Dieci anni dopo, è sempre 16 dicembre

Iniziava 10 anni fa questa storia del 16 dicembre. Dieci anni fa infatti mi laureavo alla triennale e chiudevo il mio primo ciclo di università. Un bel mercoledì di sole, di cielo terso, un piccolo traguardo che metteva fine a un periodo ribattezzato la “Tesissea”: una giornata perfetta.

Dieci anni sono passati e questo anniversario fa decisamente più effetto degli altri per la sua cifra doppia e quindi tonda.

Un decennio che poi mi ha portato per casualità varie volte a ricordare questo giorno in modo diverso, perché l’anno dopo ero in viaggio fra Abu Dhabi e Dubai in attesa di giocarmi in tutti i sensi la Coppa Intercontinentale essendo lì.

Mille volte mi sono detto – e mi è stato detto – se mai avrei creduto di ritrovarmi negli Emirati un anno dopo per quel motivo, la risposta è sempre stata assolutamente no, ma d’altra parte, quel 2009 stava lasciando il passo e lo spazio al 2010, al famoso annus mirabilis.

Ogni 16 dicembre mi sono ritrovato qua a scrivere una specie di resoconto dell’anno e ancora di più a sbilanciarmi, per gioco e scaramanzia, su dove mi sarei ritrovato il 16 dicembre successivo.

“Dimenticavo la cosa più importante: il pronostico sul prossimo 16 dicembre. Spero lontano da tutto questo, sotto ogni punto di vista”.

Questo era il pensiero finale dello scorso anno, una settimana dopo il primo disastro che inaugurava una catena di un certo livello.

La risposta è che sono qua. Per niente lontano, ma felice almeno di scrivere queste righe da casa di mia nonna, da questa camera, sopra questa scrivania.

Un anno che mi ha messo in sospeso, tenuto appeso, e vincolato. Un anno in cui a un punto mi è stato chiaro che non era possibile essere altrove oggi, una conseguenza dei tanti problemi, alcuni vissuti indirettamente.

Quindi? Che 16 dicembre 2020 pronosticare? Cerco la controtendenza, dico quello che non spero, e allora scrivo l’opposto di quanto detto 365 giorni fa.

Fra dodici mesi esatti ci vediamo qua, in questa provincia. Spero di no, ma temo di sì. A essere ottimisti in certi tempi è impresa semplicemente ardua.

Il classico post del 16 dicembre (in ritardo, giustificato)

Ad inizio mese ho iniziato a pensare a cosa avrei dovuto scrivere nel post tassativo e storico che pubblico il 16 dicembre, e facendo questo esercizio mi sono reso conto di non avere una idea, e nemmeno un chiaro ricordo di quanto scritto 12 mesi fa.

Ho aspettato così di andare a Milano per il weekend dell’Immacolata, sicuro che avrei trovato uno spunto adatto intorno al Duomo: un incipit accattivante, una metafora azzeccata, e invece ci ha pensato la vita direttamente e darmi qualche argomento.

Poche ore prima di andare a Milano, sono stato travolto da tutto e di fondo ho visto finire la mia famiglia. Così. All’improvviso, come una bomba che esplode e non lascia scampo a nessuno dei presenti.

Non entrerò in nessun dettaglio per tanti motivi, di certo ho pensato che lo scorso 16 dicembre mai avrei immaginato di vivere tutto questo, o meglio, mai avrei pensato di ritardare a scrivere questo post perché avevo  (e ho) bisogno di riprendermi da quanto avvenuto.

La vita è strana, indubbiamente, a volte anche un po’ malvagia e perfida, di certo cruda e dura in alcuni suoi scorci, come l’ultimo al quale devo assistere praticamente inerme da ormai dieci giorni. Natale è in arrivo ma riguarderà gli altri, l’anno sta per finire e non poteva concludersi in modo peggiore. Questo 16 dicembre alla fine l’ho vissuto qui, a Roma, in attesa di incontrare il Papa con il quale avevo appuntamento il 18.

L’unica cosa che veramente ha senso in tutto questo – e per questo intendo, la scadenza del 16 dicembre con annessa ciclicità – è che ho incontrato il Papa con il vestito indossato un 16 dicembre, il primo della sfilza, quello del 2009 e della prima laurea.

Stesso vestito, ancora perfetto, certo, i pantaloni sono stati allargati qualche tempo fa, ma sarebbe splendido se questi fossero i problemi della vita…

P.S. Dimenticavo la cosa più importante: il pronostico sul prossimo 16 dicembre. Spero lontano da tutto questo, sotto ogni punto di vista.

Fiuggi – Università

In alcune ore si è condensato un po’ tutto. L’incontro con il beniamino di Fiuggi dopo otto mesi a casa sua, nel senso più pratico essendo stati suoi ospiti in hotel, il ritorno a Roma insieme ed il ritiro delle pergamene, un atto che anche a livello simbolico chiude definitivamente qualunque nostro rapporto pratico con l’università.

In poche ore spazio per prime ed ultime volte, dal Siviglia a Tor Vergata, da un albergo a una “casa”, fra discorsi seri e ricordi, la calata degli unni francesi stamattina, i racconti del Catto sul Cammino, l’ironia e la leggerezza ma anche le grandi questioni. Fra filosofia e morale, anche se alla fine “Questi siamo”.

Corre il tempo, è già mercoledì, piove da un po’ e continuerà a farlo con più insistenza nei prossimi giorni, un assaggio di estate qui l’ho vissuta e poi per me fa sempre caldo in questa parte di mondo, caldo ma non solo. Roma per me ormai è un qualcosa di ben definito, lo dicevo oggi in autostrada, un giorno, speriamo di tornarci a volere bene del tutto.

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Hillsborough – 25 years

Per me il 15 aprile significa Hillsborough, è sempre stato così e mi pare ancor più normale da quando ho scritto la mia tesi di laurea magistrale su questa tragedia. Negli ultimi giorni, con l’avvicinarsi di questa ricorrenza, sui social network sono comparsi diversi riferimenti al disastro di Sheffield, un aspetto dovuto anche perché oggi sono 25 anni da quando 96 tifosi del Liverpool vennero uccisi dalla polizia durante la semifinale di FA Cup. Trovare le parole giuste non è mai facile, non lo è anno dopo anno, la cosa più importante è che ci siano stati sviluppi e che prima o poi venga fatta giustizia. Non ho potuto assistere alla cerimonia in diretta della commemorazione per motivi di lavoro ma alle 16,06 mi sono comunque fermato e mi sono raccolto per un minuto in preghiera. Non sono uno di quelli che ha bisogno degli anniversari per ricordarsi certe cose, assolutamente no, una storia del genere fa parte del mio percorso e della mia vita. Lo scorso anno, il sei maggio, ho portato la mia tesi sotto la lapide dei 96 situata nel retro di Anfield e ho chiuso un mio personale cerchio perché nell’agosto del 2011, quando iniziai la mia tesi, decisi che prima o poi, dopo averla discussa, l’avrei portata lì, nel posto più giusto e così è stato.

Ora e per sempre, never forgotten, justice for the 96.

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