Croazia 2022

Bella, cara e sassosa. Partirei con questi tre aggettivi per descrivere gli otto giorni in Croazia fra Zara, Spalato e Dubrovnik.

350 km di costa, rotolando gradualmente verso sud, in un viaggio molto poco vacanza e molto viaggio per l’appunto.

È stato bello tornare in un posto e visitarne altri due, scoprire punti in comune e aspetti evidentemente differenti. Tre città, tre realtà che a modo loro ci hanno comunque affascinato.

Zara (per far felici i croati Zadar…il riferimento è a una mia discussione del 2016 con una croata al Crocodile di Toronto. Lei si presentò come una che veniva da Rijeka e io la salutai come una originaria di Fiume, creando una filippica di rare dimensioni e allora facciamoli contenti).

Piccola cittadina se non villaggio, storico centro universitario, secondo Sergio Tavcar accademia della pallacanestro slava, in fase di sviluppo e con un lungomare in via di rifacimento. Una piccola Spalato. In giro stranieri di ogni provenienza, ci siamo ritrovati nella sua pancia ed è stato molto bello. Forse non eravamo mai stati così centrali in altre città e fra il mare che ti parla, o meglio canta con l’organo e il suo piccolo foro romano, merita due giorni pieni.

La spiagge di Kolovare, scogli e sassi, ma anche lastroni di pietra dove sdraiarsi e tante acqua azzurra, trasparente, camminate lungo strada ma sotto i pini, e poi Ivo da Verona che casualmente ci ha nutrito nel suo ristorantino tre volte su quattro.

Spalato (per far  felici sempre i croati Split).

Due ore e mezza e siamo giunti a Spalato grazie a Antonio Tours Pag descritto come pessima compagnia ma perfetto mezzo che ci ha condotti nella grande città, o anche in una Zara XXL. Se a Zara si legge ovunque Tornado 1965, a Spalato il marchio di fabbrica è la Torcida 1950, la tifoseria dei tifosi di casa.

Già nel 2014 ero stato in grado di riscontrare l’ossessione per la squadra della città, stavolta ne ho notato la forma quasi patologica che assume considerando il tempo trascorso e i riferimenti, in particolare murales, in giro per le strade.

A me Spalato era piaciuta a suo tempo e in questa circostanza mi è piaciuta ancor di più. Abbiamo soggiornato in una casa vera e propria, in una via a due passi dal centro storico, un lungomare molto bello e il suo splendido labirinto intorno al campanile di Diocleziano, in questi giorni teatro di concerti estivi.

Qui abbiamo iniziato a familiarizzare coni supermercati, fra cui Studenac e l’onnipresente Tommy, luogo in cui abbiamo preso l’unica versa sòla della vacanza, ossia una bottiglia di olio da mezzo litro pagato 67 kune, quasi 10 euro.

Il suo mercato della frutta e verdura, il parco Marjan, il porto, le mega-barche, il movimento e la movida, così come le numerose spiagge: siamo stati conquistati giorno dopo giorno.

Cara sicuramente, posti economici introvabili, tutto costa come in Italia se non di più, ma è un luogo che rimane da visitare ed apprezzare.

Bacvice, Firule, Jezinac e Lubinski sono state le nostre spiagge, diverse fra loro e lontane da quelle a cui siamo abituati ma tutto è sempre valso la pena, soprattutto la camminata nel parco immenso, dejà vù della mia visita del 2014.

Ragusa (per far felici sempre e comunque i croati, detta anche Dubrovnik)

Croatia bus è la compagnia che ci ha portati oltre la Dalmazia, giù fino a Dubrovnik con tanto di doppia frontiera bosniaca da attraversare in una domenica estiva.

Risultato? Quasi sei ore di viaggio e duplice controllo con tutti i passeggeri del bus in fila a mostrare il passaporto.

E mentre imprecavo per chi avesse ridisegnato i confini della ex-Jugoslavia lasciando questi 22 km di costa e sbocco sul mare ai bosniaci, sono finito per scoprire la storia del ponte di Sabbioncello proprio dopo averlo superato, la grande costruzione che permetterà ai croati – e non solo – di aggirare questa frontiera e di arrivare a Ragusa restando sempre in Croazia.

Opera enorme, all’85% finanziata dalla UE con i cinesi a costruire: una storia che ha creato inevitabilmente malumore nei bosniaci segnando una interessante storia di geo-politica dei tempi nostri.

Del viaggio non si può non annotare il momento in cui l’autista, mentre avevamo da poco superato Fort’Opus e costeggiavamo la Neretva, si è acceso una bella sigaretta e ha fumato tranquillo e indisturbato. Visto il tipo, giustamente nessuno ha pensato di proferire parola, anche perché gli slavi è sempre bene lasciarli stare, soprattutto a casa loro.

A Dubrovnik siamo stati accolti da uno splendido monolocale affacciato sul porto, a 25 minuti a piedi dalla città vecchia ma con una vista meravigliosa. Qui siamo stati nella peggiore spiaggia ma anche in quella migliore, ossia il pezzetto davanti il Ponat Beach Bar.

Ragusa si differenzia dalle altre perché ha nel suo saliscendi una caratteristica molto netta, mentre il labirinto di stradine nella città vecchia è più facile da interpretare che nelle due precedenti. Abbiamo visitato l’isola di Lokrum, selvaggia e non abitata se non dai suoi pavoni (di conigli nemmeno l’ombra) una riserva naturale con scorci di mare incantevole, prima di ammirare il centro storico di giorno e poi di notte, provando nella terza città i tipici cevapcici (per la cronaca, hanno vinto quelli di Zara fatti da un italiano).

Bella, cara e sassosa dicevo all’inizio, ma per tanti motivi mi è sembrato il miglior posto dove andare e fatico a ricredermi sulla scelta.

Hvala!