Genova per me

“Ma quella faccia un po’ così, quell’espressione un po’ così, che abbiamo noi mentre guardiamo Genova”… cantava così Paolo Conte in una sua celebre canzone, parlava di Genova in questo modo e raccontava di una città che oggi drammaticamente è tornata attuale per le esondazioni, per la distruzione ed anche per le vittime.

Genova per quanto mi riguarda è la mia seconda città. Sono nato e cresciuto a Roma ma mia madre, mio zio, mia nonna, tutta la parte materna della mia famiglia è di Genova e inevitabilmente sono molto legato a questa città.

Per me è il posto dell’infanzia, il luogo in cui andavo con mia nonna d’estate e dove rimanevo per settimane ospite dai parenti.

Ho tanti ricordi che mi riportano a Genova: i pomeriggi trascorsi a giocare in Villa Rossi, i viaggi in autobus con mia nonna la mattina per andare al mare e quelli con mio zio in scooter per andare ad Arenzano, così come il sapore unico della focaccia, quella di Voltri comprata da Priano.

È nitido nella mia mente il ricordo della passeggiate verso il porto, o quelle in Via XX settembre, ma anche il momento in cui arrivavamo alla stazione di Principe e mia zia ci aspettava con la sua Uno grigio scuro che aveva all’interno un adesivo della Fossa dei Grifoni del Genoa attaccato da mio cugino.

Mi piace Genova ma forse è la logica conseguenza di chi ha dentro di sé una città per motivi intimi e personali. Molte persone che l’hanno vista da forestieri mi dicono che non ne hanno avuto una grande impressione, lo stesso discorso l’ho sentito tante volte anche riguardo le persone, sui genovesi.

Sono di parte, ma sono consapevole che io sono semplicemente come loro, persone caratterizzate da quell’indifferenza e chiusura iniziale, da un’ironia particolare e da quel modo di vivere che a volte sfiora il nostalgico come gran parte della gente del nord che vive in riva al mare.

Vedere questa città trafitta al suo interno, massacrata da una bomba infinita di acqua è tuttora crudele, negli ultimi giorni il mio pensiero è stato lì, idealmente vicino ai miei parenti e a tutta quella gente che sta soffrendo e che mi sembra sempre così vicina.

Non mi interessa troppo ora puntare il dito contro qualcuno: sindaco, amministrazione comunale, governo, fatalità, so soltanto che qualcosa in più si poteva fare, ed evitare un’altra strage come quella di quaranta anni fa era più che fattibile.

Il qualunquismo mi porterebbe a dire che in Italia va così, prima si contano i morti e poi si corre ai ripari, in fondo è vero, però ieri pomeriggio il mio sguardo si è soffermato sulla gente di Genova, tutti insieme per le strade a lavorare.

Stivali e cappotti, uno vicino all’altro a spalare fango e a raccogliere macerie, con disperazione ma molta dignità e soprattutto con una straordinaria forza di volontà.

Ho visto queste immagini e sono stato orgoglioso, fiero di sapere che nelle mie vene scorre un po’ di sangue di quella gente lì.