Grazie Londra 2012

Ha ragione David, la fine di qualcosa è sempre un brutto momento. Non c’era bisogno della cerimonia di chiusura delle Olimpiadi di ieri sera per fare questa considerazione, ma mentre guardavo la tv mi sono intristito e l’unica cosa che mi ha fatto sorridere era il commento dei giornalisti che dicevano le mie stesse cose. Non vuoi mai che finisca una bella avventura, soprattutto quando ti appassiona e ti coinvolge, e ieri avevamo un po’ tutti il medesimo stato d’animo: spettatori, atleti e giornalisti, tutti noi avremmo pagato per trasformare la cerimonia finale in quella d’apertura. Tutti avremmo voluto ricominciare da capo.

Sono volati questi 16 giorni, la cerimonia inaugurale del 27 luglio mi sembrava dietro l’angolo, invece no, tutto finito ed arrivederci al 2016 a Rio de Janeiro, fra 4 lunghissimi anni.

Il tempo vola, queste rassegne tanto belle scappano in una maniera tale che non riesci mai a viverle come vorresti, dovrebbero durare di più, assolutamente. Cala il sipario su Londra 2012, un’edizione delle Olimpiadi di grande livello per spettacolo, organizzazione e sicurezza.

La grande vincitrice è stata proprio la città che ha saputo svelarsi in tutta la sua essenza, le immagini dall’alto di ieri sera mostravano Londra nella sua veste migliore, una città magica, forse La Città per antonomasia al mondo. L’unica in grado di condensare tutto: storia, cultura, efficienza, spettacolo, divertimento, se scrutate il mappamondo un posto in grado di contenere tutto ciò non esiste, ad ogni luogo mancherà sempre qualcosa. Immaginavo che sarebbe stata un grande Olimpiade, dagli americani e dalla gente del Nord Europa ci si deve sempre fidare, non falliranno mai appuntamenti così. Ripenso a Germania 2006 e mi torna in mente la qualità della macchina organizzativa, di quanto tutto funzionò bene in un altro grande evento planetario come i Mondiali di calcio.

Abbiamo assistito a tanti momenti emozionanti, chiudiamo con un bottino interessante: 28 medaglie, una in più di Pechino, ottavi nel medagliere e con più di qualche rivendicazioni per una serie di furti di cui siamo stati vittime. Quello di Cammarelle ieri è vergognoso, ma capita anche questo, abbiamo finito bene, con qualche rimpianto anche se con un pizzico di fortuna in più avremmo avuto un bilancio medaglie trionfale.

Salutiamo Londra con gli occhi un po’ lucidi, mai come stavolta ho seguito le Olimpiadi, grazie a Sky che ha fatto un lavoro eccezionale, quasi esagerato. La prossima tappa sarà Rio, ma per me, essendo ultra eurocentrico dovrebbero fare le grandi rassegne solo in Europa, nel resto del mondo non mi trovo mai a mio agio. Sarà per gli orari, per le stagioni, resta il fatto che non mi entusiasmo mai, se penso alla cerimonia di apertura di Rio immagino colori, sfilate, gente che balla, il regista che inquadra tutti i culi possibili, un mezzo carnevale. Se penso invece alle due cerimonie londinesi non vedo chi potrà fare meglio: inimitabile la prima per riferimenti storici, grandiosa quella di ieri, chi può al mondo pareggiare l’Inghilterra nella musica? Nessuno. Tra le Spice Girls e Liam Gallagher subito dopo che cantava Wonderwall (per la prima volta dopo la scissione dal fratello) in 10 minuti mi è passata davanti la mia infanzia e la mia adolescenza, un mix di brividi, prima di chiudere con Baba O’Riley degli Who, una delle mie canzoni preferite.

Grazie di tutto Londra, davvero, grazie per aver reso l’appuntamento sportivo più democratico del mondo ancor più unico, la rassegna in cui tutti possono sognare, l’esaltazione di ciò che rappresenta il vero sport.

 

 

Frase delle serata

 

Pierluigi Pardo: “Non c’è niente da fare. La nostra vita sarebbe peggiore senza lo sport. Di molto”.

 

olimpiadi, londra, sport

  

Tante facce, tante storie (Parte 2)

Parli di Olimpiadi e pensi a Bolt. Era l’uomo più atteso dei Giochi, l’eroe della seconda settimana e alla fine non ha tradito le aspettative vincendo, trionfando, esagerando nei distacchi.

Bolt è impressionante per la facilità di corsa, per come allunga, per come faccia sentire gli altri impotenti. Mi ha riportato indietro nel tempo, ad Atlanta 1996, quando mi alzavo la notte per ammirare un mio idolo Michael Johnson, un altro velocista unico, quello che sembrava volare con le sue scarpette d’ora firmate Nike. Scattava, partiva forte e poi allungava, dietro, il vuoto.

Bolt, seppur su distanze diverse come nei 100 metri, è l’erede di Michael Johnson ed il pubblico lo ama alla follia.

È stata l’Olimpiade anche di Josefa Idem, un mostro di longevità, la faccia più bella dello sport. A settembre compirà 48 anni ma alla sua ottava esperienza ai Giochi ha dimostrato di essere una campionessa unica, determinata e affamata. Donna, moglie, mamma, atleta, Josefa è l’emblema del sacrificio e della passione, lo spot più bello per chi vuole credere a certe favole.

Penso a Josefa, alla sua forza, alla sua grinta e mi viene in mente anche Schwazer, l’uomo su cui puntavamo per i 50 km di marcia, colui che poteva regalarci un altro oro dopo Pechino.

Non è andata così, la sua avventura non è nemmeno iniziata. Fuori prima di arrivare a Londra: niente gare, niente podio, zero sogni di gloria. Voleva essere più forte, ha dimostrato di essere il più debole, non sulla strada ma nella vita. Ha ammesso tutto, ha pianto e ha provato a giustificarsi senza nascondersi. Negli ultimi anni aveva perso male, si era ritirato, era diventato il fidanzato di Carolina Kostner, quella che nel frattempo aveva iniziato a vincere. Complessi di inferiorità? Paura di perdere ancora? Fragilità mentale? Può essere tutto, alla fine Schwazer ha perso ogni cosa nel modo peggiore, senza correre, senza lottare, consapevole di aver ingannato.

È stata la pagina più nera di Londra 2012, una macchia scura che non deve però rovinare le imprese della nostra spedizione.

Poteva essere l’Olimpiade di Federer, alla fine lo svizzero ha portato a casa un argento al termine di una finale in cui è stato travolto dalla voglia e dall’atletismo di Murray, spinto dal pubblico di casa e desideroso della rivincita di Wimbledon. Federer poteva coronare al meglio un 2012 importante ed una carriera unica, per lui vale lo stesso discorso di Bolt e Phelps, essere testimoni di questi campioni, averli visti in diretta, è una fortuna di cui forse in molti non si rendono conto.

Essere contemporanei a certi miti è un privilegio perché le loro imprese rimarranno per sempre, sono i tre atleti più grandi di tutti i tempi nelle rispettive discipline e noi li abbiamo apprezzati un passo alla volta. Fra qualche decennio racconteremo le loro gesta davanti ad un camino, come accade nei film, perché certe facce entrano nella storia e diventano leggende, favole, e non si possono non raccontare ai propri figli.

sport, olimpiadi, londra

Tante facce, tante storie (Parte 1)

Siamo quasi arrivati alla discesa finale ma undici giorni di Olimpiadi sono più che sufficienti per raccontare storie ed imprese, vittorie e delusioni, per far emergere volti nuovi e ricordarcene altri che rimarranno impressi per sempre. Bolt, Phelps, il duo Menegatti-Cicolari, Schwazer, Josefa Idem e molti altri hanno segnato questi Giochi, ciascuno a modo proprio caratterizzando questo infinito show sportivo. Ancora una volta la piscina ha raccontato tante storie, i nostri eroi d’acqua si sono sciolti dinnanzi allo strapotere di statunitensi, cinesi e francesi. La nostra teorica portabandiera, Federica Pellegrini, ha fallito le gare per cui aveva lavorato in questi anni, due volte quinta e quella sensazione di impotenza e di non essere al top nel momento decisivo. Il suo compagno ha fallito altrettanto e questo crollo ha aumentato le chiacchiere sul loro conto e sul rapporto che li lega, il classico ragionamento extra sportivo che si abbatte su chi non riesce ad ottenere risultati.

Parli d’acqua e automaticamente pensi a Phelps, un fenomeno, l’uomo-pesce, il più grande olimpionico di sempre. Basta dire 22 medaglie, 18 delle quali del metallo più prezioso, e non c’è altro da aggiungere. Phelps ha battuto ogni record, a Pechino scalzò le imprese e gli ori di Mark Spitz che sembravano inattaccabili, a Londra si è limitato a 4 ori e 2 argenti, ha chiuso la sua esagerata carriera da campione vero, da atleta strepitoso, da autentico padrone del podio.

Ancora una volta la scherma ci ha fatto sorridere, uno sport che malgrado i trionfi continua a non “appassionare” gli italiani, forse per le regole, forse per le diverse discipline non chiare a tutti.

Il podio tricolore femminile, così come le vittorie a squadre, sono state l’ennesima riprova di un movimento che pur non avendo troppi sponsor e con una scarsa visibilità continua a dominare il mondo, in pedana il colore che governa rimane l’azzurro.  

Parlando di donne i due personaggi per cui ho simpatizzato e ho seguito con molto interesse sono state le ragazze del beach volley, la coppia Menegatti-Cicolari. Su questa disciplina si fa forse troppa ironia, soprattutto quando si parla al femminile per le inquadrature “basse” e i costumi. Credo che le ragazze di questo sport abbiano il miglior fisico dell’Olimpiade: alte, toniche, giuste, senza le spalle enormi delle nuotatrici, o i muscoli delle ginnaste.

Tralasciando gli aspetti estetici, il beach volley l’ho seguito casualmente al secondo giorno dei Giochi durante la sfida Italia-Russia e mi ha coinvolto parecchio. Essendo uno sport nel quale ciascuno di noi si è cimentato almeno una volta, ho apprezzato i movimenti, la rapidità degli scambi e la spettacolarità.

Mi è piaciuto soprattutto lo spirito delle azzurre, in due ma unite come fossero un battaglione, una squadra vera ed affiatata. Con le loro unghie smaltate di tricolore sono andate avanti fino ai quarti, fino alla sfida impossibile con gli Usa, ma per me rimangono una delle novità più interessanti e una speranza vera per una medaglia a Rio.

(continua)

sport, olimpiadi, londra

 

 

 

Il più grande spettacolo del mondo

È stata una fantastica serata, una cerimonia d’apertura diversa dalle solite: storica, ironica, autocelebrativa, un grande spettacolo degno di una città unica al mondo. Il nuovo stadio di Londra ieri sera ha dato il benvenuto alla trentesima edizione delle Olimpiadi, 80 mila persone presenti, un miliardo davanti la tv e ben 204 delegazioni che hanno sfilato orgogliose di esserci e con il sogno di rendere questa esperienza indimenticabile magari con una medaglia. Il fascino enorme e la bellezza dei giochi olimpici risiede tutta qui, in questi dati, in questi numeri che sono ovviamente inarrivabili per qualunque altra manifestazione del pianeta Terra. Ho guardato tutta la cerimonia, dal primo all’ultimo minuto, come non avevo mai fatto e ho apprezzato ogni dettaglio della serata. Gli inglesi hanno giocato in contropiede spiazzando tutti: tanto spettacolo ma sempre con una forte impronta storica, un bombardamento di citazioni, un continuo evidenziare ciò che di grande hanno fatto nella storia del mondo moderno. I britannici hanno giocato con il loro passato, hanno sfruttato questa loro fortuna a differenza delle ultime nazioni che avevano ospitato i giochi. Atlanta incentrò inevitabilmente la cerimonia sul centenario delle Olimpiadi, Atene sul fatto di essere la culla dei giochi, Sydney e Pechino sui colori, sullo spettacolo scenografico e pirotecnico. Proprio la capitale cinese ieri sera è divenuta il mio termine di paragone essendo la città olimpica precedente, Londra ha fatto leva su cose che Pechino non può avere, troppo lontana da noi, troppo diversa e soprattutto con una storia non sufficientemente forte come la Gran Bretagna. Gli inglesi hanno sviscerato tutto il loro potenziale: dalla Tempesta di Shakespeare, alle rivoluzioni industriali, passando per Mary Poppins, James Bond, Mr. Bean e la Regina Elisabetta che ha recitato se stessa. Un excursus unico, inimitabile, solo noi potevamo fare di meglio visto il bagaglio storico e culturale che ci appartiene.

Personalmente ho applaudito la parte relativa al NHS (National Health Service), forse pochi avranno badato a quel momento, una sottolineatura di come gli inglesi furono i primi a fondare nel luglio del 1948 il sistema sanitario nazionale,  una svolta epocale istituita subito dopo la seconda guerra mondiale.

Non potevano mancare i riferimenti musicali, i maestri del Pop hanno tirato fuori un super medley formato da Beatles, Rolling Stones, David Bowie, Queen, Sex Pistols, Prodigy, Blur, una carrellata di suoni che hanno segnato i momenti di almeno tre generazioni. La meraviglia delle Olimpiadi è stata inaugurata nel modo migliore ed è terminata con Beckham che tagliava in due il Tamigi a bordo di un motoscafo ed il braciere acceso da tante fiaccole. A quel punto, il count-down si è esaurito e la magia dei cinque cerchi ha inondato tutti, soprattutto quando un ometto sulla settantina ha cantato Hey Jude, uno dei tanti britannici che ha cambiato il mondo in cui viviamo oggi.

Prima di andare a letto, sono passato davanti la vetrina e ho visto quelle due tesi in Storia della Gran Bretagna lì, vicine tra di loro, una rossa e una blu, laurearsi raccontando la britishness è sempre un vanto, in particolare dopo aver assistito a serate così.

 

olimpiadi, londra, inghilterra, gran bretagna

 

 

Messaggio della serata

 

David: “Ao ma te l’immagini se Orwell fosse stato vivo quanto se sarebbe fomentato???!!! Weeeeeeeee”.