Eterna presenza

Non importa che non ti abbia,
non importa che non ti veda.
Prima ti abbracciavo,
prima ti guardavo,
ti cercavo tutta,
ti desideravo intera.
Oggi non chiedo più
né alle mani, né agli occhi,
le ultime prove.
Di starmi accanto
ti chiedevo prima,
sì, vicino a me, sì,
sì, però lì fuori.
E mi accontentavo
di sentire che le tue mani
mi davano le tue mani,
che ai miei occhi
assicuravano presenza.
Quello che ti chiedo adesso
è di più, molto di più,
che bacio o sguardo:
è che tu stia più vicina
a me, dentro.
Come il vento è invisibile, pur dando
la sua vita alla candela.
Come la luce è
quieta, fissa, immobile,
fungendo da centro
che non vacilla mai
al tremulo corpo
di fiamma che trema.
Come è la stella,
presente e sicura,
senza voce e senza tatto,
nel cuore aperto,
sereno, del lago.
Quello che ti chiedo
è solo che tu sia
anima della mia anima,
sangue del mio sangue
dentro le vene.
Che tu stia in me
come il cuore
mio che mai
vedrò, toccherò
e i cui battiti
non si stancano mai
di darmi la mia vita
fino a quando morirò.
Come lo scheletro,
il segreto profondo
del mio essere, che solo
mi vedrà la terra,
però che in vita
è quello che si incarica
di sostenere il mio peso,
di carne e di sogno,
di gioia e di dolore
misteriosamente
senza che ci siano occhi
che mai lo vedano.
Quello che ti chiedo
è che la corporea
passeggera assenza,
non sia per noi dimenticanza,
né fuga, né mancanza:
ma che sia per me
possessione totale
dell’anima lontana,
eterna presenza.

 

Pedro Salinas

 

“Vivere, Amare, Capirsi”

Ieri pomeriggio sono voluto andare a spulciare in questo blog, volevo vedere cosa scrivevo durante un altro profondo periodo di crisi, l’ultimo prima di questo e datato agosto-settembre 2009. In quei mesi, dopo un’estate passata completamente a Roma, a mia nonna fu diagnosticato un tumore, ci furono dei problemi con mio padre, la tesi sulla quale avevo lavorato molto saltò in aria completamente, litigai con il mio relatore e fui costretto a ricominciare tutto dall’inizio spostando di 45 giorni la mia discussione. In quel periodo poi, si accavallarono una marea di fatti negativi e contrari, la persona a cui ho fatto riferimento ultimamente già era presente e soffrivo per lei, ma per altri motivi, la inseguivo a quei tempi, mi sembra passata una vita. Quel periodo durò di fondo fino al 14 dicembre quando sbagliarono anche i titoli sulla copertina della mia tesi. Due giorni più tardi mi laureai, presi il massimo dei voti e da lì in poi fu una cavalcata magnifica. Il vento cambiò quel mercoledì mattina in T25, ma io me ne resi conto solo più tardi.

Ecco, in quel periodo di crisi, smisi di scrivere anche sul blog, ricordo un sms di Francesca in vacanza a Berlino che si chiudeva con un “Ho ricominciato a scrivere…” ed io le risposi di tutto punto “Io invece ho appena smesso”. Una settimana dopo scrissi sul blog una poesia che oggi ripropongo, ma non tanto per coincidenze o scaramanzie, la ripubblico perché ricordo il mio stato d’animo e i miei pensieri terribili. È una poesia breve ma che dice molto, la cosa che mi ha stupito è il fatto che a distanza di 3 anni abbondanti dica ancora solo verità.

 

 

A ridere c’è il rischio di apparire sciocchi;

 

A piangere c’è il rischio di essere chiamati sentimentali;

 

A stabilire un contatto con un altro c’è il rischio di farsi coinvolgere;

 

A mostrare i propri sentimenti c’è il rischio di mostrare il vostro vero io;

 

A esporre le vostre idee e i vostri sogni c’è il rischio d’essere chiamati ingenui;

 

Ad amare c’è il rischio di non essere corrisposti;

 

A vivere c’è il rischio di morire;

 

A sperare c’è il rischio della disperazione e

 

A tentare c’è il rischio del fallimento.

 

Ma bisogna correre i rischi, perché il rischio più grande nella vita è quello di non rischiare nulla.

 

La persona che non rischia nulla, non è nulla e non diviene nulla.

 

Può evitare la sofferenza e l’angoscia, ma non può imparare a sentire e cambiare e progredire e amare e vivere.

 

Incatenata alle sue certezze, è schiava.

 

Ha rinunciato alla libertà.

 

Solo la persona che rischia, è veramente libera.

 

 

(da: “Vivere, Amare, Capirsi” di Leo Buscaglia)

Sensazione

 

 

I miei pensieri sono qualcosa che la mia anima teme.
Fremo per la mia allegria.
A volte mi sento invadere da
una vaga, fredda, triste, implacabile
quasi-concupiscente spiritualità.

 

Mi fa tutt’ uno con l’ erba.
La mia vita sottrae colore a tutti i fiori.
La brezza che sembra restia a passare scrolla dalle mie ore rossi petali e il mio cuore arde senza pioggia.

 

Poi Dio diventa un mio vizio
e i divini sentimenti un abbraccio
che annega i miei sensi nel suo vino
e non lascia contorni nei miei modi
di vedere Dio fiorire, crescere e splendere.

 

I miei pensieri e sentimenti si confondono e formano
una vaga e tiepida anima-unità.
Come il mare che prevede una tempesta,
un pigro dolore e un’ inquietudine fanno di me
il mormorio di un incalzante stormo.

 

I miei inariditi pensieri si mescolano e occupano
le loro interpresenze, e usurpano
gli uni il posto degli altri. Non distinguo
nulla in me tranne l’ impossibile
amalgama delle molte cose che sono.

 

Sono un bevitore dei miei pensieri
L’ essenza dei miei sentimenti inonda la mia anima..
La mia volontà vi si impregna.
Poi la vita ferma un sogno e fa sfiorire
la bellezza nel dolore dei miei versi.

 

Fernando Pessoa