Il mio manoscritto

 

Devo chiedervi innanzitutto scusa per la mia negligenza, è vero, non sono stato molto attento nel raccontare le sorti del mio manoscritto ma la realtà è che non mi piace parlarne troppo.

Eravamo rimasti che a febbraio avevo messo il punto a pagina 121 di un libro scritto in quattro mesi, una raccolta di racconti calcistici degli ultimi 25 anni legati da un filo comune. Mi sono riletto il testo a Dublino, l’ho corretto e alla fine ho voluto aggiungere due pagine dopo l’introduzione.

Ai primi di giugno ho iniziato una lunga ricerca relativa alle case editrici sportive medio-piccole per poter inviare il libro e nel giro di alcune settimane ho spedito via mail il mio testo con tanto di sinossi e presentazione del sottoscritto a 20 editori.

In questi due mesi ho avuto contatti con 4 case editrici. La prima ha apprezzato l’idea ma mi ha chiesto praticamente di stravolgere tutto allargando il campo d’indagine in maniera impossibile. La seconda è stata quella che ha partecipato di più con un’analisi del lavoro approfondita, dicendomi però di aggiungere ritagli di giornale ed interviste ai protagonisti dei racconti. Su questo aspetto si è bloccato un po’ tutto: non ho contatti, non conosco nessuno, mi risulta improbabile soddisfare questa richiesta dal momento in cui la casa editrice non mi ha mostrato un eventuale appoggio.

Il terzo editore mi ha risposto gentilmente che il loro piano editoriale era già pieno per il prossimo semestre, l’ultimo invece, dopo alcune mail, mi ha proposto di pubblicare con l’obbligo però di acquisire prima una cinquantina di copie per me, per un costo complessivo di 400 euro.

Ho detto no, ho rifiutato l’altro ieri ufficialmente perché qui entriamo nel mondo dell’editoria a pagamento. La storia è semplice: se hai un manoscritto devi proporlo e per fartelo pubblicare non devi tirare fuori un euro. Se paghi significa che non credi nel tuo lavoro, se paghi vuol dire che non pensi possa esserci qualcuno veramente interessato e disposto a investire su di te.

L’editoria a pagamento è anti-meritocratica, è una mazzetta legale. Io non ho alcun interesse, mi piacerebbe che il mio manoscritto venisse pubblicato, anche a costo di guadagnare un centesimo a copia. Sarebbe una soddisfazione per me, niente di più. Scrivendo libri non ci si arricchisce. Io voglio che qualcuno valuti la bontà della mia opera a prescindere da un mio contributo.

Per quanto riguarda invece il “print on demand” mi sono informato ma è un’altra strada, o meglio scorciatoia, che non mi convince.

Insomma, per una serie di ragioni voglio aspettare, attendo che le altre case editrici, le quali si prendono sempre almeno 3 mesi di tempo, possano avere spazio e modo per valutare il mio lavoro.

Se qualcuno riterrà la mia fatica degna di pubblicazione sarò felice, altrimenti il manoscritto rimarrà salvato in una cartella del desktop con buona pace di tutti quanti.

Dopo il primo, ecco il secondo grande brivido del 2013

 

Dopo il primo grande brivido del 2013, ecco il secondo: ho scritto un libro. Oggi ho messo il punto e anche questo progetto l’ho portato a termine. Non vi avevo raccontato niente anche in questa circostanza? Sì è vero, però penso di aver fatto bene, ho eliminato ogni tipo di domanda, di pressione e curiosità. Ho potuto lavorare serenamente, sotto traccia anche qui e alla fine sono soddisfatto del risultato.

L’idea mi è venuta un giorno di novembre a pranzo, mentre mangiavo e ascoltavo il telegiornale. Ho avuto l’illuminazione e ho iniziato a sviluppare subito quello che avevo in testa. È un libro di sport, di calcio precisamente, ma sinceramente penso che scrivere di pallone in tutte le sue sfumature sia la cosa che mi riesca veramente meglio. Non è presunzione, anzi, è una constatazione per la facilità con cui riesco a mettere su carta i miei pensieri.

Ho scritto un libro che io comprerei immediatamente, i miei amici appassionati anche, perché racconto storie di calcio, attraverso un filo rosso molto chiaro che unisce emozioni, grandi campioni e squadre che hanno regalato momenti leggendari.

Scrivere un libro era una cosa che volevo fare da tempo, sono riuscito ad arrivare alla mia meta in 4 mesi, esaltandomi veramente in alcuni passaggi, scoprendo tanti aneddoti e cimentandomi a volte in momenti di ricerca snervante e minuziosa.

Ci sono tre momenti difficili nella stesura di un testo: il primo è ovviamente trovare l’idea, il secondo è passare dalla teoria alla pratica, il terzo è avere la forza e la determinazione di andare avanti quando passa l’entusiasmo e ti rendi conto che mancano ancora un centinaio di pagine.

Un libro infatti è diverso da una tesi, non sei obbligato, non hai tempi che ti stringono, sei libero e per questo puoi rischiare di perderti perché non è un dovere. Sono andato avanti malgrado tutto e sono molto felice.

Quando accennai questa cosa a Gabriele non era molto convinto, ma il suo scetticismo non mi frenò. Iniziare una cosa e arrivare in fondo. Sempre. Manca solo la prefazione, mi piacerebbe che la potesse scrivere un mio amico che contatterò nei prossimi giorni, penso che sia la persona più adatta.

Ho studiato le pubblicazioni di calcio negli ultimi tempi, ho girato molte librerie per farmi un’idea di case editrici e di temi trattati. Penso che il mio libro abbia dei contenuti e un taglio che possa interessare, per me ha le carte per poter essere pubblicato. Lo spero, sarebbe molto bello ma intanto sono contento di averlo scritto. Ora vedremo.

Fra un po’ partirò e avrò del tempo per rileggere il tutto e correggere qualche errore di forma, quando tornerò inizierò la seconda fase, entrare in contatto con gli editori. Ma procediamo un passo alla volta.

In quattro mesi di merda ho pianificato una partenza e scritto un libro. Nonostante tutto, perché barcollo, ma non mollo.

Fino alla fine.

 

 

 

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(Parlo anche di questa storia, ovviamente).