Gli appelli dei Vip ai tempi del COVID-19

Direi che potremmo anche darci un taglio a questo lavaggio del cervello che a breve ci strapperà dalla bocca un deciso quanto inevitabile “E grazie ar cazzo”.

Ma sì, parlo di questa pessima strategia di comunicazione nella quale vip di turno si alternano sui canali tv (e non solo) nel ripetere che dobbiamo stare a casa. Come loro.

Ieri Piero Pelù ad esempio diceva che lui durante il giorno fa tante cose chiuso nella sua abitazione, fra cui suonare e cantare. Chissà, magari avrà uno studio di registrazione grande come il mio appartamento e si diletterà lì per ore.

Dico lui, ma potrebbero essere tanti altri che continuano ad ammorbarci, d’altra parte quando hai 200 mq di casa, il giardino, l’home theatre, il televisore 90 pollici e un conto in banca che ride siamo tutti più sereni di stare in casa.

So bene che questo è un discorso che può sembrare populista e banale ma non è così, proprio per niente, soprattutto perché questo COVID-19 è talmente democratico che colpisce tutti, ricchi e poveri, principi e spazzini. Se la peste nel corso dei secoli risparmiava i nobili o i ricchi e colpiva i poveracci perché malnutriti e in pessime condizioni igieniche, questo coronavirus ci chiude a tutti in casa e non sceglie chi bersagliare.

E allora siamo tutti dentro, reclusi e speranzosi che tutto finisca presto.

Siamo prigionieri e dobbiamo sentirci vip più o meno famosi che ci dicono di stare a casa quando alle spalle intravedi vetrate che danno su giardini grande come parchi.

Chissà se il commerciante che ha il negozio chiuso, deve stare in casa e avrà solo perdite è felice di sentire la pop-star che lo invita a stare recluso in 50 mq con altre 2/3 persone. Chissà se accetta con il sorriso questi suggerimenti, chissà se invece non si lascia scappare un bel: “Famo cambio bello e poi vedemo se nun te rode o se parli così…”

Sì, questa strategia comunicativa è pessima e a breve diventerà anche irrispettosa, a noi interessa poco sapere se Jovanotti suona o Dybala gioca alla Playstation, non sono problemi nostri e non vogliamo sentire gente condividere con noi una reclusione che è troppo diversa.

Non siamo uguali e nemmeno stiamo soffrendo allo stesso modo, a me il tutto inizia ad urtare e non perché la clausura stia cominciando ad infastidirmi, bensì perché questi appelli perdono di credibilità e sembrano sempre più ridicoli.

La situazione è già difficile di suo, bene gli avvisi alla tv 3000 volte al giorno, ma delle pagliacciate messe in piedi ad arte faremmo tutti a meno, io sicuramente.