Una estate anni 90

L’ho definita una estate anni 90 e già questo significa conferire un titolo di merito, una onorificenza, vuol dire che è stata una estate bella.

Ma perché anni 90? In maniera inconsapevole e incosciente molte cose fatte mi hanno riportato indietro a quegli anni, anni di infanzia e prima adolescenza, anni di vacanze al villaggio e Rimini, con l’aggiunta di San Marino, anni di goleador (intese come liquirizie) e qualche spuma.

Sono passati 20 anni dal 1999 ad esempio, ma la vecchia dance italiana è tornata e allora si balla e si canta, tanto impararla a memoria era facile a quel tempo e semplice ora nel ricordarsi le parole.

Una estate anni 90 con l’Inter che ti piazza colpi di mercato a suon di denari, con tanto mare, Torvaianica e la spiaggia dei vigili del fuoco. È stata una estate con tante vacanze, con giorni di riposo e svago. La sagra delle pizzola ad Anguillara, le spiagge del litorale romano, il trenino per andare a Ostia Lido nell’estate che ha reso questa località un tormentone musicale.

Una estate di incontri, iniziata tardi e ancora non finita, di aria condizionata, di treni regionali, di pizze all’aperto a San Lorenzo, di lavoro in continuo calo dopo un giugno infernale.

L’estate del mais scoperto a casa della Bionda ad Anzio, del mondiale femminile e di curricula nuovamente spediti in giro, come non succedeva da un po’.

L’ultima di estate di questa decade, eppure, così familiare, e quindi impossibile da non apprezzare.

31 agosto 1997

Ieri pomeriggio mentre ero intento a scrivere un articolo sulla imminente canonizzazione di Madre Teresa di Calcutta, mi è tornata in mente la sua morte avvenuta il 5 settembre del 1997.

Ricordo molto bene quella settimana, ed il fatto che oggi sia 31 agosto mi riporta alla memoria questa data di 19 anni fa. Era una domenica di fine estate e ci svegliammo con il dramma avvenuto la notte prima a Parigi con la morte di Lady Diana. Ricordo questo senso di sgomento e di profonda tristezza per la tragica fine di un personaggio così popolare ed amato.

Quella domenica andai a Torvaianica con i miei genitori, posto che per la prima volta dopo sette anni di fila non ci aveva visti presenti a giugno con la casa affittata a Via Rumenia. Poco dopo essere arrivati in spiaggia, con mio padre andammo a comprare il giornale alla solita edicola ed in seguito allungammo un attimo la camminata per raggiungere Celori e comprare qualcosa per il pranzo. Non credo che il Messaggero titolasse qualcosa sulla morte di Diana, il dramma era avvenuto troppo tardi e il giornale era già in stampa presumo. Rimane il fatto che quella domenica di fine agosto la ricordo così: calda e triste, ma di una tristezza che per quanto non mi toccasse nel profondo, potevo constatare in giro. Anche a 10 anni un bambino riesce a percepire quando qualcosa di grande sta succedendo, o quanto meno quando c’è un evento insolito che catalizza l’attenzione in modo diverso.

La parte finale di quella domenica mi rimase impressa per tutt’altro però. Tornammo a casa mentre la prima giornata di Serie A era in corso e l’Inter, con Ronaldo all’esordio, era sotto a San Siro per 1-0 contro il Brescia per un gol di Darione Hubner. Un minuto prima di passare in svantaggio era entrato al posto di Ganz un giovane uruguaiano che nel giro di pochi minuti ribaltò tutto in maniera clamorosa con due autentiche bombe di sinistro. Di quel piede mancino ce ne saremmo innamorati poi in modo incurabile per il decennio successivo, e in quel pomeriggio dall’atmosfera cupa, scoprii il “Chino” Recoba e le sue uniche capacità balistiche, talmente grandi che offuscarono l’esordio di Ronaldo.

Madre Teresa passò a miglior vita il 5 settembre, pochi giorni dopo Diana, e il mondo nuovamente fu colpito dalla morte di un personaggio tanto grande ed importante. Non ricordo infatti altre settimane in cui due figure così note ed apprezzate se ne andarono in rapida successione.

Il giorno dopo la morte di Madre Teresa ci furono i funerali di Lady D e ho chiaramente stampata nella mia memoria bene la canzone di Elton John “Candle in the wind” riadattata per la Principessa di Galles nella sua straziante melodia.

A me il 31 agosto ha sempre messo profonda tristezza. Una sorta di update delle sensazioni già raccontate in precedenza per Ferragosto, ma nella mia mente di bambino credo che quel 31 agosto del 1997 abbia indubbiamente aiutato molto a creare in me questo senso di malinconia.

Non chiedermi perché

Con un foglio Word davanti, le cuffie bene piantate nelle orecchie a isolarmi, nell’intervallo di Croazia-Spagna, con Carlos che sistemava dei DVD appena arrivati e con la mia compagna di banco che continuava a parlare da sola mentre faceva delle ricerche per il suo articolo, è partita Happy di Luca Carboni.

L’ho sentita per la prima volta, e mi ha portato lontano per alcuni minuti, su una spiaggia mentre camminavo verso il bar a prendere un ghiacciolo, con le infradito per la sabbia bollente, nel primissimo pomeriggio. L’ombrellone con le maglie appese e ciondolanti, gli zaini sotto rigorosamente all’ombra, asciugamani disposti in modo strategico, qualche amico, e quel vociare della gente del mare. Ero lì, con questa canzone a fare da sfondo, sparata dalle casse nere del bar, tutto perfetto, con il bianco della salsedine sul braccio e le monete in mano.

Sono stato al mare per alcuni minuti, con il Catto che aveva mangiato poco, il Super Santos leggermente sgonfio, un tramezzino ancora sopravvissuto al pranzo nella borsa frigo di Antonio, le pizzette al pomodoro della Bionda, Alfredo intento a disturbare con la sabbia l’Eroe Sacro.

C’eravamo tutti, ed era bello così. Poi mi sono fermato un attimo sulla ringhiera della terrazza del bar e ho guardato la riva, poi il mare, infine l’orizzonte e Carboni cantava ancora. Loro erano lì, sulla sinistra, poca gente essendo in mezzo alla settimana, e quindi il traffico del rientro al ritorno che ci aspettava, ma stavamo bene, domani non poteva essere un problema in nessun modo.

Siamo al mare, magari ci torniamo anche la prossima settimana, l’estate è lunga, anzi è appena cominciata, ci sono gli Europei, fa caldo, di cosa dovremmo preoccuparci? È tutto in perfetta sintonia, è tutto un rivivere certi film, un riassaporare, un esserci nuovamente, un riallacciare un lungo filo.

È così, e mi piace un sacco.

 

 

Non so

perché si sogna

sono sempre un po’ irrequieto

ma io amo te

Un messaggio e “Ubi sunt”…

Diciamo che da venerdì sera, momento in cui ho ricevuto un messaggio di risposta, mi è esploso un senso di fastidio dentro enorme. Un qualcosa che ha un sapore amaro e le forme del famoso rospo, quello che ti rimane in gola fisso e perenne, almeno per un po’. Sono quattro giorni che ragiono su un milione di discorsi, che riavvolgo nastri ideali, che ripercorro delle immagini e dei momenti, alternando cose positive e altre negative.

Questo messaggio (una parte, un concetto solo) mi ha infastidito nella sua essenza e nella sua idea futura, in prospettiva, ma anche attualmente. Mi ha messo di fronte ad una realtà che già a marzo mi aveva turbato ma che ora mi colpisce molto di più. Sto cercando spiegazioni valide, cerco di darmi delle risposte ma non trovo chiarimenti convincenti. Resta il fatto che vivo con uno sbattimento imprevisto, fastidioso e scomodo, uno stato d’animo infilzato da una notizia che mi perseguita.

Ieri, mentre guardavo il mare da una staccionata di legno di un bar e ripensavo a questo messaggio, lo sguardo si è fissato su quella spiaggia per anni teatro di giornate di divertimento e spensieratezza. Pulite e perfette. Ho riflettuto su quando andavamo lì, insieme, in 3, in 4, in 5, in coppia, quando giocavamo a beach-volley, quando intervallavamo un esame con un tuffo.

Ragionando su tutto questo, al fastidio, si è sommata un’ondata di tristezza e malinconia indicibile, e la domanda che mi sono posto quasi naturalmente è stata: ma tutto quello dove è finito? Quando si è perso quell’entusiasmo, in che momento è sparita quella magia? Ma perché ora sta qua e rimpiango tutto?. Un perfetto esempio di motivo letterario, quello dell’ “Ubi sunt” leopardiano.

Il mix di pensieri mi ha atterrito e mentre Daniele pagava il suo caffè alla cassa, con “Human” dei Killers che suonava in sottofondo, ovviamente non sono riuscito a trovare risposte valide se non tastare nuovamente e idealmente quel senso di vuoto. Una sensazione che si allarga e che è stata incendiata 5 giorni fa, al punto che pagherei per ritornare al 20 agosto scorso, una delle prima scintille dell’ultima fiammata degna di nota.

È così, un messaggio basta a cambiare umori e a pesare frasi e fatti, un messaggio appunto.

Ma ricordatevi questa parola, tornerà buona tra un po’…

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