16 dicembre: 11 anni dopo

Era un mercoledì di sole anche quello del 2009, quando per la prima volta il 16 dicembre usciva dal suo anonimato di normale data del calendario, per diventare il giorno della prima laurea e negli anni a venire una ricorrenza, un segnalibro, uno spunto per fare qualche riflessione e riguardare un po’ il film dell’anno ormai ai titoli di coda.

“Fra dodici mesi esatti ci vediamo qua, in questa provincia. Spero di no, ma temo di sì. A essere ottimisti in certi tempi è impresa semplicemente ardua”.

Finiva così il mio post di 12 mesi fa e non mi sorprendo che sia stata una previsione azzeccata. Nessuno poteva immaginare il 2020 falcidiato da una pandemia ma anche in condizioni normali sapevo che sarebbe stata dura essere altrove.

L’aspetto bizzarro di quei giorni era la lotta contro il Tribunale e la burocrazia, proprio per questo, mentre scrivevo quelle righe, ero assolutamente inconsapevole che 25 giorni più tardi mi sarei sposato.

Non è una stato un anno semplice per decine di motivi, ma nella mente rimangono due momenti di assoluto valore: il matrimonio ed il trasloco che mi ha riconsegnato al mio personale “ermo colle”.

Mai infatti avrei immaginato di ritrovarmi a scrivere questo post così vicino a “quella scrivania” dove ero lo scorso anno, ma tutto in un certo senso ha trovato compimento nel gennaio 2020. Da lì in poi, l’anno ha regalato ben poco, con la grande mazzata del licenziamento a metà tragitto.

In queste settimane finali di anno, passo dal pensare che non lavorerò mai più in vita mia alla speranza che ci sia un cash-back anche per me, perché presto o tardi dovrò andare a riscuotere tutto ciò che ho patito negli ultimi due anni.

Nel mezzo rimane la ricerca, la noia, il freddo, i giorni identici ed il tempo che malgrado tutto passa rapidamente, come se ormai fossimo un po’ tutti abituati a questa non-vita.

È chiaro che in questi 11 anni ci siano stati alcuni 16 dicembre molto più esaltanti, non per forza i primi due dove a fare da sfondo c’erano una festa di laurea o un Mondiale per Club, ricordo con particolare intimità anche quelli a Toronto, quando il countdown al volo per tornare per le vacanze era già partito.

Questo è certamente il più piatto. Non il più doloroso – quello del 2018 vince a mani basse – ma questo è il più stantio, quello sospeso in un mondo completamente in stand-by.

Ma fra 12 mesi si parlerà di altro per forza di cose e saremo altrove, a fare altro. In un’altra casa e in un’altra città. A ripensare alla pandemia andata e al caffè che ho preso oggi tornato a casa dal parco.

P.S. La playlist di Inter Legends è stata aggiornata con gli ultimi 5 episodi, quelli della seconda stagione. Qui tutto il cucuzzaro.

 

 

13 anni di blog

Credo di aver detto spesso questa cosa, ossia che il 17 novembre del 2007 mai avrei pensato di ritrovarmi qui anni dopo a scrivere ancora qualcosa su questo dominio, ad aggiornare il blog.

Sono passati 13 anni ormai e malgrado la mia frequenza sia calata, il pensiero che esista questo luogo, che racchiude così tanto, c’è sempre.

Celebrare questo anniversario in una pandemia è qualcosa che mancava, ne avremmo fatto a meno ma ci siamo dentro ancora una volta fino al collo e speriamo di mantenere la bocca fuori per respirare e non affogare.

Gli ultimi dodici mesi sono stati problematici in un modo imprevisto, ma in un certo senso essere qua a parlarne è sempre un bene, è quel punto che alla fine ci ricorda che ci siamo, nonostante tutto.

Giorni fa pensavo a come questa ricerca di lavoro mi abbia catapultato al 2014, indietro di 6 anni, in questo stillicidio di CV, applicazioni, “no” che piovono senza sosta e speranza che domani sarà il giorno fortunato.

Rispetto a 6 anni fa ho decine di competenze in più, una carriera lavorativa formata e qualcosa da poter aggiungere e portare a chi mi assume, la differenza è che oggi prima di tutto c’è un virus che circola e chissà come e quando si arresterà.

Sono settimane molto uguali, in cui si perde il senso del weekend, a volte il tempo è scandito da ciò che trasmette la tv con i suoi palinsesti che non ammettono strappi.

È tempo di castagne, vino novello e giacche più pesanti. Luci accese già a metà pomeriggio, panettoni che iniziano a spuntare e coraggiosi negozianti che addobbano con sfacciato anticipo i loro locali con decori natalizi.

Andiamo avanti, a corrente alternata, guardando la quotidianità senza mai provare a perdere la lucidità – obbligo che devo a me stesso – in attesa di qualcosa, di uno spiraglio, possibilmente prima di festeggiare il 14esimo anniversario del blog.

 

P.S.

Inter Legends – Stagione 1       

Qui il link per i 5 episodi

https://www.youtube.com/watch?v=OiPzENl-Adk&list=PL69iguKbWRtyiDK7YjABkh-OquYvCGphY&ab_channel=MatteoCiofi

Il ragazzo della Via Gluck

In modo piuttosto casuale questo mio ritorno alle origini, a vivere nel complesso in cui sono di fondo nato e soprattutto cresciuto fino a 19 anni, è stato accompagnato da una canzone: il ragazzo della Via Gluck.

Venuta fuori per caso in quarantena, mi è rimasta in testa per un verso: “Ma verrà un giorno che ritornerò ancora qui”, una frase che è diventata slogan, mentre il trasloco si avvicinava e poi nuovamente allontanava a causa di ritardi dovuti alla situazione di emergenza.

Tornare e non avere mia nonna perché ricoverata poche ore prima, durante la notte, è stata la beffa più grande che potesse riservarmi il destino. Per questo, in modo molto intimo, non mi sono sentito “tornato” fin quando anche lei non è rientrata dall’ospedale, dopo due settimane di ricovero.

Non ero perfettamente in sintonia poi per via della casa in sostanza vuota e in attesa dei mobili, ma a consegna effettuata, lunedì pomeriggio, mi sono finalmente sentito a casa.

Ci sarebbe molto da dire su un mix di sensazioni davvero particolari, mi limito a dire che nella vita in fondo è tutto un fatto di prospettive. La mia ora è dalla scala B e posso vedere le finestre di casa di mia nonna, controllo e vedo se le serrande sono su oppure giù.

Mai avevo visto questo spazio da certi angoli, e ogni piccolo dettaglio è un ricordo, e in fondo un sorriso.

Un capitolo nuovo è veramente iniziato e non è forse un caso che sia cominciato il 18 maggio, con la ripartenza del dopo lockdown. Speriamo di avere miglior sorte di quei malcapitati di ristoratori e commercianti, a loro va tutta la mia solidarietà in un momento così.

29 febbraio – Atto II

Otto anni fa festeggiavo la mia seconda laurea, finiva l’avventura universitaria e inevitabilmente entravo in una nuova fase della mia vita.

Ricordo che nell’eccezionalità della data pensai a dove sarei stato 4 anni dopo, nel successivo 29 febbraio, ossia quello del 2016.

Quattro anni più tardi, tornai ovviamente con la mente a quel giorno mentre salivo le scalette di un bus turistico parcheggiato di fronte l’hotel sulle rive del Lago di Tiberiade, una delle location più impensabili nella quale mi sarei immaginato con la tesi in mano mentre salutavo amici e parenti nel 2012.

Ben più normale è stato l’ultimo 29 febbraio. Un sabato, a casa, a Roma, a comprare il regalo del mio compleanno in Vaticano. Uno scenario apparentemente più facile da immaginare mentre ero su quel bus in Galilea e pensavo a dove sarei stato al prossimo rintocco del calendario su un 29 febbraio.

Otto anni non sono pochi, sono di fondo un quarto della mia vita per quanto mi riguarda e di cose ne sono successe. Tante, tantissime, più belle che brutte, di certo fatico a pensare che questi anni siano volati. Sono stati intensi e pieni, e potrei dire lo stesso anche frazionando questi 8 anni in due mini blocchi da quattro.

Dire soltanto 2020 fa effetto, parlare invece del prossimo compleanno in arrivo – Compleanno de Cristo –  come è stato ribattezzato ieri non mi scalfisce più di tanto.

Celebrare, o meglio, tornare con la mente a un 29 febbraio, è sempre unico e speciale, soprattutto quando ci si lega un ricordo molto bello che oltretutto è divenuto un segnalibro esistenziale, la frontiera che ha chiuso un percorso aprendone un altro.

Il prossimo capiterà nel 2024, ma quello attuale finora ha già mantenuto le promesse, tenendo fede al proverbio bisesto/funesto. Fra morti illustri e coronavirus, emergenze e vite limitate, campionati rinviati e falsati a piacimento, il 2020 nella sua rotondità numerica ha saputo già imporsi in modo netto.

Personalmente continuo ad abbinare bei ricordi agli ultimi 29 febbraio, e per quanto possa allungare di 24 ore l’anno, sono sempre felice di riviverlo veramente. Il prossimo chissà come sarà, ma soprattutto chissà quante altre cose succederanno in questo prossimo quadriennio scattato alle 00.01 del primo marzo, compleanno oltretutto di mia moglie.

Così, per dire…