Edward e Paul

Edward e Paul hanno entrambi 17 anni, sono due ragazzi che vivono a pochi isolati l’uno dall’altro e sono cresciuti insieme, giocando e divertendosi come tutti i giovani della loro età. Frequentano la stessa scuola nel centro della città, ma oggi per loro, così come per tanti loro concittadini, è un giorno diverso dagli altri essendo 15 aprile e quindi, non soltanto un semplice venerdì che anticipa il week-end.

Si sveglieranno presto, poco prima delle 7 e dopo aver preparato frettolosamente lo zaino non dimenticheranno di prendere quella sciarpetta rossa di raso che hanno in un cassetto o nell’armadio. Dopo essersi preparati andranno insieme alla fermata del bus per recarsi a scuola, 5 ore di lezione, 4 materie e poi via, ma stavolta non verso casa bensì verso Queens Square al capolinea del 17, il bus che non li porterà indietro ma a Stanley Park. Lì scenderanno e si uniranno a tante altre persone, a migliaia di altre persone che come loro sentono il dovere morale di esserci anche stavolta perché 22 anni sono tanti e 96 morti non possono essere dimenticati. Entreranno, passeranno davanti alla statua di Bill Shankly all’ingresso e come sempre l’occhio cadrà su quella frase incisa sotto il piedistallo: “He made the people happy”, lui ha reso la gente felice. Poi saliranno le scale e si posizioneranno nella Kop, nella curva che li ospita ogni due settimane e insieme a tanti altri vivranno un pomeriggio diverso dal solito, un pomeriggio in cui ricorderanno chi ha perso la vita in modo assurdo e ancora non ha ricevuto giustizia. Pregheranno tutti insieme e canteranno l’inno alla fine, con la voce ed il trasporto di chi sente vicino persone che non ha mai visto e conosciuto, persone che sono morte schiacciate quando loro due dovevano ancora nascere ma che sentono dentro perché hanno in comune qualcosa che va al di là dello sport. Alla fine andranno via e torneranno a casa, con i compiti da fare e quel senso di appartenenza e tristezza che ti lascia un pomeriggio così.

Non esiste nessun Edward e nessun Paul o forse sì, magari ce ne sono tanti come loro ed oggi avranno fatto più o meno le stesse azioni e avranno vissuto la commozione nel ricordo della tragedia di Hillsborough, durante il memoriale di Anfield. Sono trascorsi ben 22 anni e la più grande ingiustizia della storia della Gran Bretagna ancora non è stata superata ne tanto meno chiarita, e per noi comuni mortali non ci sono tante alternative se non pregare e ricordare chi non c’è più.

 

Hillsborough, 15 aprile 1989

Justice for them, Jusitce for the 96

 

REST IN PEACE

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Il Racconto…

Nella serenità paradisiaca di Westmorland, tutto scorre beatamente. Il generale Mastrandrea, nei giorni scorsi, è stato avvistato nei prati della sua contea con La Bionda, un pic-nic all’aria aperta, ed una passeggiata in carrozza. Nel frattempo, sta già organizzando le prime uscite marine (in Cumbria si fomentano ai primi caldi), mentre dal primo aprile, potrebbe intraprendere una nuova avventura diplomatica nel centro città.

La situazione nel Merseyside è in continua evoluzione. Attraversata rapidamente Knowsley, le truppe stanno ormai assediando St.Helens da settimane in maniera costante. L’esercito avversario è quasi sfinito, ma l’offensiva non sembra smorzarsi. Le ultime dal campo base, fanno trapelare che sono in arrivo da Liverpool ulteriori rinforzi. Questo indica come Sir. Ciofi, stia producendo lo sforzo massimo per rimettere sotto la propria egemonia, il distretto metropolitano di St.Helens, luogo fondamentale della propria contea.

Finalmente ci siamo. La festa è pronta ed il conte Spera è prossimo a conquistare una fondamentale onorificenza. Dopo mille peripezie, il grande giorno è alle porte. La contea del Cambridgeshire è impaziente, la smania di rendere il giusto merito al proprio uomo simbolo va al di là dell’immaginazione, arriveranno tutte le massime cariche anche da Isle of Ely per l’occasione, e tutto ciò, testimonia come si stia andando incontro ad un evento eccezionale. Saranno brividi.