Tutti contro uno

Certe cose bisogne dirle, almeno al giorno d’oggi. Sempre e a prescindere. Dobbiamo dire ad esempio che Salvini è sempre dalla parte del torto, come lo era Berlusconi oppure Renzi fino all’altro ieri. È obbligatorio. In caso contrario si diventa berlusconiani, o razzisti, fascisti, finti sinistroidi, insomma dipende dal personaggio in questione.

Bisogna dire certe cose perché almeno tutti gli altri, molti dei quali si trincerano dietro muri di finta obiettività, saranno felici. Gli antagonisti, gli estremisti del “Contro-Salvini” sempre e comunque sono i primi oltranzisti, poi però se la ribaltano a loro piacimento, in maniera talmente bizzarra che c’è da ridere.

Moderati che perdono il lume della ragione e si scagliano inferociti su un uomo. Predicano sensibilità e buon senso e poi parlano in maniera più netta del Matteo a tinte verdi. Senza giudizio critico, una ondata contro qualunque cosa il ministro dica perché lui, sbaglia sempre, perché la politica si fa così ormai. Si critica gli altri di fare politica da bar, politica da social media, e poi si vomita tutto contro uno.

Perché “quello” non può dire una cosa giusta, “perché io sono anche moderato, però con lui non ce la faccio proprio”. La politica si è ridotta così anche per il modo in cui la gente ne parla: ma i benpensanti di questo non se ne rendono conto, pensano che andare contro il bersaglio di turno sia il modo migliore per sentirsi persone più giuste e andare a letto in pace, con la coscienza pulita.

Quei moderati che però si trasformano in ottusi, pontificando a priori su qualcuno. Avete ragione voi, che non sapete più tenere in piedi una conversazione perché improvvisamente per colpa di un personaggio andate giù di testa.

Si giudica solo la figura, non più idee e proposte, la politica è questa, e le conversazioni di politica sono la normale conseguenza di tutto ciò. Questa roba però non mi appartiene, non contate su di me.

Anche a te, fidati

Sono contento di stare dall’altra parte della barricata, in quel lato in cui siamo pochi, così oltretutto stiamo anche più larghi. Sì, in quel settore dove ci siamo noi che in fondo, alle critiche, ai giudizi e alle opinioni altrui ci facciamo caso, fino a un certo punto, come è giusto che sia e poi stop. Il resto scivola via. Invece di là, dove siete la maggioranza e vi fate anche un po’ compagnia (chissà che sballo immagino) avete tutti sto senso di ansia e di preoccupazione. Di piacere, di ottenere conferme ripetute, di avere seguito e di sentirvi spalleggiati, fra “I like” e stelline, i voti del giorno di oggi, i feedback esistenziali che per qualcuno cambiano il corso della giornata e l’umore talvolta. Voi che state lì in questo oceano di insicurezze colmate da finti apprezzamenti.

Tutte foto, frasi, tutto questo ostentare per racimolare qualche ideale pacca sulla spalla, per sentirsi accettati. Voi che state lì, non mi siete simpaticissimi. Ovvio.

Sì, perché non mi piace chi vive per il commento, chi campa in attesa della benedizione degli altri, per mettere tutti d’accordo, per piacere necessariamente, quelli che poi alla prima opinione storta, nemmeno giudizio, si sentono feriti nell’animo, non apprezzati, attaccati, delusi. Be, regolatevi, prendete la manopola e abbassate il volume, veramente. Non siate schiavi di questo, ve lo suggerisco in modo quasi paternale.

Sarà che a me non me ne può fregare di meno, sarà che parte del mio lavoro è dare anche giudizi ed esprimere opinioni, sarà che invece l’altra parte del mio lavoro è incassare giudizi, e se vivessi ogni parola come una condanna o con una profondità un tantino esagerata, non potrei sopravvivere o non potrei proprio fare questo lavoro. Credo anzi che metterci la faccia, nel caso specifico non solo a livello ideale ma anche pratico, ossia piazzare il proprio volto davanti una telecamera, aiuti in questo passaggio. Non puoi piacere a tutti, non puoi pensare di essere gradito a tutti. È impossibile, per cui è bene toglierselo dalla testa, e tirare avanti, determinati nel fare il proprio meglio e non cercando il consenso totale, il plebiscito.

L’ho imparato con il tempo, le critiche fanno parte della vita, ancora di più in certi settori, sono regole del gioco. Meno male che con i giudizi ho sempre avuto un rapporto cordiale, incasso, interpreto e smaltisco, dando sempre il giusto peso, l’unica strada in fondo percorribile.

Se volete, posso darvi qualche lezione, veramente. Sacrifico il mio tempo per venirvi in soccorso, sì perché non potete vivere così. Lo so che non la vivete bene questa dimensione di tutto in vetrina, aspettando la notificuccia sui social. No perché poi siete diventati quelli a cui non si può dire nulla, o cose belle e rinfrancanti oppure niente. Allora facciamo niente, non so recitare parti che non mi appartengono, quindi non mi esprimo più e vi lascio sbrodolare fra di voi.

Magari un “I like” tira l’altro, siete felici e tutto va bene. Ah un po’ di coerenza, un po’ di maturità, un po’ di obiettività, un po’ di capacità di sapersi prendere in giro, vi suggerisco questi passi iniziali subito. Per iniziare.

Ecco, un po’ di questa roba qui vi farebbe bene, così come sapere accettare i punti di vista altrui.

Vi servirebbe.

Anche a te, fidati.

Il blog, ora.

Credo che in maniera quasi inevitabile questo blog abbia avuto un’ultima recente evoluzione. Spesso sono le dinamiche esterne ed il contesto che delineano nuovi scenari ed anche in questo caso specifico sta andando esattamente così. I mesi in Canada sono stati importanti ed un continuo spunto per scrivere, non sono mancati sfoghi, resoconti e racconti relativi all’esperienza, è ovvio però che con il tempo, soprattutto da quando sono tornato, il blog stia vivendo una fase meno brillante. In realtà, e qui mi collego all’incipit, mi rendo conto di come sia cambiato il mio approccio verso queste pagine e di fondo sono contento di questa svolta.

Quando il tuo lavoro è scrivere e sei pagato anche e soprattutto per quello, deve attenerti a regole, principi e sfumature da tenere bene a mente. Sei libero ma ovviamente hai un margine di manovra preciso, una cura del dettaglio sempre presente, un’attenzione al lettore diversa.

Tutto questo fa sì che il blog diventi ancor di più un cortile nel quale fare quello che si vuole. Sempre più questo spazio diventa la mia cameretta dove sono libero, o “abbastanza” libero di scrivere ciò che desidero, con toni, frasi e parole su cui non devo stare troppo a pensare.

E quindi capita anche che il taglio torni a essere personale, più profondo, meno comprensibile ad un esterno, tutto questo perché ho il piacere di scrivere per me, solo per me. E così il blog è tornato ad essere spesso il luogo in cui riordino i miei pensieri, il posto in cui metto tutto a posto e mi chiarisco, l’angolo in cui sono libero e posso sperimentare, dire, ripetermi e non dover pensare necessariamente a chi leggerà e a quanto sono stato politically correct.

Il blog è questo, o meglio, anche questo, ci sono periodi diversi, e quello attuale dà a questo spazio un valore specifico, più intimo e meno legato a vicende che non mi appartengono.

Può piacere o meno, di certo è il mio e in questo preciso segmento, va benissimo così.

Il sensazionalismo del dolore

Più ci penso e più non riesco a capire. Non comprendo assolutamente come sia possibile essere così coinvolti da certe storie, come si possa prestare una tale attenzione ed uno smisurato interesse in qualcosa di palesemente orrendo. Da anni mi batto per l’inutilità di certa cronaca nera strombazzata ai quattro venti quasi con piacere, gridata e inflazionata oltre ogni dose di decenza, ma con il passare del tempo invece, mi rendo conto di come piaccia questo carrozzone di drammi e sventure, tanto interpreti e luoghi sono solo dettagli.

L’ultimo episodio relativo al povero Loris (che la terra gli sia lieve, povero bimbo) è l’ennesimo esempio di escalation di dettagli macabri, di una giostra che parte a fatto compiuto e per mesi non si ferma più. Onestamente, e lo dico davvero con la massima trasparenza, a me non frega nulla di questa storia. Non mi interessa sapere se è stata la madre, la nonna, la sorella, il padre o i genitori insieme, non mi cattura l’idea di alzare il volume della tv durante il servizio inerente a questo dramma per carpirne le ultime novità. Il problema è che sono uno dei pochi visto che come in ogni delitto macabro e inspiegabile, c’è un popolo con un gusto evidentemente perverso che si disseta attraverso certe notizie. La sensazione è che queste persone aspettino sempre qualche retroscena più grave, che per tenere alto il livello di attenzione si debba sparare qualcosa di gigantesco e cercare un esasperato e affannoso sensazionalismo. A me questo rincorrersi di scoop ed esclusive fa veramente schifo. Trovo rivoltante chi ci costruisce trasmissioni intere intorno, così come reputo abominevole chi ci specula, quel giornalismo da quattro soldi che non ha nulla a che vedere con quello “d’assalto”.

Questo teatrino è ormai sempre più vivo e luccicante nel nostro nuovo modo di farci trascinare in certe situazioni, e conferma la tendenza italiota di seguire pedissequamente i delitti più scabrosi, vigliacchi e sporchi. Siamo sempre più un popolo (parlo al plurale ma non faccio parte di questa schiera) che ha perso il buon senso e il buon gusto, il video drammatico della morte di Mango gira sul web, siti e blog lo hanno condiviso mentre la gente ne è attratta in un modo lontano da ogni logica. Questa spettacolarizzazione del dolore, il non rispetto, il “fascino” del macabro sono aspetti che rigetto con tutta la forza che ho e se la giustificazione è per curiosità, francamente non so proprio che dirvi.

Esiste il rispetto, sì, esiste ancora per quanto forse abbiate deciso di farne a meno, dovrebbe esserci quel pizzico di moralità che se ti propongono qualcosa di osceno sarebbe opportuno dire “No, grazie”, invece si viene attirati in questa rete vergognosa.

Ho letto e sentito di questo video ma non mi è passato minimamente per la testa di cercarlo. Non ne vedo il motivo, non ne capisco il senso. Devo vedere per caso come muore una persona in diretta e in modo inaspettato? Devo osservare da un cellulare come termina la vita di un cantante sul palco? Cosa devo guardare?

Ditemelo voi, perché io non sarò mai come voi.