Io, il Papa e Dublino

Tornare a Dublino è stato speciale. Ritrovarmi esattamente in certi luoghi a distanza di 5 anni ha avuto un sapore particolare e mi ha dato delle sensazioni profonde. Ho avvertito in certi momenti i pensieri e le emozioni di quel 2013, in attimi di vita quotidiana, come il viaggio in LUAS, oppure la spesa da Tesco, senza tralasciare le camminate su e giù per Grafton Street.

Essere in questa città per seguire il Papa è stato un privilegio unico, così come poter raccontare tutta la scorsa settimana ai nostri telespettatori del Canada. Partecipare ad un evento grande è sempre una grande fortuna, significa essere invitati ad una festa e viverla però con uno sguardo diverso rispetto agli altri. Significa in sostanza viverla e raccontarla.

Se i primi giorni sono stato felice prigioniero del RDS di Ballsbridge, dimorando nel Media Centre, successivamente mi sono diviso fra Croke Park, Phoenix Park e gli altri due Media Centre, in particolare quello straordinario del Dublin Castle, il mio preferito.

Vivere a stretto contatto con troupe francesi, italiane, americane e irlandesi, solo per dirne alcune, ti permette di scrutare e capire tante cose. Piccoli dettagli, certo, ma se sei un valido osservatore, puoi imparare soltanto guardando il modo di lavorare degli altri: questa è stata l’esperienza nell’esperienza.

Tante ore di lavoro, spostamenti con LUAS e bus, orari sballati, pranzi all’ora della merenda così come tanti km con addosso telecamera, cavalletto e laptop-bag. Fatica sicuramente, ma ogni giorno la voglia di vivere gli eventi in arrivo e poco tempo per lamentarsi, anzi, il desiderio di lasciarsi conquistare dall’entusiasmo degli 80 mila di Croke Park o dal verde smisurato della spianata di Phoenix Park.

Tanti sono i ricordi o i piccoli frammenti che rimangono dopo giorni intensi: gli stand-up registrati con il tempo che cambiava letteralmente in 5 minuti, la spesa serale al LIDL di Ranelagh scendendo dal 18 proprio come nell’autunno del 2013, oppure il pezzo a piedi da Balally a casa.

Per me era la prima esperienza come inviato al seguito del Papa, e mi risulta impossibile dire qualcosa che non mi sia piaciuto. Certamente il tornare in un posto di mia conoscenza ha agevolato la missione, però le motivazioni e le belle aspettative tutte rispettate, sono state quella spinta in più.

Mi ricordo anni fa cosa percepivo quando iniziavo a sentirmi “giornalista” conducendo il notiziario, ma poi come capita per tutte le sensazioni, ci si abitua; a Dublino però, a distanza di tempo, ho riprovato qualcosa di analogo e già solo questo è valso tutto il viaggio.

Chiudete le valigie, si va (si torna e ritorna) a Dublino!

“Ci siamo. Poche ore ancora e poi il volo Ryanair FR 9431 da Ciampino mi porterà a Dublino.

Strane le coincidenze della mia vita, percorsi talmente perfetti da risultare quasi voluti: esattamente un anno fa discutevo la mia laurea magistrale, dodici mesi dopo preparo le valigie per partire”.

 

Iniziava così il post il giorno prima di partire per Dublino datato 1 marzo 2013. Sembra passata un’era geologica, ma sono soltanto 5 anni e mezzo, non pochi certo, ma nemmeno una enormità se consideriamo quanto capitato nel frattempo.

Era un venerdì di inizio marzo, il Catto si era laureato il giorno prima e dopo la discussione avevo accompagnato Alfredo a “Piazza Italia” per comprarsi delle ciabatte.

Senza volerlo, ovviamente, ieri sono stato nello stesso negozio per un’occhiata ai saldi del saldi estivi. Non che ce ne fosse bisogno, però esistono nella mia vita degli incroci e delle sovrapposizioni davvero clamorose, che neppure con l’impegno massimo uno potrebbe farle coincidere in questo modo.

Dublino è l’esempio lampante di tutto, la summa dei miei ultimi anni, dal post-università in poi.

È la città del destino: tutto comincia lì. È la copertina di un nuovo libro che ho iniziato in quel marzo del 2013 per proseguirlo poi nell’ottobre dello stesso anno, quando tornai per l’internship, trovato così, per gioco e caso, mentre l’estate terminava e un richiamo rossocrociato si faceva sempre più forte.

Quella ricerca, e poi di più quello stage, cambiarono l’asse terrestre dei miei anni a venire, ma ancor di più fu quel famoso “thinking out of the box” a stravolgere tutto. Domani ci torno come giornalista e inviato al seguito del Papa. certo, nel mezzo ci sono anni e fatti, incroci e scelte, decisioni, riflessioni, fortuna e caso, ma soprattutto il destino che ha manovrato tutto in modo perfetto.

Il mio primo viaggio al seguito del Santo Padre mi riporta nella città in cui tutto è iniziato. Il mondo è grande, eppure il Fato ha scelto Dublino come meta per questo primo battesimo.

Non è un caso e non poteva andare diversamente. Se Dublino è la città del destino, non esistono alternative a questo grande e splendido prologo.

Chiudete le valigie si va, (si torna e ritorna) a Dublino!

“Il tempo che veglia su tutto, ha donato la soluzione malgrado te”.  G. Perec

Citazione con cui terminai quel post del primo marzo 2013

Un 3 aprile già visto

Nelle strane coincidenze, o ambigue ricorrenze, che solo io posso ricordare, oggi, in occasione di questo Inter-Sampdoria settimanale, mi è tornato in mente quello di 4 anni fa esatti, anche se in quel caso fu un Samp-Inter a Marassi, ma pur sempre giocato non nel weekend bensì di mercoledì.

Ricordo bene quel giorno anche perché coincise con la mia prima corsa dublinese, e proprio ieri è stata invece la mia prima sgambata torontiana in questo 2017.

Stessa partita, giocata fuori dal programma ordinario, corsa annessa e tanti ricordi che in questo strambo parallelismo ovviamente riaffiorano.

Era mercoledì 3 aprile 2013, e dopo essere uscito da scuola tornai a casa per pranzo, poco dopo invece mi avviai verso Balally per andarmi a tagliere i capelli per la prima volta all’estero, dal barbiere tifoso del Manchester United che tagliava a secco a 12 euro.

Un modo che mi sembrava bizzarro, mai sperimentato prima, ma che anni dopo scoprii essere invece molto popolare fuori dall’Italia.

Con il nuovo taglio, e prima della doccia, mi infilai le scarpe da corsa appena tornato e sfruttando una giornata di mezzo-sole irlandese, andai a correre per la prima volta dopo un mese esatto dal mio sbarco.  

Lungo la discesa di St Raphaela’s Rd e poi di nuovo su fino a Ballymoss Rd avertii quella vecchia sensazione di piacere riprovata esattamente ieri: quella di correre, di farlo fuori, per strada, e provare a sudare all’aperto dopo troppo tempo.

Non mi fermai più fino a maggio, ossia al momento del mio ritorno, e nonostante un tempo sempre infame ripresi quell’abitudine di cui sentivo il bisogno. La stessa necessità che ho iniziato a sentire qui nelle ultime settimane, e ieri, dopo 5 mesi, finalmente mi sono fatto tre giri di Allan Garden, sotto casa.

Venticinque minuti per ripartire e ricominciare con la speranza che il tempo prossimamente non faccia dispetti schiaffeggiandoci ancora con neve e temperature sotto lo zero.

Tornato a casa, in quel pomeriggio dublinese, vidi la partita, un successo firmato da 2 gol di Palacio, uno dei pochi di quella Inter che ancora veste la maglia nerazzurra.

Era il mio primo mese in Irlanda, finito in archivio proprio il giorno prima, e chiudevo il mio post a tal proposito in questo modo:

“Un po’ mi ero sottovalutato, prima di partire pensavo che sarebbe stata molto più dura e che avrei trovato molti più problemi, forse ho esagerato nel dipingere lo scenario ma finora sono andato bene e ho già avuto diverse risposte confortanti, malgrado il fardello con cui sono partito ed i 5 mesi precedenti al mio sbarco in terra d’Irlanda. Adesso avanti con il prossimo segmento, altri 30 giorni che nasconderanno insidie diverse da superare come ho fatto finora: till the end”.

Chissà…

Non so per quale ragione ma giorni fa il pensiero di me seduto sul 18 che da Crumlin mi portava in redazione a Dublino mi ha attraversato la mente. Senza un motivo valido e razionale al mondo, per più di qualche secondo avrei voluto rivivere quella malinconia, quella solitudine, quel costante amaro che provavo in quelle settimane.

Pochi giorni dopo, una conversazione su Whatsapp con Dublino si è tramutata in una sorta di chiacchierata lavorativa ed è terminata con tanto di bozza di proposta per un clamoroso ritorno.

Oggi, a chiudere questo trittico tanto assurdo quanto inatteso, dopo quasi tre anni, mi sono ritrovato a digitare su Google “rent apartment Dublin” e pochi secondi dopo ero di nuovo là, come un tempo a spulciare siti (alla fine sono sempre e ancora quei tre) per vedere che aria tira, e che prezzi ci sono.

Mai avrei pensato di ritrovarmi in un frangente del genere, o almeno non ora e certamente non così all’improvviso. Eppure eccoci qua.

Non avrei mai scelto Dublino ad inizio autunno del 2012, quando la mia vita sembrava molto serena, equilibrata e mi piaceva un sacco, mai avrei pensato di tornarci cinque mesi più tardi dopo essere rientrato a Roma a fine maggio 2013.

Mai avrei creduto che ci potessero essere anche lontanamente i presupposti per un eventuale terzo ritorno, oltretutto in tempi ristretti. La vita è circolare d’altra parte, e le esperienze di vita sono circolari. L’ho detto e ripetuto decine di volte, eppure, è cosi. Ma soprattutto, se oggi scrivo da qui, da Toronto, da questa casa che si affaccia su una stradina che collega Gerrard st con Dundas st mentre il pollo e le patate sono al forno, è proprio perché il pomeriggio del 7 gennaio del 2013 decisi di andare a ESL, il primo step che mi portò a Dublino 9 settimane più tardi.

In Irlanda mi ci ha portato il destino due volte, dovevo passare lì per arrivare qua, è evidente, non credevo che da qui avrei potuto magari rifare il viaggio in senso opposto.

Ho passato mesi difficili a Dublino, sia la prima volta che la seconda, per motivi molti diversi fra loro, ho dei ricordi piacevoli, conservo frammenti importanti, perché entrambe le esperienze furono talmente ricche di insegnamenti che farei fatica ad elencarli.

A Toronto ci vivo da oltre un anno e mezzo, con comodità importanti che in Irlanda non avevo, uno stipendio, e il fatto di vivere da solo, eppure continuo a pensare che Dublino sarà sempre la mia seconda casa e non Toronto. Non lo so perché, è assolutamente un sensazione che avverto e che va oltre ogni logica, qualunque bilancia penderebbe sul lato canadese, ma per me c’è qualcosa in più. Toronto dopo tanto tempo la vedo come una matrigna perfida, che non ti regala mai un sorriso o una gioia, mai una soddisfazione, anzi magari ti illude e ti beffa. Ripetutamente.

Dublino rimane una zia vecchia e malandata, rattoppata nel suo modo di essere ma che ti vuole bene e non ti lascia mai, anzi ti riaccoglie e ti attende sempre.

Le luci, i grattacieli, il modo newyorkeggiante di Toronto ha 20 volte un appeal superiore a Dublino che rimane una delle capitali più brutte d’Europa, ma forse mi trasmette una nostalgia che mi fa stare male e mi dà qualcosa, senza trascendere in qualsivoglia forma di masochismo.

È così, non tutto si può spiegare nella vita, soprattutto le sensazioni. Toronto è meglio di Dublino sotto ogni aspetto, però c’è un qualcosa di altro che mi solletica.

Ho sempre più la sensazione che questo posto si sia messo per traverso e non lo si possa smuovere più, e dico tutto ciò mentre una splendida estate impazza, mi sono comprato la bici e ho vissuto belle serate ultimamente, però è un posto che mi negherà sempre qualcosa, un senso di benessere di fondo.

Oggi ero in spiaggia e pensavo che Toronto è la finale di coppa Uefa Ajax – Torino del 1992. Ti basta un gol per vincere il trofeo nella partita di ritorno e prendi 3 pali, finisce 0-0 e in mano ti rimane niente, dentro invece un senso di beffa e di rimpianto e l’idea che se non deve andare, non andrà, non ci sono storie, è scritto.

Toronto mi dà questa sensazione, e lo dico nel momento in cui sto compiendo anche il mio massimo sforzo fisico, mentale ed economico di sempre qui, proprio per cercare di invertire la tendenza, eppure sembra non bastare mai. Sembra impossibile, appunto, come quando devi fare un gol ma continui a sbattere su pali e traverse, tu prendi la medaglia d’argento e gli altri alzano la coppa.

Questo posto mi pare un po’ così, Dublino invece è tutta altra roba, quanto di peggio apparentemente, ma nemmeno tanto, però è un pezzo di cuore, e 5 mesi possono valere più di due anni. La vita è anche qualità, emozione, sentimenti, sorpresa, soprattutto questo ultimo aspetto, Dublino mi ha saputo sorprendere, Toronto sembra essere di una idea ben diversa e bisogna prenderne atto alla fine della storia.

Mi piacerebbe fare pace con questo posto, o almeno andarmene in maniera piacevole, con qualcosa di bello a livello emozionale, al di là della visita di David.

Però chissà, magari è anche scritto che qui le cose debbano andare in un certo senso affinché io vada, perché qualcosa altro mi attende e non può proprio aspettare. Chissà…