Due messaggi, due brividi

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Tra ieri e oggi ho ricevuto due messaggi, non parlo di sms ma di un foglio scritto a mano e di una mail. Due messaggi importanti, con un alto valore simbolico che mi hanno regalato inevitabilmente due brividi. Seguendo l’ordine cronologico parto dal foglio ricevuto dalle mani di mia madre ieri sera intorno alle 18.30

A MATTEO CIOFI TIFOSO N.1…Eto’o 9.

Se ne è andato così, con una dedica personale, un cuore vicino al suo nome e quel numero che chissà chi indosserà ora. Samuel Eto’o nel giorno del suo addio ha avuto un pensiero anche per me. Vi sembrerà una frase esagerata, fuori luogo, ma questo è quanto. Tutto ciò è avvenuto per una serie di coincidenze e di incastri abbastanza strani. Nell’azienda in cui lavora mia madre ci sono alcuni autisti privati che collaborano con tale ditta, tra questi un signore di nome Riccardo il quale ieri pomeriggio ha accompagnato il nostro ex centravanti a Ciampino dopo aver sostenuto le visite mediche qui a Roma in quel di Villa Stuart. L’autista si è ricordato di mia madre persona con la quale collabora da diverso tempo e ha ricollegato a lei la passione interista del figlio, ossia il sottoscritto. Ha chiamato mia mamma avvertendola di avere sul sedile posteriore Eto’o e dopo aver chiuso la telefonata ha chiesto all’attaccante una dedica per me spiegandogli la situazione. Dopo aver lasciato all’aeroporto, l’autista, ha fatto ritorno in azienda e ha lasciato il foglio con tanto di dedica a mia madre che ha potuto farmi un grossa sorpresa. Forse pensava di vedermi più felice ma il mio stupore iniziale è stato quasi subito seguito da un senso di tristezza, la classica malinconia dell’addio certificata da un saluto su carta.

Grazie Mamma e grazie Samuel, ci mancherai Campione.

 

Oggi pomeriggio, subito dopo pranzo, ho avuto voglia di digitare su Google il seguente nome: Phil Scraton, l’autore di Hillsborough The Truth il libro che ho terminato di leggere qualche giorno fa. Avendo trovato subito il suo indirizzo mail dell’Università Queens di Belfast ho deciso di scrivergli. Mezza pagina di Word per presentarmi, complimentarmi per il suo libro, in particolare per le sue ricostruzioni dettagliatissime, e per spiegargli i miei progetti futuri legati a questa tesi che verterà su un tema che lui conosce così bene come il disastro di Hillsborough. Ho chiuso la mail con l’augurio che potesse leggerla e i miei più distinti saluti. Tornato dalla palestra ho controllato sull’ipod touch la casella di posta e ho trovato la risposta del gentilissimo Phil con una serie di consigli e di documenti Word e in Pdf che di certo mi serviranno. Come successe lo scorso anno con il buon Lepidge per l’esame di Letteratura latina medievale, ancora una volta gli inglesi confermano una cosa: di loro ti puoi sempre fidare, che Dio li abbia in gloria.

Questa è la risposta, thanks a lot Phil.

Dear Matteo,

 

Many thanks for your email. I appreciate you writing to me and your very kind words. My full archive is held on the RedandWhiteKop website. You go to the Hillsborough Forum and you will see my archive. It contains both reports of the research project I conducted. Currently I am a member of the Hillsborough Independent Panel that is investigating the disaster and its aftermath. I have attached our Terms of reference. I hope that your studies are successful. Your English is great!

 

Best wishes,

 

Phil

 

 

La verità

La verità. È questo il titolo tradotto del libro che ho terminato di leggere poche ore fa dopo undici giorni di grande studio e applicazione. La verità di Hillsborough dopo oltre 22 anni ancora è avvolta nel mistero per la giustizia britannica, molto meno per usare un eufemismo per chi ha perso un proprio caro in quel pomeriggio di aprile. Leggere questo libro è stato stimolante e coinvolgente. Duro e puro mi verrebbe da dire, non è un caso se in copertina c’è scritto This book is dynamite. Il lavoro di Phil Scraton è inappuntabile, preciso, minuzioso e sempre molto delicato nel raccontare le esperienze drammatiche di chi ha vissuto una tragedia del genere. Leggere in inglese non è certamente agevole ma è stato quell’ostacolo che mi ha dato una motivazione in più per entrare completamente in questo mondo, in questa vicenda fatta di ingiustizie e ricca di domande senza risposte. Ho fatto ricorso a tanta pazienza, soprattutto quando dovevo rompere il filo della lettura per cercare una parola sul dizionario on-line, ma alla fine mi rimane la soddisfazione ed il piacere di essermi immerso in qualcosa di nuovo e di assolutamente interessante. Dopo oltre due decenni il verdetto è morte accidentale, 96 persone sono morte e la colpa non è di nessuno malgrado il report effettuato dal Ministro della Giustizia di allora Lord Taylor, il quale sosteneva che il disastro fosse avvenuto per mismanagment of the crowd, l’incapacità di gestire la folla da parte della polizia del South Yorkshire. I racconti dei sopravvissuti e le testimonianze di chi ha visto la morte protagonista sono momenti toccanti, quegli attimi in cui leggi una riga ma l’occhio scappa a quella successiva per capire come è andata a finire una situazione in particolare. Capire i fatti ma soprattutto gli antefatti mi ha permesso di avere una panoramica totale della vicenda, senza dimenticare il dramma dell’Heysel e  quello di Bradford. Sono contento di aver conosciuto tanti dettagli in più e sono fiero di aver studiato questa vicenda per un esame universitario e di aver già impostato in parte il mio lavoro per la tesi che avrà come nucleo centrale proprio Hillsborough. Raccontare un fatto del genere, sensibilizzare chi ne è completamente all’oscuro è per me una sorta di responsabilità, parlare di questa tragedia è l’unica cosa che si può fare. Parlare per non dimenticare, scrivere per commemorare, non è mai stata fatta giustizia ma il ricordo è sempre vivo e non si può far altro che sottoscrivere le parole di Margaret Aspinall la quale in quel pomeriggio perse suo figlio e che nell’ultimo memoriale ha sintetizzato tutto dicendo: “Hillsborough non è la più grande tragedia della storia britannica ma la più grande ingiustizia avvenuta in questo paese”.

Ora e per sempre, YNWA.

Il pacco

Liverpool-East Midlands-Lipsia-Roma. Questo è stato il tortuoso ma rapidissimo tragitto che ha fatto il mio pacco prima di giungere a destinazione grazie al corriere espresso Dhl. Martedì mattina ho ricevuto quindi ciò che avevo prenotato soltanto il giovedì sera precedente, in nemmeno 3 giorni lavorativi ho avuto tutto quello di cui avevo bisogno ma degli inglesi ti puoi sempre fidare e questa ne è stata l’ennesima riprova. In questo pacco c’erano due cose in particolare, un libro, ovvero Hillsborough The truth ad opera di Phil Scraton ed una polo gialla del Liverpool che avevo comprato sul sito essendo in saldo. Questi due pezzi li ho presi sullo store on-line dei Reds, avevo bisogno di questo libro perché è quasi arrivato il momento di rimettermi al lavoro considerando che l’ultimo esame, quello di Storia della Gran Bretagna, andrà ufficialmente in scena il 2 settembre. Fissata questa data mi sono messo in cerca del libro e comprarlo sul sito del Liverpool si è rivelata la mossa più sagace considerando il prezzo e la rapidità con cui mi è stato recapitato. Hillsborough The truth è il testo nel quale viene ripercorsa la tragedia del 1989 di Sheffield quando morirono 96 tifosi del Liverpool, un evento che mi ha sempre colpito e coinvolto e sarà il tema base della mia tesi magistrale. Ho proposto questa vicenda al professore e lui ne è rimasto entusiasta per l’originalità, perché è una caso spinoso e soprattutto perché è un argomento molto poco battuto in Italia. Per me ha un valore speciale per mille motivi che ora non sto qui a ripetere, chi segue un po’ il blog forse lo saprà, di certo aver visto la lapide del memoriale 3 anni fa mi ha segnato, così come l’orologio di Anfield Road che è sempre fisso alle 15.06 ora in cui venne sospesa quella drammatica partita. Questo libro sarà anche il manuale per il mio esame, dovrò fare 12 cfu e 6 saranno su tale argomento, l’altro modulo verterà sul corso svolto in questo secondo semestre ovvero la storia dell’impero britannico e qui dovrò studiare un altro manuale che devo ancora comprare. Il 2 settembre questa accoppiata di testi mi permetterà di chiudere ogni discorso per ciò che riguarda gli esami prima di catapultarmi sulla tesi dopo essere tornato da Pechino. Il libro di Scraton è di 272 pagine, scritto piccolo ed interamente in inglese, leggerlo sarà tanto affascinante ed interessante quanto complicato, ci vorrà del tempo credo almeno il doppio di quanto ci avrei impiegato se fosse stato tradotto in italiano. Tra lunedì e martedì terminerà il mio ozio indegno e partirà la mia preparazione verso questo appuntamento, mi attende l’ultimissimo giro e devo riaccendere il motore ma ne vale la pena, stavolta come non mai.

 

 

 

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(Ho ritirato anche il visto, è già quasi tutto pronto)

Edward e Paul

Edward e Paul hanno entrambi 17 anni, sono due ragazzi che vivono a pochi isolati l’uno dall’altro e sono cresciuti insieme, giocando e divertendosi come tutti i giovani della loro età. Frequentano la stessa scuola nel centro della città, ma oggi per loro, così come per tanti loro concittadini, è un giorno diverso dagli altri essendo 15 aprile e quindi, non soltanto un semplice venerdì che anticipa il week-end.

Si sveglieranno presto, poco prima delle 7 e dopo aver preparato frettolosamente lo zaino non dimenticheranno di prendere quella sciarpetta rossa di raso che hanno in un cassetto o nell’armadio. Dopo essersi preparati andranno insieme alla fermata del bus per recarsi a scuola, 5 ore di lezione, 4 materie e poi via, ma stavolta non verso casa bensì verso Queens Square al capolinea del 17, il bus che non li porterà indietro ma a Stanley Park. Lì scenderanno e si uniranno a tante altre persone, a migliaia di altre persone che come loro sentono il dovere morale di esserci anche stavolta perché 22 anni sono tanti e 96 morti non possono essere dimenticati. Entreranno, passeranno davanti alla statua di Bill Shankly all’ingresso e come sempre l’occhio cadrà su quella frase incisa sotto il piedistallo: “He made the people happy”, lui ha reso la gente felice. Poi saliranno le scale e si posizioneranno nella Kop, nella curva che li ospita ogni due settimane e insieme a tanti altri vivranno un pomeriggio diverso dal solito, un pomeriggio in cui ricorderanno chi ha perso la vita in modo assurdo e ancora non ha ricevuto giustizia. Pregheranno tutti insieme e canteranno l’inno alla fine, con la voce ed il trasporto di chi sente vicino persone che non ha mai visto e conosciuto, persone che sono morte schiacciate quando loro due dovevano ancora nascere ma che sentono dentro perché hanno in comune qualcosa che va al di là dello sport. Alla fine andranno via e torneranno a casa, con i compiti da fare e quel senso di appartenenza e tristezza che ti lascia un pomeriggio così.

Non esiste nessun Edward e nessun Paul o forse sì, magari ce ne sono tanti come loro ed oggi avranno fatto più o meno le stesse azioni e avranno vissuto la commozione nel ricordo della tragedia di Hillsborough, durante il memoriale di Anfield. Sono trascorsi ben 22 anni e la più grande ingiustizia della storia della Gran Bretagna ancora non è stata superata ne tanto meno chiarita, e per noi comuni mortali non ci sono tante alternative se non pregare e ricordare chi non c’è più.

 

Hillsborough, 15 aprile 1989

Justice for them, Jusitce for the 96

 

REST IN PEACE

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