Il compagno di banco

Prima o poi, uno spazio su questo blog, dovevo concederglielo per tanti motivi. Adesso che è invalido a letto, con il gambone ingessato, è giusto dedicargli due righe per distoglierlo da tutto il resto e farlo magari sorridere. Sto parlando di Vincenzo Grisolia da Maddaloni (CE), conosciuto nel lontano 1994 nella palestra Junior 88, in via dei Monti di Pietralata. Il primo incontro fu tanto casuale quanto comico, mentre ci allenavamo, sentii un ragazzo più grande che parlava della finale di coppa campioni Milan-Barcellona che si sarebbe disputata poche ore dopo. Agganciandomi a questo discorso, aggiunsi che speravo che il Milan perdesse (a 7 anni ero già avvelenato e stronzo ad alti livelli) mentre Vincenzo, in fila davanti a me, rispose dicendo che lui era proprio del Milan. Le nostre battaglie dialettiche sportive, per anni ci hanno contraddistinto, una specie di Corno – Crudeli in miniatura, ed al liceo, c’erano ragazzi come Gianmarco, che si appassionavano letteralmente ai nostri diverbi. In prima media, ci siamo ritrovati in classe insieme. Vincenzo, piccolo e minuto ma con un capoccione riccio che sembrava una caricatura, era un po’ il genio della classe, una di quelle caratteristiche che immediatamente lo spedirono fra i miei “non amici”. Il personaggio in questione, aumentò la mia antipatia nei suoi confronti, con una mezza infamata (mai perdonata) nel gennaio del 99, quando si intromise fra me e Veronica creando numerosi problemi. Solo in terza media, il rapporto prese effettivamente piede. La professoressa decise di cambiare dei posti, io e Veronica fummo separati, insieme al banco non potevamo più stare per ovvi motivi dato che nessuno era concentrato più di mezz’ora al giorno ed io mi ritrovai Vincenzo seduto vicino. Piano piano, abbiamo iniziato a conoscerci, io mi sono rivelato meno burbero e cattivo, lui più simpatico e meno secchione. Dopo le medie, abbiamo frequentato il liceo, sempre al banco insieme se escludiamo la parentesi del secondo anno, quando per volere della professoressa d’inglese, mi ritrovai al fianco di Di Pinti. Cinque anni gomito a gomito non sono pochi, mantenendo sempre le stesse posizioni, io a sinistra, lui a destra, una mossa controproducente considerando che lui è mancino, e quindi, mentre scrivevamo, ci urtavamo inevitabilmente. Tanti, troppi, sono gli aneddoti da raccontare: le partite di basket; le sfide alla play; le gite; Rimini; i derby, ma come dicevamo ieri non si può non citare l’episodio del terzo liceo, quando si ruppe il braccio, giocando a calcetto. A pochi minuti dalla fine, inciampò sul pallone e cadde fra le urla di dolore, tutti accorsero per vedere le sue reali condizioni, tranne io che era dall’altra parte del campo. Dopo un paio di minuti, il gruppetto al suo fianco non si muoveva, io indispettito dalla pausa, gli tirai una pallonata addosso “invitandolo” a rialzarsi perché pensavo che fosse tutta una sua sceneggiata e soprattutto perché mancavano pochi minuti alla fine e stavamo perdendo. La verità è che il poveraccio si era fatto male sul serio, quindi tutti all’ospedale, e poi, per punizione, divenni per quaranta giorni schiavo delle sue paranoie al banco insieme con sto braccio ingessato. Abbiamo trascorso insieme tanti bei momenti e spero ce ne possano essere altrettanti, io onestamente non l’ho mai tollerato, e continuo a non tollerarlo, ma questa mia mancanza di sopportazione è direttamente proporzionale all’affetto che nutro nei suo confronti.

 

In bocca al lupo amico, torna presto a saltare con noi.

Il compagno di bancoultima modifica: 2009-10-18T14:57:00+02:00da matteociofi
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