Siamo tutti con voi!

“Prandelli ha confermato che certamente il calcio è pieno di gente amorale e di vizi metropolitani, ma resta la cosa migliore di questo Paese. Perché è quella dove c’è più sentimento, direi amore assoluto, dove tutti vogliono sempre fortemente qualcosa e per quello sono disposti a dare, non a rubare o evadere”.

 

(Mario Sconcerti, Corriere della Sera, 1.7.2012)

 

John Foot ha scritto un libro “Calcio 1898-2007: storia dello sport che ha fatto l’Italia”, un testo straordinario che ho utilizzato anche nella mia tesi, un libro che sociologicamente e storicamente racconta il nostro Paese attraverso la passione calcistica. Siamo a poche ore dalla finale europea con la Spagna, un traguardo che un mese fa sembrava impossibile. Ancora un po’ di attesa e poi capiremo chi potrà salire sul trono continentale; nel frattempo la tensione cresce, il fermento del Paese è evidente, tutti uniti, pronti per vivere una serata memorabile che potrebbe diventare leggendaria. Riportare il titolo in Italia dopo 44 anni sarebbe qualcosa di veramente grandioso e noi ci crediamo, io almeno, ci credo tantissimo. È bello vedere l’emozione che sprigiona un evento del genere, è entusiasmante condividere certi momenti con tanta gente che spera le tue stesse cose, che sogna di assaporare il medesimo brivido. Il calcio rimane un passione inarrivabile, solo il pallone sa unire così, non esiste nient’altro in Italia in grado di scatenare reazioni e sentimenti così potenti. Quando c’è la Nazionale, quando si arriva a momenti del genere, siamo tutti uniti, tutti fieramente legati alla nostra Patria. Nel Paese delle contrade e dei comuni solo questo sport ci fa stringere, siamo un popolo diviso da tante cose, siamo la terra del campanilismo più marcio e marcato, una nazione che sa volersi bene solo per il calcio, solo per gli Azzurri. È ovvio che il calcio sia una cosa straordinaria, e chi non lo capisce in giornate così penserà che siamo tutti matti. Si piange e si ride, ci si abbraccia, milioni di persone in piazza sogneranno di vincere e non baratterebbero con nulla al mondo la vittoria di stasera. Saremo tutti completamente persi, concentrati su un’unica cosa, in quale altra circostanza avviene tutto ciò? Pensateci bene. Solo il calcio sa regalare momenti così e non lo dico perché amo questo sport, il pallone in Italia significa molto di più di una partita, di 90 minuti e 22 giocatori. È l’unico collante di una popolazione, un magnete troppo forte dal quale sottrarsi.

Amo queste giornate, queste vigilie, vedere milioni di persone mobilitarsi e tifare tutti insieme, ci siamo, ancora una volta.

Coraggio Azzurri, siamo tutti con voi, come non mai.

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P.S. Ma quei napoletani che durante la finale di Coppa Italia fischiarono l’Inno di Mameli, stasera faranno il tifo per la Nazionale? Canteranno “Fratelli d’Italia”? Se dovessimo vincere faranno festa? Oppure avranno il buon senso di essere coerenti con quell’ignoranza becera che hanno dimostrato a maggio?

Bisogna essere italiani sempre, non soltanto in certi momenti.

Euro Italia

Ad un certo punto, un po’ tutti, abbiamo avuto paura della beffa, sul rigore di Montolivo i timori si stavano materializzando in delusione vera, ma poi, la storia ha preso un’altra direzione: siamo in semifinale, e giovedì sera a Varsavia, affronteremo la Germania, la grande favorita nella classica per antonomasia. Lentamente sta iniziando a crescere l’entusiasmo intorno a questa squadra, lo scetticismo sta mutando in convinzione, la freddezza in supporto totale. Gli Europei mi sono sempre piaciuti, per alcuni aspetti più dei Mondiali perché a livello tecnico e qualitativo sono di gran lunga superiori alla Coppa del Mondo. Il top del calcio è in Europa, tralasciando Brasile e Argentina la rassegna continentale annovera le nazionali migliori. Poche squadre, un turno in meno rispetto ai Mondiali, ma il livello è altissimo. Non ci sono le pittoresche e sgangherate formazioni africane, i simpatici asiatici o i talentuosi ed esagitati sudamericani, si gioca tra di noi, tra gente simile e le sfide che si vedono nella fase ad eliminazione diretta sono duelli storici, battaglie ricche di significato. Germania-Italia giovedì sarà l’ennesimo faccia a faccia tra noi e i tedeschi, una gara che è più di un “derby” per troppe ragioni. È dal 1968 che gli Azzurri non conquistano la Coppa Henry Delaunay, un trofeo che non ci porta troppo bene e che nelle ultime edizioni ci ha visti spesso protagonisti sfortunati. L’amarezza di Euro2000 è nella memoria di tutti, così come l’impresa in semifinale contro l’Olanda, un successo leggendario che non ha nulla a che vedere con ieri sera.

Nel 2004 tornammo a casa con 5 punti e con il biscottone scandinavo, un timore che si è ripresentato lunedì scorso contro l’Irlanda. Quattro anni fa siamo usciti meritatamente ai rigori con la Spagna, ieri invece la lotteria dei penalty ci ha regalato una gioia, meritavamo di vincere nei 90 minuti, abbiamo dovuto giocarne altri 30 più i rigori, ma alla fine siamo passati, lasciando all’Inghilterra l’ennesima eliminazione dagli undici metri.

Mazzocchi a fine partita ha detto che l’Italia va in semifinale ogni sei anni, io aggiungerei che andiamo anche in finale ogni sei anni: a partire da Usa ‘94, gli almanacchi dicono questo.

Vorrei tanto poter vivere questa gioia, quella che mi rimase strozzata in gola dodici anni fa nella notte di Rotterdam su un tiro di Trezeguet. Alla mia personalissima bacheca manca solo questa coppa: ho vinto quasi tutto tranne l’Europeo e sogno di chiudere questo cerchio.

Sei anni fa l’emozione più grande a Berlino, oggi siamo a 90 minuti dal raggiungere una finale insperata e per questo ancora più bella. Tra noi e l’atto conclusivo di Kiev ci sono i tedeschi, proprio come in quel Mondiale.

A volte la storia si riscrive, altre si ripete.

Forza Azzurri, crediamoci.

 

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