Associazioni mentali per i compleanni

Sarà una cosa da persone fuori di testa, forse sì, non lo nego, però ho voluto fare questo gioco, questo elenco, e partendo dal 1995 ho messo vicino ad ogni compleanno ciò che mi ricordo, delle istantanee, delle associazioni mentali immediate riguardo ad ogni festa. Vi garantisco che non ho cercato nulla e non ho usato nessun ausilio, ne foto e nemmeno post vecchi. Passano gli anni ma ancora ho una grande memoria, sintomo che il rincoglionimento non è ancora giunto. Meno male.

 

1995 – Neve, Sappada, la febbre all’inizio della settimana bianca, gli amici di famiglia, l’arrivo il 4 marzo, il brodo a pranzo, i parastinchi della Umbro di Alan Shearer.

1996 – Gran Canaria, tavolata da tredici, una macchina della Burrago e il completino del Real Madrid con il 10 di Laudrup pagato 67000 Lire da mia nonna. Gran Canaria ma anche gran festa.

1997 – Gli auguri via radio su Subasio, Auguropoli, un super gol di Batistuta a Oporto contro il Benfica in Coppa Coppe, l’apparecchio per i denti.

1998 – Il concerto delle Spice Girls al PalaEur, la fila e l’attesa. Un pezzo di storia a cui ho assistito. Il completino blu della Robe di Kappa, la tuta gialla con le righe blu dell’Adidas, il completo di Euro ‘96 della Nazionale, le scarpe della Reebok.

1999 – La tuta della Nazionale, l’agriturismo “I Nobili”, il cavallo, il mago, la stanchezza del pomeriggio prima.

2000 – Non ricordo niente. Non so perché.

2001 – La felpa della Pickwick, cena, Liliana, i compiti.

2002 – Il bowling, gli amici, il pomeriggio. Simone in ritardo lasciato a L.go Beltramelli. L’orologio arancione della Swatch.

2003 – Il compleanno a casa con gli amici di famiglia, Lori, NBA Live 2003 come regalo oltre a quei fantastici pantaloncini dell’Adidas che uso ancora.

2004 – Cena con i compagni di classe, pizzeria, Andrea in giacca, io lanciato in aria tipo Lino Banfi nel film “L’allenatore nel pallone”. Lunedì sera.

2005 – I diciotto anni. Super festa, super cena, il catering, Adriano su rigore al 91’, giacca e cravatta, la torta con le candeline nerazzurre, i profitterol, gli occhiali della Nike, la macchina fotografica, l’orologio della Kienzle, Elisa, il posto a capo tavola.

2006 – La festa a sorpresa, gli amici di scuola, un sacco di brividi, ma tanti tanti. Falcone con la tuta della Roma, sul motorino con Gianmarco, la partita del torneo scolastico il pomeriggio, Mimmo che mi fa gli auguri con il megafono a Piazza Bologna, la maglia della Ternana di Simone, Milena e l’Aulin, Alessandro e la sua recita.

2007 – Champions League, Andrea, Michele, Valencia, la maglia nera, riga da una parte, 0-0, pugni, Burdisso, rissa, amarezza.

2008 – Antonio, autobus, sottopasso, felpa rossa della Marlboro, cena a casa con i parenti.

2009 – Habituè, Fermata, 120 euro di conto, “La festa è mia e pago io per tutti”, il karaoke, “Che tesoro che sei”, la Bionda, il Genovese, lo squillo, il gilet di David, la pizza a casa mia, l’asciugamano della Lamborghini, lezione di Storia della Gran Bretagna con Romano dalle 16 alle 18.

2010 – Non mi ricordo e non so perché, eppure era l’Annus Mirabilis, forse ero troppo concentrato sul ritorno di Stamford Bridge del 16 marzo.

2011 – Gabriele, Angeletti Supremacy, Avalon, domenica, pranzo a casa con i parenti in veranda, tanto sole. Rimonta sul Genoa, super Eto’o.

2012 – San Pietro, Burger King, l’India, Papà, il piumino, tempo variabile, la pizza, il Casale.

2013 – Dublino, Cristina, Giulia, Franca, il parmigiano reggiano, cena a 4, malinconia, gli auguri di Alfredo, pasta al sugo, io che lavo i piatti, Cristina che sacrifica la sua candela per farmi soffiare su qualcosa…

2014 – Corsa, cinema, Mamma e Papà, la Wiener Schnitzel, gli auguri con Whatsapp.

 

Ventisette

E allora sono ventisette. Ventisette, quella età famosa per i geni della musica che per mille coincidenze sono morti tutti a questo punto, ma io non sono ne un cantante e nemmeno un genio, e quindi, possiamo stare sereni.

Ci pensavo molti anni fa a questo “traguardo”, quando facevo la maturità e mi ripetevo: “Chissà come sarò non durante il prossimo mondiale a 23 anni ma a quello dopo ancora a 27”. Eccoci, allora, siamo arrivati anche qua, e sono molto simile a quei tempi, almeno, questo è quello che dicono gli altri, questo è quello che capita quando conti gli anni in base ai Mondiali.

La Grande Bellezza sta proprio qui forse, nel resistere al frastuono, nel non farsi abbindolare e nel mantenere quell’insano equilibrio del realista svezzato. Ventisette e dopo ventotto, corre via il calendario più rapido di qualsiasi cambiamento, suda poca vita ora e rincorre le prossime mete, quella dei 30, a occhio e croce, è la più vicina. È passato tanto tempo da quando facevo i 200 metri stile libero dentro la pancia di mia madre, due decenni cavalcati e quel senso di essere comunque un figlio degli anni Novanta più che della decade post Millennium Bug.

Sei marzo, quindici giorni a primavera, con Villa Borghese che sta sempre lì e non vede l’ora di sbocciare e di mettersi il vestito migliore per la sua stagione preferita, a fare da giardino a una città che ha appena vinto un Oscar ma che spesso non si ricorda del suo verde e si lascia trascinare dalla sua indole bugiarda, sporca e maledettamente affascinante.

Ventisette dicevo, tanti, pochi, giusti, questo lo devi sapere tu, quindi io, mentre mi ricordo le tue ballerine completamente impolverate dopo la serata al tendone, in mezzo alla sabbia, dietro casa, in mezzo ad un teenager party nell’ultima notte di un sabato di agosto. Scrivi ed irrompe casualmente Venditti con “Nata sotto il segno dei pesci”, stai fermo ad ascoltare quella poesia che ti ricorda il lato zodiacale e il tuo compleanno, tanto poi, per tutto il resto, c’è sempre tempo. Pare.

Lo scorso anno ero fuori e ricevevo auguri dall’Italia, quest’anno sono a Roma e mi arrivano messaggi dall’Europa. Il mondo caracolla e non c’è nulla da fare se non sperare di essere sufficientemente fortunato nel vivere altri ventisette anni così.

 

Ed il rock passava lento sulle nostre discussioni,

18 anni son pochi, per promettersi il futuro…

Anni

Eppure io sono convinto che in fondo sia così. Convinto che veramente esistano annate buone e annate meno positive ma soprattutto che il corso di un anno si possa capire e odorare fin dall’inizio, dal modo in cui si presenta, da come inizia. Forse sarà come dicono i vecchi e i saggi che il buongiorno si vede dal mattino, forse sì, di certo credo più a queste cose che al Karma o al modo in cui uno si pone, quelli che ti raccontano che in realtà tutto dipende dalla maniera in cui ti approcci. Chiacchiere. Penso effettivamente che certe storie, e ogni anno è una storia, si capiscano rapidamente, senza fretta, per carità, ma con un po’ di intuito ci si può arrivare.

Pensavo a questo e mi rendevo conto di come il 2010 fu un grande anno, ma il punto è che lo capii subito. Già il giorno dell’Epifania eravamo a casa di Teoria e quello per noi era un brivido, semplicemente perché dodici mesi prima eravamo da poco tornati da Venezia e avremmo letteralmente esultato increduli se ci avessero prospettato tale situazione 365 giorni più tardi. Quell’episodio, apparentemente irrilevante, aveva un suo profondo senso, nascondeva l’essenza di quell’anno, di ciò che non ti aspetti ma soprattutto della consapevolezza che alle fine le cose sarebbero andate bene, anzi, molto più che bene. Quella sera la passammo a parlare di Istanbul, di Costantinopoli e Bisanzio, dovevamo andare là, questo lo avevamo deciso io e David. Finimmo invece ad Atene nella famosa e misteriosa bolgia del Pireo, il primo viaggio internazionale insieme, il modo migliore per iniziare l’anno, magari dopo aver superato l’esame di Storia con una lode e di ripartire verso la magistrale con lo stesso piglio. Si era capito che sarebbe andata bene, lo capisci quando ti rammarichi un po’ che perderai Parma – Inter essendo a passeggio sotto l’Acropoli con 20 gradi ed il giacchetto in mano, ma in quel momento ti avvertono da Roma che la partita è stata rinviata per neve e non perderai nulla, ti ha detto bene. Appunto. Piccoli dettagli, passaggi magari stupidi ma elementi che ti fanno capire come tirerà il vento.

L’anno iniziò così, e io fui costretto a smentire le mie previsioni, fui spazzato via dallo tsunami di brividi di quell’ annus mirabilis, ma dentro di me avevo capito quasi subito che sarebbe andata diversamente, magicamente. Il resto poi è storia che ben sapete, anzi, Leggenda che conoscete per filo e per segno.

Pensavo a questo e capivo che di fondo il 2014 l’ho già sgamato. Strano il filo della vita, perché mentre tornavo da Istanbul, città che evidentemente ritorna sempre a gennaio, avevo 49 di febbre e avevo già intuito che l’inizio di questo anno era stato tutt’altro che incoraggiante.

Il trailer di gennaio è stato raccapricciante, il proseguo altrettanto avaro di ogni cosa degna di nota. Sono passati 4 anni e sembra una vita, ma ci sono giornate in cui mi intristisco talmente tanto ripensando a certe cose che tornerei quasi a giugno 2011. Giornate in cui a me dell’essere ottimista o pessimista non me ne frega nulla, momenti in cui la sensazione che sia tutto abbastanza scritto è veramente forte e che il copione di questo 2014 sia facile da intuire e fastidioso da vivere.  

 

 

“Guardando indietro, si scopre che degli anni si sono decisi in pochi minuti”.  

Jean Josipovici,  Citera, 1989