Estate 2020

Il giorno del mio onomastico, la fine dell’estate e l’autunno che entra con la pioggia di questa notte, la partenza del campionato e i lavori appena iniziati che hanno il sapore dell’esproprio da parte del Comune sotto casa. E poi il referendum, quello in cui chi vota NO afferma che vuole sentirsi rappresentato in Parlamento dagli stessi politici di cui si lamenta, colpevoli infatti di pensare solo ai propri interessi e non a quelli dei cittadini.

Valeva la pena aprire il file Word e scrivere due cose, tornare ad aggiornare dopo una estate passata in silenzio. Una estate che lascia il passo e sarà ricordata come la prima post-lockdown, ma anche quella del licenziamento in tronco un giovedì pomeriggio di fine giugno.

La gioia della vendetta personale per qualcuno, la tristezza ancora addosso di chi ha sempre detto che era un bersaglio di due persone altamente incompetenti. Settimane a ripercorrere alcuni momenti e a leggere solo conferme, a toccare con mano la miseria umana di mezzi-capi bravi a riempirsi la bocca con principi di umanità e comprensione e poi perfetti nello sparare a morte senza fronzoli, per sadico piacere, per marcare la mano e vivere l’ebbrezza del potere, decision-maker de’noantri.

È finita così, male, ma è finita, e con il tempo ho assaporato il piacere di non dovermi più interfacciarmi con certa teppaglia, spazzatura lavorativa avvolta da pellicole di finto buonismo, veri rifiuti tossici che appena sono spariti mi hanno permesso di depurarmi l’anima, evidentemente sporcata molto più di quanto pensassi.

Estate di ricerca quindi, ma andare a trovare lavoro d’estate, durante una pandemia, in un ambito fra i più poveri e in decadimento da anni, resta una impresa da non augurare a nessuno ma che mi sono dovuto accollare sulle spalle, fra caldo, noia, zanzare e conti da tenere sott’occhio, ancor più del solito.

Avevo cambiato casa e dopo nemmeno 56 giorni l’ironia della sorte ha fatto saltare ogni piano. Non so come andrà finire onestamente, temo in modo stanco e lento, a ribasso, fra svogliatezza e il dovere di accettare qualche offertuccia barcollante, per spirito di sopravvivenza, per il conto corrente.

Di certo, mi auguro che chi si è divertito a fine giugno presto possa avere delusione, dolore e amaro in bocca, tipo quello vissuto alla fine di Inter-Siviglia, che è stato tantissimo, perché di una serata spensierata e di gioia, più ce ne è bisogno e meno capita.

Estate 2020.

Quasi nel 2020 eppure…

Siamo quasi nel 2020, eppure vanno in scena ancora situazioni che mi lasciano interdetto.

Quasi nel 2020 e ancora le persone si esaltano per manifestazioni contro. Noi che siamo il paese dell’anti stiamo vivendo giornate di ribellione popolare politica.

Bello lo slogan, questo sì, bella l’idea di usare lega come verbo riferendosi al partito, in senso ovviamente contrario. Preso di mira il cattivo di turno, ribadito al mondo intero, ossia il nostro quartiere italico al massimo, che non si è con quello lì, ci si sente più a posto con la coscienza e via.

Quasi nel 2020 e una coppia di giovani trentenni o giù di lì, che sabato da Euronic si interrogavano del perché ora vanno di moda queste bottiglie di metallo per bere, fashion, trendy, colorate e costose. “Che poi la plastica si ricicla” asseriva lui, “Ma infatti io mo’ non capisco che gli è preso alla gente tutto insieme” aggiungeva lei, con curiosa e beata sorpresa, in un crescendo di insensibilità come se tutto fosse una splendida trovata commerciale di fine decade.

Quasi nel 2020 e la gente ancora paga abbonamenti per vedere campionati sempre uguali. Fotocopie di stagioni in cui l’esito è sempre uguale. Migliaia di clienti che minacciano disdette a raffiche per un commento fuori posto e poi sono sempre lì con il telecomando in mano a vedere lo stesso film.

Quasi nel 2020 e chissà se questa volta la stampa sportiva avrà la forza di ribaltare un concetto. Chissà se a maggio quando la Juventus vincerà l’ennesimo scudetto sapranno dire: “La famosa e impeccabile dirigenza bianconera, sempre capace e strepitosa nel pianificare ogni mossa, stavolta ha sbagliato tutto. I due esuberi che hanno cercato di cedere in ogni modo in estate si sono rivelati semplicemente determinanti nella conquista del nuovo titolo”. Ma anche se saremo nel 2020 in quel caso, sarà bene non attaccare il potere.

Quasi nel 2020 e ci siamo sempre più americanizzati anche su un aspetto natalizio: addobbare tutto prima che finisca novembre. Eresia nel passato, normalità oggi. Quasi nel 2020 e ancora si producono e vendono prodotti al “gusto pizza”. Facevo la spesa stamattina e mi sono ritrovato davanti ad uno scaffale di grissini in offerta al gusto pizza. La speranza è che siano lì, perché la gente non ha più il coraggio di essere complice del gusto più insensato che ci sia.

Sarebbe un passo avanti almeno questo, quando mancano 36 giorni al 2020 e Venezia, intanto, affonda.