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Di cose da dire ce ne sarebbero anche molte, ma più che un post ci vorrebbe un instant-book, uno di quelli che scrivi a tirare via per cogliere il momento. Un carpe diem editoriale, una roba così.

Di argomenti non siamo a corto, anzi, ce ne sono diversi, che poi siano infausti o per nulla frizzantini, quello è un altro discorso.

Eppure siamo qua, col fiato un po’ corto per il raffreddore e non per la fatica, con le macchie in faccia non per una abbronzatura da settimana bianca, quella che ti lascia i contorni degli occhi bianco latte e il resto marrone, bensì per gli strascichi di un herpes un filo invasivo.

Qui, fra gli uffici dell’Agenzia delle Entrate (sempre meglio una passeggiata agli Inferi), fra documenti spariti perché hanno inserito male un indirizzo e il disguido, ma chiamiamola anche “approssimazione italiana”, un brand riconosciuto come il Parmigiano, sta creando complicazioni a cascata.

Qui, con un fisico che un centimetro alla volta mi sta abbandonando, negli ultimi 49 giorni ho preso in ordine: cortisone Bentelan, due antistaminici, Brivirac (antivirale) Efferlgan 1000, aspirina canadese, Axil.

Qui, dove non si può più praticamente lavorare in modo decente, fra una violazione da evitare, il copyright che ti rincorre e ti vigila tipo Grande Fratello, ma intanto c’è da produrre, filmare e inviare, magari roba di qualità.

Qui, dove un pezzo alla volta stanno venendo meno figure centrali, anche un po’ a caso.

Qui, in attesa di incontrare avvocati, di pensare a che “tocca fa’”.

Siamo qui, ma c’è un però: si può solo andare avanti. In un modo o nell’altro.

Fino alla fine, ma non come lo slogan patetico degli juventini, ma sul serio, perché a dire fino alla fine siamo buoni tutti quando si vince sempre, cazzo ci vuole, ma fino alla fine davvero, con la cognizione di chi sta dall’altra parte e sa cosa significhi doverlo fare sul serio. Non a chiacchiere.