilza, quello del 2009 e della prima laurea.

Stesso vestito, ancora perfetto, certo, i pantaloni sono stati allargati qualche tempo fa, ma sarebbe splendido se questi fossero i problemi della vita…

P.S. Dimenticavo la cosa più importante: il pronostico sul prossimo 16 dicembre. Spero lontano da tutto questo, sotto ogni punto di vista.