Cristiano Ronaldo alla Juventus

È stato un 10 luglio incredibile a livello calcistico. Un martedì di mezza estate che ha regalato emozioni a raffica. Una semifinale mondiale che ha visto la Francia agguantare il pass per l’atto conclusivo di Mosca, il Milan finire in mano al fondo Elliott definitivamente, Sarri andare al Chelsea e soprattutto Ronaldo alla Juve.

L’ultima è una notizia che scuote il mondo calcistico come nient’altro perché il trasferimento del campione per eccellenza vale più di tutto. Operazione incredibile per prezzi (meno mostruosi rispetto ad altri), per la rapidità in cui è stata formalizzata e perché siamo davanti a qualcosa di unico almeno in Italia.

Qualcuno ha provato a paragonare questo arrivo con lo sbarco di Maradona a Napoli (1984) e quello di Ronaldo all’Inter del luglio del 1997, ma questo trasferimento è diverso e più clamoroso. Ha più impatto.

I due precedenti colpi portarono qui due giocatori in ascesa, non i migliori del mondo per distacco con tanto di certificazioni. Entrambi giunsero da Barcellona, Maradona dopo due stagioni non esaltanti e con diversi infortuni, Ronaldo dopo una annata spaziale, che però i numeri degli ultimi anni di CR7, tanto per dire, hanno normalizzato.

Il portoghese infatti ha spostato oltremodo la linea di confine, ha esplorato territori nuovi per quanto riguarda record, numeri e statistiche. Si è spinto appunto dove nemmeno questi due campioni erano arrivati o sono mai passati.

Maradona e Ronaldo non arrivarono come tri-campioni d’Europa in carica, e nemmeno con una tale potenza nell’immaginario collettivo. Cristiano è il più forte, vincente e dominante calciatore ad essere stato acquistato da un club di Serie A.

C’è un punto che indubbiamente lo penalizza: arriva da noi a 33 anni suonati, mentre Maradona giunse a Napoli a 23 e Ronaldo ne avrebbe compiuti 21 due mesi dopo il saluto ai tifosi nerazzurri in Via Durini. Questo sicuramente conta, perché per il portoghese si apre comunque il finale di carriera, per gli altri due c’era invece veramente un libro intero da scrivere.

Detto ciò, vedremo l’impatto che avrà sulla Serie A, che tornerà ad avere un Campione, uno che da solo attira soldi, attenzione, share e pubblicità. Sarà ancor di più un campionato con una squadra solo al comando e le altre dietro a spartirsi i piazzamenti più o meno nobili.

Ci sarà curiosità per Ronaldo come ovvio che sia, ma poco dopo non penso che il campionato potrà riscuotere troppo successo altrove, una lega che da 7 anni è già stra-dominata dalla Juve la quale ha aggiunto pure la super-stella.

Certo, l’obiettivo sarà ancor di più la Champions, anche perché dopo aver preso Higuain per rivincere ciò che avevano conquistato con i vari Quagliarella, Matri, Bentdner, Tevez e via dicendo, sarebbe ridicolo investire cifre del genere e prendere il migliore per continuare a vincere senza avversari solo nel cortile di casa.

Vedremo quello che sarà, intanto la sceneggiata sul Milan made in China termina nel modo più scontato. E pensare che alcuni milanisti – molti aggiungerei – continuavano a reputare l’Uefa una banda di cattivoni concentrati solo nell’estrometterli dall’Europa quando Fassone non era in grado di dare mezza garanzia su piani di rientro e l’autenticità di questa proprietà vera o presunta.

In una estate in cui Sarri è finito al Chelsea con Conte a spasso, Wenger ha salutato dopo una vita l’Arsenal, Zidane ha lasciato il Real, la Spagna ha fatto fuori il proprio CT prima del Mondiale, Mancini ha preso in mano l’Italia, Ancelotti ha firmato per il Napoli e Ronaldo è passato alla Juve, possiamo stare sicuri che altro deve succedere.

Sarebbe bello capire cosa avranno pensato gli espertoni di mercato Di Marzio e Pedullà che hanno bucato la notizia su Ronaldo presa invece clamorosamente da Tuttosport, sì proprio loro, quelli che negli anni ne hanno dette talmente tante che il 30 giugno tutti si misero a ridere sulla loro prima pagina relativa al “flirt” fra la Juve e CR7.

In una splendida e attuale riproposizione della storiella “A lupo, a lupo!” il quotidiano meno credibile di Italia ha piazzato il colpo, Di Marzio e Pedullà ci continueranno a parlare invece che Scattamburlo ha firmato per la Puzzonese un biennale da 32 mila euro.

Bravi, bella figura.

La mia estate – I referendum su se stessi

Il 31 luglio chiude il mese ma soprattutto manda in archivio l’intensa settimana della GMG, la più lunga e difficile a livello lavorativo del 2016 con tanto di sabato annesso. Sei giorni su sette a raccontare in onda tutta quello che stava succedendo in Polonia con le sei ore di fuso-orario a non facilitare il lavoro. Eppure, mentre l’ultimo notiziario è stato impacchettato e tecnicamente delivered, vengo contattato dalla “Ragazza di Richemont” che mi comunica di essere in città nel pomeriggio. Il messaggio non nasconde l’intenzione di incontrarci e così le prometto che le farò sapere come andranno le cose durante le ore successive. Tutto fortunatamente fila liscio e quindi esco da casa e ci mettiamo d’accordo su dove vederci, io, lei e la Goddaughter che è arrivata da una settimana. Mentre mi preparo per uscire però, ricevo una risposta da “Sonja Ibrahimovic”. Le avevo scritto infatti in mattinata cercando di indirizzare una precedente conversazione in una direzione più consistente.

Sono pronto per andare e vedo la notifica del messaggio ma decido di non aprirlo. È una scelta chiara con una motivazione precisa anche se me la giustifico a modo mio: “Non voglio sape’ i risultati dagli altri campi, adesso giochiamo sta partita”. Nella stupidità della frase, brillante metafora, risiede però una verità più grande e la capacità di isolare i fatti ed evitare che situazioni parallele possano accavallarsi e occupare in modo sbagliato la mente.

La notifica rimane tale, non apro il messaggio e mi lancio verso il molo con la bici. Parcheggio e poi mi dirigo verso il bar. Passiamo un’ora piacevole, con la Goddaughter perennemente in silenzio, forse imbarazzata, io intanto mi bevo la mia Sangria e poi ci incamminiamo verso la stazione. Il treno le attende, ma mentre attraversiamo la strada, guardo la ragazza da Richemont da dietro e penso: “Va bene tutto, ma certo che l’asticella l’ho tirata giù abbastanza, forse troppo. Io, quello che ama la bellezza e il gusto estetico…” Mi dico questo, mi viene non so perché in mente mio padre, che mi guarda forse con sguardo ammonitorio e ci salutiamo.

Ho la sensazione che possa essere anche l’ultima volta che ci incrociamo, ma non la totale certezza. Torno a casa e so che devo leggere il messaggio di “Sonia Ibrahimovic”, un po’ come guardare il Televideo a pagina 202 per leggere i risultati delle altre partite. Non mi aspetto granché ed infatti la risposta non regala grandi sorprese, anzi lei è molto brava a sviare la questione, in fondo c’è un no elegante e la cosa mi tocca davvero pochissimo. Mi sfiora appena, come successo pochi giorni prima per la “Dama Nera”. Di fatto è un 2-0 senza troppi giri di parole ed è una delle cose migliori che mi possano accadere in quel preciso frangente.

Il concetto “Dentro-Fuori rapido” è stato applicato, le gestione del no inizia ad essere diversa, scivola in maniera leggerissima, quasi impercettibile e la nuova dimensione mi spiazza. Mi sorprende perché ha davvero un qualcosa di speciale. Un sapore praticamente sconosciuto.

Il pensiero diventa presto “Vabbe, pazienza, venerdì è un’altra partita…” ed è il principio su cui si comincia a basare il mio approccio, un qualcosa che non mi è mai appartenuto ma che inizio a praticare ottenendo inaspettatamente una serenità completamente nuova.

I referendum su se stessi, così ribattezzati dal fine psicologo di Hong Kong cominciano a trovare meno spazio. Sì perché entro finalmente nell’ordine di idee che ogni situazione non può essere più vissuta in un determinato modo, e nemmeno considerare come tutto un voto di qualcun altro su se stessi. Finisce quella idea, ma questo succede perché altri punti sono stati definitivamente fissati e tutto ciò è una semplice conseguenza.

Siamo a un punto di svolta che si mixa bene con quanto di buono pensavo già prima, la capacità di leggere e capire alcune cose con anticipo. Dal weekend successivo, da venerdì pomeriggio 6 agosto, avrò conferme importanti in tal senso non abboccando ai giochetti da ragazzina, della simpatica “Ragazza di Marsiglia”…

La mia estate – “Vedi Catto quanto è facile?”

Ci sono un altro paio di cose che devono essere menzionate per chiudere il discorso relativo a luglio. Non è solo il mese delle figure citate nel post precedente perché assume una particolare centralità anche grazie ad un altro paio di fatti. Il primo, apparentemente superficiale, è invece molto importante.

Sono sempre stato un grande camminatore, uno di quelli in grado di coprire distanze oggettivamente molto grandi anche in ambito cittadino. Passeggiare, anche da solo, mi è sempre piaciuto, penso di essere un buon compagno di viaggio pure per questa ragione: cammino, vado, non mi lamento e se posso a volte evito anche di prendere i mezzi, probabilmente perché sono abituato a pensare che non funzionino mai troppo bene.

Anche a Toronto, soprattutto da quando vivo in centro, mi muovo solo a piedi e la cosa mi piace tantissimo. Eppure, dopo una passeggiata che si rivela un po’ troppo lunga, ossia 4,8 km per raggiungere il “Ragazzo d Versailles” in spiaggia, decido di comprarmi la bicicletta. L’idea mi aveva accarezzato diverse volte grazie alla bella stagione e alle tante persone che qui si muovono pedalando, ma alla fine avevo sempre lasciato stare. La scarpinata di metà luglio però mi convince definitivamente che una bici, anche la più economica, potrebbe risolvermi qualche problema e facilitarmi un po’ di cose.

Accantono l’idea dell’usato e alla fine al classico mega-store con 112 dollari, tasse incluse, mi porto a casa una bella mountain bike che pecca soltanto per i suoi colori, ossia un po’ troppo rosso su una base praticamente tutta nera.

L’acquisto mi esalta oltremodo e mi riporta indietro negli anni, all’infanzia, e ai giri in bici per il quartiere. Inizio a perlustrare le vie con la ciclabile, ma soprattutto volo verso il lago con una facilità impressionante, stesso discorso per il Crocodile il venerdì o per tutti gli altri impegni, escluso il lavoro.

La spesa di fatto la ammortizzo subito, non prendo i mezzi nemmeno per sbaglio, ma soprattutto risparmio tempo, tanto tempo, e sono ovunque nel giro di 15-20 minuti.

Con la mia spalla iniziamo a dominare l’asfalto con le nostre due ruote, io torno invece a ingaggiare duelli in mezzo alla strada portando la bici con la stessa arroganza del classico conducente di un motorino nel traffico di Roma.

Sbraito, fischio, passo in mezzo alle macchine e mi piazzo sempre davanti a tutti in attesa del verde al semaforo. Mi sento a mio agio e intanto riscopro il piacere e la liberta della bicicletta anche grazie alle tante ciclabili che si snodano per tutto il centro, aspetto affiancato anche da una cultura stradale diversa e una particolare attenzione degli automobilisti verso il ciclista di turno.

Mentre questo acquisto fa decollare definitivamente l’estate come mai avrei pensato, riesco finalmente ad apprendere l’ultimo dettaglio che mi mancava nella ricostruzione della vicenda relativa alla mia “Compagna di banco” e alla sua love story.

Tornando da una partita, un martedì pomeriggio di luglio, proprio come avevamo fatto quella volta a fine aprile, quella famosa volta, le chiedo come era nata questa sua relazione. La pura realtà è che voglio togliermi questa curiosità e glielo chiedo.

La risposta è bizzarra, ma di fondo è anche l’unica plausibile nella stranezza del fatto. Le ricordo l’episodio di aprile e di come avevamo incontrato questo ragazzo, ma soprattutto il loro modo di salutarsi piuttosto freddo e non così sciolto. Lei allora mi confessa che il giorno dopo a quell’incontro lui le aveva scritto e da lì in poi avevano iniziato a parlare, fino al punto di vedersi per la prima volta per conoscendosi da un paio di anni.

Tutto inizia così e si sviluppa rapidamente con grande entusiasmo e reciproca attrazione. Capisco eventualmente la sua di lui verso lei, meno quella della mia “Compagna di banco” nei confronti del personaggio, ma questo è un classico.

Ci salutiamo, e mentre faccio il pezzo di strada mancante per andare a casa penso due cose. La prima è la seguente: “Vedi Catto quanto è facile? Cioè, due si conoscono, a volte sono usciti insieme in un gruppo più allargato, poi si incrociano per caso un martedì pomeriggio in mezzo alla strada, uno comincia a scriversi e poi è tutta una normale conseguenza. Una cosa semplicissima”.

La seconda invece è diversa e mi riporta al concetto di sliding door. Sì, perché se è vero che il 7 aprile io la invito, lei dice di no, entro in un baratro emotivo e tutto sta storia che sto scrivendo inizia lì, allo stesso tempo sono convinto che a un punto, poco dopo, qualcosa stava cambiando. Credo questo e ne sono abbastanza convinto ripensando anche a quella conversazione avvenuta pochi minuti del suo incontro all’incrocio.

Per un po’ mi domando cosa sarebbe potuto succedere se fossimo passati per la strada normale anziché deviare il percorso perché lei doveva comprarsi qualcosa per cena, un qualcosa che poi nemmeno trovò. Non lo so, forse niente, forse sì.

Oggi magari starei qui a scrivere una cosa diversa, o magari nulla, eppure io so bene che è meglio così, nel senso che lei un regalo enorme me lo ha già fatto, rifiutando un cazzo di bicchiere di vino e nemmeno lo sa.

Forse non lo saprà mai, io invece l’ho scoperto settimana dopo settimana nel corso dell’estate e ancora oggi sono pienamente consapevole che la storia ha preso la piega migliore anche se ad aprile, naturalmente, non ero dello stesso avviso.

Penso più o meno tutto questo mentre sono ormai a casa in attesa dell’ascensore e mi viene in mente una poesia di Rainer Maria Rilke. Precisamente questa qui…

 

 

Sii paziente verso tutto ciò
che è irrisolto nel tuo cuore
e cerca di amare le domande, che sono simili a
stanze chiuse a chiave e a libri scritti
in una lingua straniera.
Non cercare ora le risposte che possono esserti date
poiché non saresti capace di convivere con esse.
E il punto è vivere ogni cosa. Vivere le domande ora.
Forse ti sarà dato, senza che tu te ne accorga,
di vivere fino al lontano
giorno in cui avrai la risposta.

La mia estate – “Dentro o fuori. Rapidi”

Se dovessi sintetizzare il mese di luglio penso che potei usare 3 nomi ed un concetto che consiste in un primo cambio abbastanza epocale per me, un modo di fare sviluppato in tempi anche piuttosto rapidi e che ha dato un’altra dimensione alla mia estate.

Prima di tutto questo però, finisce l’Europeo e mi ritrovo nella strana situazione di dover decidere se voglio veder l’atto conclusivo con i francesi o con un portoghese. Opto per il mio amico di Viseu anche perché poi so che non sarei felice di ritrovarmi nei festeggiamenti transalpini.

La mia scelta però non mi agevola, perché la “Ragazza di Richemont” mi chiede di raggiungerla in un bar del centro per vedere la finale insieme. Ho già dato la mia parola, ed in più sono stato invitato a casa a pranzo per la partita da due persone alle quali sono particolarmente legato, per cui devo dirle di no, ma non mi dispiace, aggiungo anche che mi unirò a lei a fine gara, verosimilmente per i festeggiamenti.

Il calcio è magnifico anche perché regala storie come questa, il Portogallo infatti fa l’impresa, cancella la delusione del 2004 e vince un titolo ampiamente immeritato. Tutto questo inevitabilmente non fa il mio gioco e so che la persona che andrò ad incontrare non sarà proprio ben predisposta ma è un altro segno evidente di come debbano andare le cose.

Insieme a lei e c’è anche una sua amica, passiamo un’ora in un sport-bar del centro e poi ci dirigiamo verso Union Station dove lei deve prendere il treno per tornare a Burglinton, quello che avrei dovuto fare io alcune settimane prima. Mentre siamo su una panchina in sala d’attesa mi dice che nel giro di due settimana verrà a trovarla la cugina, o meglio the Goddaughter, una ragazzina di 15 anni che passerà da lei tre settimane e sarà in Canada fino a metà agosto. Capisco in un attimo che è il terzo indizio che sbarra la strada, perché un impedimento del genere complica veramente tutto. Prende il treno, ci salutiamo e so bene, mentre rincaso, che la situazione è compromessa ormai al 99%.  “Il ferro va battuto finché è caldo” dico al “Ragazzo di Versailles”, pur essendo consapevole che invece è iniziata una fase di raffreddamento sulla quale sarà difficile intervenire. Nel frattempo però, nelle settimane di assenza della mia spalla, ho continuato a frequentare il Crocodile e lì, per la prima volta si è palesata nel gruppo una nuova ragazza mai vista in precedenza. Scoprirò più avanti che nell’unica sua presenza al venerdì, io ero a Roma. È bella, anzi, molto bella, un gradino sopra tutte le altre che vediamo ripetutamente. Mi annoto il nome mentalmente e pochi giorni dopo al rientrante “Ragazzo di Versailles” chiedo informazioni a tal proposito. Diventa subito “Sonia Ibrahimovic”, giocando sull’origine del suo cognome slaveggiante anche se è di Lille e nei Balcani non ci ha mai messo piede.

Sembra essere in rotta di collisione con il ragazzo, in realtà poi saprò che si è appena lasciata, una concomitanza apparentemente utile. Inizia ad essere più presente al bar e questo ci dà modo di parlare un po’ di più. Diventa un motivo di interesse per quanto mi riguarda, ma capisco dopo un paio di volte che qualcosa non quadra. Ancora oggi infatti credo di essere bravissimo nella lettura di alcune situazioni, nel percepire in anticipo o rapidamente alcune dinamiche, venerdì scorso è stato un esempio lampante di questa mia capacità.

Il problema, e da anni me lo imputa il “Ragazzo di Hong Kong”, è che non ho lo stesso spunto nel captare le situazioni positive. È un limite, lo so, ma intanto mi tengo l’abilità che ho e gli ho promesso che prima o poi svilupperò anche il restante 50%.

Tuttavia, al mio referente asiatico, un sabato sera mentre sto per andare a una festa nei pressi di Pape Station gli dico che ho intenzione di accelerare la manovra con Sonia Ibrahimovic, garantendogli un “dentro o fuori rapido”, ma qui devo aprire una parentesi.

Fossi stato un giovane inglese di fine Ottocento sicuramente avrei fatto parte della Società Fabiana. Ora non tutti vi sarete laureati due volte in Storia della Gran Bretagna e quindi questa frase la devo spiegare, semplicemente perché custodisce una dimensione mia personale importante.

Wikipedia che sa più cose di tutti noi messi insieme, la definisce così:

“Il Fabianesimo (detto anche Fabianismo), è un movimento politico e sociale britannico di ispirazione socialdemocratica, nato alla fine del XIX secolo e facente capo alla Phabian Society, associazione che fu istituita a Londra nel 1884 e che si proponeva come scopo istituzionale l’elevazione delle classi lavoratrici, per renderle idonee ad assumere il controllo dei mezzi di produzione. Prese tale nome in quanto si avvalse sempre di una tattica gradualistica e temporeggiatrice che ricordava, sotto alcuni aspetti, la politica militare di Quinto Fabio Massimo il Temporeggiatore, che nella lotta contro Annibale e i suoi cartaginesi si avvalse di una strategia attendista di lento logoramento, che permetterà a Scipione l’Africano di battere il nemico nella battaglia decisiva, nonostante le molte sconfitte subite”.

Ecco, io non sono certo Quinto Fabio Massimo, ma ho sempre avuto questo enorme difetto di temporeggiare, aspettare, tergiversare, attendere, guardare, capire, razionalizzare, riflettere, analizzare, pensare, senza poi essere un vincitore come lui. L’aspetto inspiegabile è che questa attitudine l’ho sempre avuta solo ed esclusivamente in un ambito, quello relazionale, visto che in tutto il resto sono decisionista, intraprendente e non aspetto granché.

Questo modo di essere in verità è sempre stato un limite, un problema enorme. In primis per il tempo perso concretamente, e poi perché quando si attende e si aspetta a lungo, si idealizza, si creano pensieri e sovrastrutture sbagliate, ci si immerge in gineprai del tutto privi di senso e di aiuto. Il concetto del “dentro – fuori” in tempi rapidi diventa una sorta di conquista di assoluto valore, un cambio di atteggiamento, un passo che mi accingo a fare nuovamente e stavolta ancora con maggior enfasi del caso della “Ragazza di Richemont”, con “Sonia Ibrahimovic”.

Prima di questo però, venerdì 22 luglio, irrompe uno dei personaggi che si rivelerà importante soprattutto successivamente. Quando la serata al bar è ormai decollata, spunta la “Dama Nera”, amica di diverse persone lì presenti ma che io non ho mai visto prima. Ho le spalle al muro sotto al televisore che trasmette il baseball e lei viene da me. Ci presentiamo, quando esplicito la mia provenienza “Rome, Italy” ottengo come sempre una felice reazione e lei mi comincia a raccontare la sua lontana origine legata al mio paese.

La “Dama Nera” ci sa fare. Questo è quello che penso mentre mi parla di Carbonara ed Eros Ramazzotti. Ha un passo diverso dalle altre, sia da quelle che la circondano che da quelle viste passare precedentemente sul palcoscenico. Ha un fascino diverso, un modo che ammalia e si percepisce che lo sa bene, ne è pienamente consapevole. I 31 anni che sta per compiere le conferiscono un’aria e uno charme difficile da spiegare. Mentre vado al bagno un attimo, a voce alta continuo a ripetermi: “Eh questa se schiera, eh come se schiera…” poco dopo infatti, da donna consumata, inizia a giocare, e a provocarmi parlandomi di “Sonia Ibrahimovic”.

Avrò bevuto 3 o 4 doppi Cuba Libre ma sono sufficientemente lucido per capire e difendermi in modo adeguato, sfuggendo alle trappole che comincia a piazzarmi ad ogni frase. Una delle quali è più o meno: “Io lo so che ti piace lei, se vuoi posso aiutarti…”

Capisco quanto sia demoniaca nel frangente specifico, ma la spiazzo, so bene che sta giocando una tattica ed io non le presto mai il fianco. Lei provoca e io non mi scompongo. Le chiedo come faccia a sapere certe cose, oltretutto errate, e lei ribatte che si nota, altra frase buttata con lo scopo di far saltare qualcosa, le dico di no e si va avanti così per un pezzo.

“Matteo you can not handle me” mi dice. La fisso e le scoppio praticamente a ridere in faccia. Cerca di incartarmi con le parole e la cosa è divertente, fin quando in italiano esclamo: “Ma che ne sai de che ho dovuto maneggià io…” accompagnata dalla gestualità tipica italiana.

Scendiamo di sotto a ballare e mentre la guardo, mi prende gli occhiali da sopra la testa, si diverte un po’, poi con la scusa di uscire fuori per fumare, sparisce e se ne va. Fantastica. Per me ha già vinto tutto.

Riordino intanto le idee e aggiorno la mia classifica personale nella quale “La Ragazza di Richemont” scivola in fondo, in modo inevitabile, io nel frattempo faccio una cosa rara, ossia aggiungo la “Dama Nera” su Facebook, così come avevo aggiunto “Sonia Ibrahimovic”, le uniche due persone a cui ho mandato una richiesta. Un dettaglio che però qualcosa significa.

Non agirò su entrambi i tavoli, ma all’improvviso sono spuntati due personaggi dal peso specifico notevole che mi spingeranno a giocare il “dentro-fuori” rapido. Eppure la scoperta più importante, non sarà questo approccio, e nemmeno l’esito successivo, ma la gestione del dopo, del post.

Probabilmente la vera vittoria personale dell’estate del 2016.