Panama

Domenica mattina, mentre pensavo a come chiudere l’ultimo collegamento, mi sono reso conto veramente che tutto ero finito, che la GMG 2019 si era conclusa.

Pensando alle parole da dire, alla fine ho deciso di terminare lo stand-up nel modo più semplice: ringraziare e dare appuntamento a Lisbona 2022.

Facile a pensarlo, non complicato nel dirlo, un po’ più difficile invece metabolizzarlo.

Come ogni altra volta in vita mia ho sentito quella inevitabile malinconia, quella sensazione di un qualcosa per tanto tempo attesa e che in maniera rapida si esaurisce. La fine, in generale, soprattutto degli eventi, a me trasmette sempre questo pizzico di nostalgia, in particolar modo quando si parla di momenti che non si ripresentano subito.

Panama è stata davvero mille cose per me. Il compimento di una attesa, il realizzarsi di un obiettivo che come raccontato nel post precedente inseguivo con un certo coinvolgimento per tanti motivi. Oltre alla grandezza dell’evento, per me c’è stato anche molto di personale ed ovviamente l’esperienza ha avuto un doppio valore.

Di questa settimana contraddistinta da frenesia e “calor”, “mucho calor”, mi rimarranno nel cuore tante cose, tutte dietro però quella meravigliosa certezza di essere nel posto giusto al momento giusto, in qualche modo al centro del mondo, perché Panama nell’ultima settimana è stata questo.

Una GMG latina indubbiamente, di lingua spagnola e non solo per il paese ospitante, ma per la quantità indefinita di colombiani e venezuelani avvolti nelle loro bandiere.

Questi ultimi soprattutto sono stati fonte di riflessione: non c’è nulla da fare, quando si è in disgrazia e si soffre per il proprio paese, diventiamo tutti patrioti, tutti più orgogliosi, tutti ci sentiamo più parte di un qualcosa. Venerdì sera, durante la Via Crucis, non so per quale ragione specifica, ma questa considerazione mi ha commosso in un paio di momenti, mentre vedevo venezuelani ovunque cantare e stringersi, mentre a qualche migliaio di kilometri più a sud, nel loro paese, la storia, chissà, stava cambiando.

Come a Dublino, anche questo evento è stato occasione per conoscere e creare contatti con colleghi di tutto il mondo. Una opportunità per imparare e scoprire come ad esempio lo straordinario sistema che utilizza Sky Italia per trasmettere.

C’è stato il media centre ad ospitarmi, gli stand-up giornalieri, montaggi frettolosi e una perenne lotta contro internet che solo in due momenti ci ha ricordato che siamo nel 2019 e non nel 1998.

Svegliarsi davanti il Pacifico, cercare di capire la strana alta e bassa marea di Panama, le colazioni di lusso dell’Hilton di Avenida Balboa, i preziosi nipoti di Pedro a farci da scudieri e tassisti, tutto questo è stato un contorno che ha arricchito la settimana.

Panama mi è piaciuta, in quel suo mix di città americana mescolata al sapor latino, il contrasto fra il Casco Viejo e i grattacieli di Balboa, l’uomo considerato come lo scopritore dell’Oceano Pacifico, ma anche il menù medio di McDonald’s a 3,75 dollari o il Rum pequeno a 3 dollari che trovi dal “chino”.

Una città che ha saputo comunque gestire decentemente un appuntamento del genere soprattutto con un dispiegamento notevoli di polizia ovunque ed una forte sensazione di sicurezza in giro.

C’è stato tempo anche per il Canale, una tappa che non può non essere fatta, un obbligo, come il dover contrattare il prezzo per il taxi. E poi caldo, tanto caldo, una bellezza, una fortuna, dimenticarsi di essere a fine gennaio pensando che invece era una classica GMG estiva.

È stato bello davvero, e sabato sera, uscendo dal grande Metro Park, mi è tornato in mente del privilegio che ho avuto ancora, nonostante non possa capire la gioia della gente nel vedere il Papa, è sempre toccante osservare la fede degli altri, così come tanti giovani felici di essere insieme, festosi e carichi di entusiasmo.

Dopo Dublino, il Sinodo, il Papa prima di Natale incontrato privatamente per il nostro documentario, anche la GMG, con il meeting sugli abusi a metà febbraio in arrivo. Queste cose mi hanno ricordato una fatto durante questa settimana: se fossi rimasto a Toronto avrei vissuto tutti questi appuntamenti in prima linea? La risposta è no, penso proprio di no, e quindi a livello lavorativo la mossa è stata saggia. D’altra parte, ogni tanto bisogna porsi anche queste domande per allontanare quella tristezza che magari arriva alla fine di una grande esperienza, con l’augurio che la lista dei grandi eventi vissuti possa presto aggiornarsi.

Chiudete le valigie, si va a Panama!

Ero in camera dei miei quando a “Studio Sport”, Angelo Peruzzi, numero 1 della Nazionale, spiegava che aveva sentito un dolore al polpaccio, come se uno gli avesse tirato un sasso all’improvviso. La notizia non era tanto l’infortunio, quanto la conseguenza: avrebbe saltato il Mondiale di Francia e al suo posto avrebbe giocato Gianluca Pagliuca.

Due anni dopo, camminavo per via del Corso con alcuni compagni di classe, quando nel frattempo si giocava Italia-Norvegia, amichevole di preparazione a Euro 2000. Durante la partita Buffon si ruppe il polso e quindi fu costretto a saltare la rassegna continentale sostituito da Toldo che da lì a poco avrebbe vissuto un mese straordinario.

Questo doppio incipit che significa? Personalmente ha un valore. Sì, perché nel giugno del 2016 mi sono sentito come Peruzzi e Buffon, vicino ad un appuntamento atteso, certo di andare e poi quando ero lì, quasi sulle scalette dell’aereo, la sorte beffarda mi ha tirato giù.

Dovevo andare a quella GMG di Cracovia, e poi non sono più potuto andare. Da quel momento in poi ho aspettato quella successiva, quella di Panama che inizia martedì prossimo, ma stavolta salirò sull’aereo e mi giocherò il mio mondiale. Finalmente.

Poche ore e poi sarà la volta di Parigi (di passaggio) e di Toronto, per due notti prima di Panama. È tutto quasi pronto, la valigia da finire, il check-in online fatto, il briefing in sala stampa seguito per le ultime indicazioni prima di osservare il Papa in questo altro evento mondiale, dopo quello di fine agosto a Dublino.

Si riparte ancora una volta, un altro giro da inviato, pur non essendo sul volo papale, un’altra storia da vivere e soprattutto raccontare, con il clima che mi farà sognare in faccia all’Oceano.

Solo il triplo volo mi preoccupa un po’: soprattutto la tante volte battuta tratta Roma – Toronto, anche se il pezzo finale Toronto – Panama non può essere del tutto sottovalutato.

Tuttavia ci siamo, seguire eventi mondiali ha sempre un fascino unico, l’ho capito a in Irlanda e tornando a casa mi auguravo solo di rivivere qualcosa di analogo molto presto.

L’ho detto e ripetuto mille volte: se avessi dovuto scegliere fra la GMG di Cracovia e quella di Panama avrei scelto indubbiamente quest’ultima e adesso è il momento di andarci e allora…

Chiudete le valigie, si va a Panama!

Tanto per scrivere una cosa

Non è che non sto scrivendo, è che a dire il vero non ho molto da dire, se non che le settimane corrono in modo surreale, forse anche perché la GMG sta per cominciare e come qualcuno ha giustamente sentenziato “Queste sono le nostre Olimpiadi”.

Onestamente, dopo aver vissuto lo scorso Sinodo, 26 giorni di lavoro senza pause nulla può spaventarmi. Non sarò a Cracovia (e la cosa non mi addolora più di tanto per diverse ragioni, in primis una transvolata intercontinentale in meno) ma coprirò tutto da qui, ogni giorno dallo studio lavorando invece nel pomeriggio al coordinamento per lo show in inglese che andrà in onda alle 19.00

Posso dire che è una bella estate calda e che non ha davvero nulla da invidiare a quelle romane, ho deciso di comprarmi la bicicletta perché devo smetterla di coprire distanze paranormali a piedi come nulla fosse, e questa cosa mi esalta come un bambino di inizio Anni 90 in attesa di una BMX.

La spiaggia il weekend, il venerdì rigorosamente lo stesso bar, e poi il barbecue, il Canada è una monarchia parlamentare fondata sul barbecue per chi non lo sapesse, tutto è in funzione di quello, al punto che a volte penso “Sì, vabbè, ma vuoi mette un bel piatto di pasta?”.

In tutto questo, come spesso accade, gli ultimi giorni hanno portato una carrellata di notizie tutte in rapida successione: chi si sposa, chi si è sposato, chi lo farà a maggio prossimo e fra tre mesi, o chi è diventato papà per la seconda volta in meno di due anni. Tutti scatenati, in questa ridda estiva di unioni e passi significativi.

Io sono però più che altro turbato dalla vicenda Icardi, dall’attesa del calendario, dalla scelta degli abbinamenti per l’outfit per la prossima settimana, dalla bici, dal vivere il primo battesimo in Canada, dalla Lemonade e gli Slushies a 0.99 dollari in offerta da Harveys. Vabbè dai, senza nulla in mano sono riuscito a scrivere addirittura un mezzo post. Pensa te, Catto.

In collegamento da Tor Vergata

Involontariamente sto collezionando tutta una serie di immagini di questo mio soggiorno italiano. Istantanee che già so che mi accompagneranno fra qualche tempo, quando mi guarderò indietro e tornerò a rivisitare questi tre mesi.

Detto già di me che cammino sotto il sole agostano per via della Lungara con il panino all’ora di pranzo in preda a decine di pensieri, l’altro ieri il caso mi ha regalato quasi inevitabilmente un’altra fotografia.

Per una ricorrenza speciale ho deciso di registrare il programma da Tor Vergata, sotto la grande croce di legno simbolo della GMG del 2000. Sulla mia destra un casolare di cui non ricordo il nome, ricordo però che andai lì anni fa a prendere dei soldi che mi dovevano dopo aver lavorato all’Ufficio Eventi dell’università per loro.

È venuto anche mio padre, mi ha accompagnato e mi ha sollevato del doppio peso cavalletto-telecamera. Poco dopo le 19 il sole ha iniziato a scendere e filtrava dai rami di una pianta mentre io aspettavo che sparisse del tutto per avere una luce completa e compatta, senza bagliori.

In quello stesso punto ero 15 anni prima, in occasione di quella serata storica, due milioni di persone praticamente sotto casa mia per il Papa nell’anno del Giubileo, ieri ero ancora lì, stessa data, stesso accompagnatore ma scopo diverso: parlare e raccontare con tanto di riferimento a quell’episodio. Una serie di ricorrenze che si sono incrociate e rincorse in maniera incredibile, dinamiche che spesso sono già avvenute in vita mia.

Eppure, per me, ieri aveva un sapore diverso, speciale. Non per le coincidenze ma per il posto, essere lì, in quello spazio periferico di Roma, in quei prati in cui ho passato giorni e attimi indimenticabili, fra un panino e un abbraccio.

Mentre guadagnavo la via della macchina, con il sole ormai nascosto del tutto dietro le case, ho ripensato a mille cose, agli incroci, agli incastri, al tempo che è passato da certi momenti. L’insegna verde del PTV iniziava a risaltare sempre più e come mi capita ultimamente, ho ripensato ad una frase che mi accompagna da tempo “Questa strada, tutto questo, questa fatica, queste privazioni, questi sacrifici, devono portare da qualche parte, non posso pensare che non sia così”.

Cantando inspiegabilmente “Il campo delle lucciole” di Ligabue ho attraversato lo sterrato prima di arrivare ad uno dei parcheggi di Medicina, nelle narici a ogni passo sempre più forte entrava il profumo delle piante di liquirizia che circondano quel pezzo di Tor Vergata. Poche macchine erano rimaste, due signori rientravano dalla corsa, io cambiavo spalla alla borsa mentre guardavo dove mettevamo la mia 600 in quei momenti di pausa che ci prendevamo dalle lezioni e dal mondo intorno a noi, quando questo posto era la mia vera casa, forse l’unica.