Trecento, ma non solo

Il titolo di questo post, non ha nulla in comune con l’esercito dei trecento o la battaglia delle Termopili, ma è soltanto il numero di pezzi pubblicati su questo blog. Chiudo il mio 2009 così, con il trecentesimo post, che succede dopo un mese e mezzo al secondo compleanno di queste pagine. In poco tempo, due “traguardi” simbolici, ma che voglio comunque in qualche modo sottolineare. Un altro anno è in dirittura d’arrivo, il prossimo già bussa insistentemente alla porta. Non voglio fare un bilancio, non mi va, anche perché è abbastanza banale come esercizio; voglio parlare di questo anno dicendo che è stato pieno, con poche pause e dannatamente irregolare. Posso certamente suddividerlo in due parti ben distinte: fino a metà luglio, è stato molto bello, emozionante, ricco di brividi; da agosto in poi, tutto si è ribaltato. Molte cose hanno preso una direzione sbagliata e non sempre per il mio volere, ma certamente mi hanno messo alla prova. Di questi ultimi cinque mesi, salvo due momenti: Verona e il 16 dicembre, il resto è francamente non così memorabile. Mi sono perso qualcuno per strada, ma lungo questo cammino, ho incontrato qualcun altro. Tanti rapporti si sono ulteriormente saldati, altri hanno subito evoluzioni, c’è chi invece, da persona importante, è diventata assolutamente indispensabile, e fino a qualche tempo fa non me lo sarei mai immaginato. Il 2009 si è chiuso di fatto con la tesi, il mio successo e una giornata splendida. Non so se questo fatto possa essere anche l’apripista di un 2010 esaltante, lo spero, ma ci sono tante cose che mi auguro, forse troppe, anche se le priorità sono ormai ben chiare nella mia mente. Ringrazio tutti, nessuno escluso, ognuno di voi ha recitato il proprio ruolo e merita un saluto o un pensiero speciale.

Buon anno.

 

Lived in a bubble
Days were never ending
Was not concerned
About what life was sending
Fantasy was real
Now I know much
About the way I feel

 

Frase della settimana

Gabriele: “Ora il tuo Tattico dovrebbe farti un bel cazziatone, io te l’avevo detto…”

La Resa

È sicuramente uno dei termini che odio maggiormente, ma che stavolta, sono costretto ad usare per parlare di me e della decisione che ho maturato nelle ultime settimane, soprattutto in quella a Liverpool, dove ho avuto molto tempo per pensare e riflettere in totale serenità. Questo post, certifica la mia resa di fronte a ciò che ultimamente mi ha più scosso e colpito. Mollo perché sono stanco di combattere inutilmente, senza avere risultati, mollo perché non ne posso più di fare a pugni con l’aria. Mesi fa, scrissi se valeva la pena di spendersi per un qualcosa che avrebbe portato poi sicuramente delusione; malgrado tutto, ho continuato ad impegnarmi, a tirar fuori una parte di me anche insolita in certi casi, per non avere rimpianti e per non lasciare nulla di intentato. A distanza di tempo, però, devo cambiare rotta e penso in maniera piuttosto netta. Ritengo che sia importante almeno uscire dal campo sconfitti, ma consapevoli e fieri di aver dato tutto. A volte ho dovuto far fronte a situazioni surreali ed al limite del paradosso, e molto onestamente non ne voglio più essere partecipe per alcun motivo al mondo. Credo di aver sempre avuto un pregio, quello di sapermi rendere conto delle mie situazioni e di analizzarle in maniera oggettiva e realistica, spesso però questa mia visione viene scambiata per pessimismo, ma non è così. Di solito nelle difficoltà non mi abbatto ma mi esalto, stavolta alla lunga mi sono dovuto arrendere. Ho capito che è inutile tentare in qualcosa che non ha futuro e non può succedere, tanto vale smettere e provare a voltar pagina, questa sarà la mia nuova sfida. Già so che sarà difficile, ma spero di esserne in grado e che la mia forza di volontà mi assista. Di un’altra persona non voglio parlare adesso, perché merita un articolo intero, ma tranquilli, che non mi dimentico di nessuno, figuriamoci se mi scordo un personaggio del genere che mi ha “sparato” addosso… ma questa è un’altra storia. Si chiude qui anche un altro tormentone con il quale ho convissuto per tutta l’estate, da quel 23 maggio in cui ho accompagnato Andrea a Reggio Emilia ed è venuta fuori la storia del viaggio, non si è più parlato d’altro. Parti o non parti? Ma alla fine ci va o no? Questi sono i due interrogativi con i quali me la sono dovuta vedere costantemente. Alla fine non parto, anche perché mancano i presupposti e poi ci sono degli ulteriori problemi legati al tempo. Forse avrà ragione Andrea, quando dice che fra vent’anni, mi pentirò di essere rimasto a casa, ma questo non lo può sapere nessuno, solo il tempo semmai potrà dare un suo responso. Tra qualche giorno, intanto, ci sarà l’ultimo atto e penso che sarà anche quello più triste e carico di significato; dopodiché, in qualità di guardiano del faro, avrò terminato il mio compito e potrò andarmene affanculo una volta per tutte. Definitivamente. Non ho mai creduto ne ai colpi di scena, ne tantomeno alle sorprese, anche perché tutte le volte che capitano arrivano a mio sfavore. Mi dispiace per come sia andata a finire, speravo in qualcosa di diverso, ma questa è la realtà. So che con questa scelta deluderò più di qualche persona che ha dovuto sopportarmi in questi mesi (Andrea, Simone, Il Falcone, Vincenzo e i miei amici dell’università), ma sappiate che il primo ad essere deluso sono io, se sono arrivato a questa dolorosa decisone è perche non vedo veramente alcun raggio di sole all’orizzonte per andare avanti. In conclusione, voglio fare un augurio ad Antonio e David, spero che possiate essere più bravi e fortunati di me e sono sicuro che voi non mollerete. La “terza serie” comincia praticamente con un protagonista in meno, o comunque con il sottoscritto in palese difficoltà già prima di iniziare. Chiudo la porta, se qualcuno la volesse tenere ancora aperta è ben accetto, ma come ho già detto prima, io a queste cose non ci credo più. Non è stato semplice scrivere queste righe, sono state le più difficili degli ultimi tempi, anche perché ho dovuto usare una parola che non sopporto: resa, la mia resa.

 

                                                                                                                                       

 

20 agosto 2008

 

 

 

 

Dopo tanto tempo, pubblico un post scritto quasi un anno e mezzo fa. Sono riuscito a recuperarlo soltanto ieri sera in maniera casuale (grazie David). Decisi di non metterlo più, perché pochi giorni dopo, ci furono delle situazioni che cambiarono; ma ora, credo che meriti il suo spazio, anche perché, molto probabilmente, è uno dei più veri e sentiti.

Rincorrendo

Non mi piace la vigilia di Natale. Mi ha sempre messo una certa tristezza, fin da quando ero bambino, forse anche perché la cena è a base di pesce, e non potendolo mangiare essendo allergico, la serata per me è storicamente solo un lungo prologo al giorno più importante. Adoro il 25, la mattina, i regali da scartare sotto l’albero, il pranzo con un tipo di cibo che mi si addice molto di più ed il fatto che la giornata si svolga tutta a casa mia. Ieri sera, mentre andavamo da mio zio, seduto sui sedili posteriori della macchina, come non mi succedeva da tempo, senza un motivo preciso, mi sono soffermato ed in qualche modo incastrato, su una considerazione, apparentemente anche profonda. È da tempo che ormai vivo di rincorsa: per una vita, sportivamente parlando, ovvero diciotto lunghissimi anni, ho dovuto aspettare e inseguire lo scudetto dell’Inter prima di poterlo raggiungere. Nell’ultimo anno e mezzo, ho inseguito Maria Grazia; negli ultimi mesi è stata tutta una rincorsa, dalla mattina alla sera, la tesi fatta e disfatta, una nuova da ricostruire daccapo, pezzo dopo pezzo, con il tempo che regnava sovrano e mi obbligava a rincorrere senza pause. Rincorrendo tutto e tutti, in qualche modo sto rincorrendo me stesso. Non penso che la vita sia tutta una rincorsa, tutta una sfida, sempre in salita, penso che ti permetta di correre anche magari in compagnia, felice e tranquillo, senza il fiatone che ti tormenta e ti ricorda che non e puoi e non devi frenare perche stai indietro. Onestamente, sarei curioso di vedere e scoprire una cosa: vorrei vedere che effetto fa dopo parecchio tempo correre e non rincorrere, praticamente lo so. Metaforicamente, no.

 

 

Buon Natale

 

 

 

Last Christmas, I gave you my heart
But the very next day, You gave it away
This year, to save me from tears
I’ll give it to someone Special

Piani

La vita è circolare, le esperienze di vita sono circolari. Martedì si è chiuso il semestre con la lezione con cui avevamo inaugurato il quarto anno, diversa l’aula ma con gli stessi interpreti. Sono stati mesi strani, irregolari; una “quarta serie” per certi aspetti tormentata. Tempo fa, affermai che sarebbe stata ben diversa da quelle precedenti, e azzardai un pronostico: ci saranno pochi brividi, forse pochissimi, ma saranno pesanti e grandi, non necessariamente positivi. Certi giorni poi si trasformano in spartiacque, sublimi ed atroci e possono trascinarti dall’inferno al paradiso o viceversa, da un momento all’altro. Non lo so, forse il bello è proprio questo, probabilmente a volte  vivere giorno per giorno, diviene una condizione, una scelta obbligata. Pensare a brevissimo termine, perché i piani ed i progetti, sono spesso, soggetti ad essere spazzati via. Il rimpianto per qualcosa di sfumato, ti spinge poi a guardarti indietro, ti costringe a navigare per lungo tempo aggrappato alla ringhiera della poppa, anziché sfidare il domani dritto in piedi sulla prua della nave. Pianificare alcune cose, a volte è indispensabile; altre volte il limite principale, il freno maestro. Volevo dire un sacco di cose, ma temo di non esserci riuscito, o forse di aver capito solo io, non lo so, in qualche modo questo post è indirizzato a qualcuno al quale va il mio massimo sostegno.