Scusate il ritardo. Intanto sono passati 10 anni

Sono rimasto un po’ indietro, forse come non accadeva da tanto tempo. Diversi sono stati i motivi, due quelli principali: gli otto giorni di mio padre qui a fine settembre e l’ultima settimana in cui ho dovuto scrivere come non ne ho memoria. Il solito carico di papiri da riempire con idee e frasi oltre a tre articoli per il prossimo magazine che uscirà prima di Natale.

Onestamente, lo scrivere molto per lavoro mi ha tolto quotidianamente la voglia ed il piacere di aggiornare il blog.

Finite le premesse e le spiegazioni, che diciamo? Settembre se ne è andato velocemente come gli altri mesi estivi, la visita di mio padre è stato una di quei momenti che fra tanti anni ricorderò di Toronto. Peccato per il tempo che soprattutto negli ultimi suoi giorni qui non ci ha dato una grande mano, problema che si è andato a sommare a quelli suoi, cronici, di salute. Potevamo e volevamo fare di più, ma non è stato possibile. Vorrei ma non posso insomma.

Tornando dall’aeroporto, sabato scorso, dopo averlo salutato, pensavo a come questa sua visita qui potesse essere l’emblema della mia Toronto. Quel costante senso di beffa, di presupposti che poi cambiano, di idee e possibilità che sfumano, e la conseguente sensazione di fastidio che poi scaturisce.

Meraviglioso rimarrà il ricordo della domenica a Niagara Falls, posto che merita una visita soprattutto considerando le due ore di pullman e quindi la vicinanza del posto a Toronto. La mia credenza (ma anche il frigo) si è intanto riempita all’inverosimile con pasta, sugo, formaggi, guanciale, un Borghetti, e altre cose random, tipo le rotelle di liquirizia della Haribo.

Otto giorni volati, e ora siamo proiettati verso l’altro super ospite che sbarcherà qui fra una quarantina di giorni.

Nel frattempo ottobre è iniziato e molte volte ho pensato a quello scorso, al Sinodo, a quei giorni, e alla mia contemporanea smania di ritornare qui a un punto. È passato già un anno e sinceramente mi fa effetto. È volato ma è stato pieno, mi sembra lontano ma allo stesso tempo molto vicino, una strana concezione temporale che racchiude diverse prospettive insieme.

Ottobre dicevamo, dieci anni fa cominciava la mia seconda settimana all’università. Una altra vita, una vita fa. Dieci anni sono tanti, è più di un terzo della mia esistenza, un mondo lontano eppure sempre presente perché alla fine dei giochi parlare tutti i giorni con quattro persone conosciute lì, in quel luogo, significa qualcosa, anzi significa tanto. Vuol dire essersi portati via un pezzo di quei tempi, e mantenere vivo un po’ tutto, con le dovute proporzioni attraverso i rapporti e le amicizie.

Avevamo 10 anni in meno, e questa decade davanti a noi da vivere. Se ci ripenso, rifarei tutto. E tornerei indietro per rivivere tutto e solo questo penso basti a spiegare la magia di quel lungo segmento. Dieci anni fa iniziavamo, 4 anni e mezzo fa invece è finito tutto. In mezzo, o meglio, dopo, tanti spaccati di vita. Italia, estero, Irlanda, Dublino, Toronto, fatica e solitudine. Attese, rifiuti, abbandoni, partenze e ritorni. Nuove volti, storie impreviste e botti improvvisi.

Intanto qui c’è ancora qualche capitolo da scrivere, fra un po’ capiremo quanti altri. Magari un paio, magari no. Ma a me piace quando ci si gioca qualcosa, quando arrivano i momenti decisivi e si scoprono le carte. A me piacciono quelle sensazioni. Un po’ come al primo esonero di geografia, dieci anni fa.

Quando si inizia a fare sul serio, anche se sul serio poi magari non è, e la vita in questi ultimi dieci anni ce lo ha spiegato bene.

 

Prima che il vento si porti via tutto

E che settembre ci porti una strana felicità

Pensando a cieli infuocati

Ai brevi amori infiniti

Respira questa libertà