Sofia – “Me so’ scaricato 3-4 cose sur tabblet…me butto llà”

Lunedì è stato il turno dei luoghi di culto e dopo la sinagoga ci siamo ritrovati casualmente in un grande e ricco mercato ortofrutticolo, molto caratteristico e abbastanza bulgaro. Proprio qui, mentre passeggiavamo dopo pranzo, con il Gallo intento ad addentare una ciambella appena comprata, vedo il ragazzo incontrato all’aeroporto. Esattamente lui. Simone da Morena, operaio al Messaggero, 32 anni e a Sofia per motivi poco chiari visto che la spiegazione conteneva troppi “amici de’ amici” per capire tutto fino in fondo. Abbandonato a se stesso e con una lunga giornata davanti, siamo rimasti insieme per un giro che ci ha condotto in una chiesa e poi alla moschea. Prima però, il nostro personaggio, ha sciorinato qualche magistrale perla tipo “A casa c’ho ‘na cammera de 40 mq”, “Ieri so annato con ‘na pischella, 26 anni ‘na teppista, co ‘n macchinone”, “So venuto qui a Sofia alla ribalta, senza albergo. Sto in centro, pago 35 euro a notte, è ‘n 4 stelle ma fa schifo”.

Il nostro nuovo amico pur di stare con noi è tornato al Museo Archeologico adiacente ad una fontana tricolore dai superbi giochi d’acqua difronte alla quale la notte prima avevamo intonato tutto l’Inno di Mameli. Abbandonato il museo abbiamo tentato di visitare la galleria d’arte internazionale che però è ancora chiusa per dei lavori di ristrutturazione. Qui con il Gallo abbiamo deciso di prendere le distanze dal nostro amico che nel frattempo ci aveva regalato altre perle, tipo il racconto di una trasferta ad Amsterdam per Ajax-Roma e la frase delle frasi “Ma che ne so, nun c’ho capito ‘n cazzo, poi stavo pure bello attufato…” in relazione alla visita effettuata presso il parco naturale di Vitosha. Quando ci siamo sganciati, io e David abbiamo ripreso colore e vigore, abbiamo riacquisito energie, siamo tornati ad accendere il rullo delle cazzate elaborando una teoria. Avere al nostro fianco il simpatico Simone ci aveva comunque bloccati, e considerando un po’ di sonno arretrato stavamo per abbioccarci, le cazzate dette e ripetute hanno avuto il potere terapeutico di alimentarci, di tenerci pimpanti. Senza questi elementi, stavamo per stramazzare.

Riacquistata la nostra “libertà” è ripartito il valzer e abbiamo riscoperto forze impensabili. Abbiamo così aggirato lo stadio e puntato verso l’hotel, tornando in centro per l’ultimo assalto al ristorante Happy, anche se per l’ultima occasione abbiamo sperimentato quello di Rakovski, curiosi di vedere se il livello delle cameriere fosse sempre alto. Dopo aver incontrato un ragazzo di Cracovia che proveniva da Istanbul (quanti ricordi in questo abbinamento di città evidentemente non casuale…) ci siamo seduti nel nostro caro ristorante. Io sono stato ammaliato dalla cameriera bionda che mi ricordava Elena della 3A e che avevo mostrato al Gallo poco prima (altra folle coincidenza), mente il Velocipede di Fiuggi veniva quasi richiamato all’ordine per essersi incantato su una cameriera mora.

Il flusso ininterrotto di cazzate è proseguito, anzi, ha aumentato la sua portata, abbiamo deragliato ripetutamente, dicendo qualunque cosa possibile, soprattutto mentre tornavamo in albergo per ritirare i bagagli e avventurarci nella notte “a zonzo”. Oltre ad Alfredo dal Brasile abbiamo immaginato i nostri genitori riuniti per vederci in diretta e soprattutto attoniti dinnanzi a tante volgarità, oltre ad un commento in contemporanea della Gialappa’s in una specie di “Mai dire Sofia”.

Il nostro riparo è stato un locale su una stradina di Rakovski, un Mojito e una birra prima di una mia frase che scritta qua avrebbe poco senso e non renderebbe. Tuttavia, davanti ai vari bicchieri che si ammucchiavano sul nostro tavolo, ho voluto raccontare la mia verità su Francesca in quel famoso periodo del 2009 culminato con la mia laurea triennale. Alle 2 ha chiuso il locale, ultimo giro e poi via verso l’aeroporto, con il timore di beccare Simone da Morena, al quale avremmo fatto compagnia ma che in compenso ci avrebbe nuovamente limitato e portato forse ad un sonno profondo spegnendo il tasto delle puttanate. Sulle scale davanti il controllo il Gallo è entrato in loop con “Ma nun c’ho capito ‘n cazzo, stavo pure bello attufato” e io mi contorcevo dal ridere mentre passeggeri bulgari in attesa ci guardavano basiti. Il nostro eroe che ci ha detto di aver “fatto le buche” per quanto tempo aveva passato in aeroporto, ci ha tenuto anche i posti vicini a lui sull’aereo creando in noi un senso di colpa per non averlo raggiunto al gate subito e per non avergli fatto compagnia. Prima del decollo ha dispensato qualche altro colpo da maestro come ad esempio “Speriamo che non caghi ‘sto ragazzino, altrimenti è ‘na situazione aberrante” riferendosi a un neonato che strillava dalle retrovie. Wizz Air puntuale ancora e arrivo a Fiumicino in anticipo, poi Terravision fino a Termini e metro prima dei saluti con il mio fido compagno.

Sofia è già nell’archivio dei ricordi, un viaggio di autentico divertimento, dove la sintonia e la perfetta intesa hanno fatto la differenza, così come l’aver sdoganato tutto. Peccato da una parte non aver potuto raccontare ogni dettaglio, il meglio e le situazioni più divertenti rimangono fuori da queste pagine come è giusto che sia, l’importante è che resistano in noi.

È stato straordinario, vale la pena aspettare tanto tempo per ridere in questo modo, adesso la speranza più grande è che la prossima tappa non debba essere così distante nel calendario.

Frase del viaggio

“Adesso ‘na bella (censura), ‘na bella doccia…’na bella (censura) e siamo pronti a ripartire!”

(Davide – Firenze, marzo 2004)

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Sofia – “Mo se prennemo n’artro paio de Mojit…TIEEEEEEEEE! A Catto!”

L’aver sdoganato tutta una serie di cose ha permesso a Sofia di diventare il viaggio dei record. La sensazione che il primato delle cazzate potesse essere raggiunto comodamente per me era evidente e lampante, mentre David ha aspettato qualche altra ora per condividere il mio pensiero.

Dopo aver visitato Sveta Petka Samardžijska, ammirando da vicino un battesimo di rito bizantino, il segno della croce al contrario e l’adorazione delle icone raffiguranti i vari santi, ci siamo diretti verso la Rotunda di San Giorgio eretta fra il II e III secolo ed “appizzata” (come ha detto qualcuno) fra gli edifici presidenziali di Sofia e circondata da alcuni resti della città romana. Mentre il Gallo decideva a suo rischio e pericolo di intralciare la marcia dei militari bulgari abbiamo proseguito verso Alexandar Nevskj. Innalzata in stile neo-bizantino a partire dal 1904 per commemorare la liberazione russa dai turchi è il simbolo di Sofia ma soprattutto il secondo tempio ortodosso più grande dopo San Sava a Belgrado visitata proprio un mese fa. A due passi da questo enorme edificio siamo rimasti un po’ delusi dalla chiesa di Santa Sofia, luogo che ha dato successivamente il nome alla città. Abbiamo ripreso il viale principale, siamo ripassati davanti alla chiesa russa, più bella fuori che dentro, al National Theatre e poi attraverso la piazza davanti l’università che rende omaggio ai militari bulgari. A quel punto abbiamo puntato dritto verso il Museo storico di Sofia, molto lontano dal centro, ai piedi di Vitosha, il monte più rappresentativo della zona. Abbiamo mangiato in un autogrill con patatine, yogurt, frutta secca, acqua e birra fruttata, prima di visitare un posto che onestamente non ci ha esaltato. Poco dopo, all’uscita, venivo a conoscenza della disgrazia che si stava abbattendo su San Siro e tra lo sconcerto più totale ho pensato veramente che essere a Sofia, ma anche a Timbuctù, fosse meglio che essere sintonizzati su Sky Calcio canale 251.

Nei vari spostamenti, nelle infinite e continue camminate, le nostre cazzate sono state intervallate dalla musica, dal juke-box umano. Abbiamo cantato ogni cosa, un repertorio vasto, a volte ripetuto ma sempre condiviso. Vasco Rossi, Ligabue, Jovanotti, Ramazzotti, Venditti, Tiziano Ferro, Francesco Renga, ma anche sigle storiche di programmi televisivi e l’immancabile canzone di “Ci vediamo in Tv” di Paolo Limiti, tutte ovviamente reinterpretate. Abbiamo cantato più del solito, in mezzo alla strada, sotto la metro, fregandocene degli altri passanti e dando sfogo alla nostra vena canterina.

Quando la musica si fermava, subentravano personaggi come Maurizio Mosca, Pierluigi Pardo, Genny Savastano, il Maestro Donato Inglese e il suo “Indunesià a da accattà i jucatur, quelli buuni”. Intrusioni continue e tormentoni, cazzate a dismisura spesso legate da un filo conduttore. Zero regole, nessun filtro e tutto concesso. Dalla nostra bocca è venuto fuori il mondo. La modalità “briglia sciolta” è stata accesa subito ed entrambi ce ne siamo serviti.

Quanto alla seconda sera, quella di domenica, siamo tornati ancora da Happy e ci siamo accomodati in una posizione più defilata rispetto a 24 ore prima incontrando cameriere meno appariscenti. Tra pollo e fettine di maiale, avevamo già in testa l’obiettivo del post-cena mentre pasteggiavamo stabilendo budget e piano d’azione. Una bella birra e poi via… (terza censura).

(CONTINUA)

Sofia – “Ma nun c’ho capito ‘n cazzo, stavo pure bello attufato…”

PREMESSA

“Mai schiavi della meta, sempre del fomento”. Questo è stato lo slogan coniato quando abbiamo comprato il biglietto per Sofia mollando definitivamente Lisbona. Nella sua apparente banalità, questo motto racchiude invece la ragione per cui il viaggio appena concluso in Bulgaria rimarrà tra i più belli di sempre e di certo quello più divertente che abbiamo condiviso io e David.

Onestamente non volevo scrivere nessun post su Sofia, una scelta magari impopolare considerando i precedenti, il problema è che non so veramente da dove iniziare ma soprattutto ho la totale consapevolezza che non potrò riuscire a trasmettere nemmeno il 10% del divertimento assaporato. Scrivere per fare un resoconto è una cosa, provare a raccontare e spiegare sensazioni, risate e momenti è ben altro discorso. Troppe cose devo censurare, troppe battute non possono essere trascritte per svariate ragioni e troppi tagli tolgono linfa e interesse al post, alla fine però, mi sono convinto nel buttare giù un po’ di righe, più per tradizione che per centrare l’obiettivo.

Partire con due ore di sonno sulle spalle dopo aver puntato la sveglia alle 4 non è il massimo, però quando c’è un pre-partita del genere non si può sprecare l’occasione e allora venerdì sera dopo aver comprato i biglietti per il treno per Fiumicino ci siamo scolati un paio di bicchieri e boccali di Tinto de Verano tanto per entrare in clima e chiudere gli occhi alle 2. Volo ottimo, Wizz Air puntuale e lodevole anche se i posti a sedere sull’aereo sono forse i più scomodi sui quali io abbia mia poggiato le sacre terga. Mentre ricevevamo chiamate anonime alle 6.30 e ipotizzavamo le peggiori ipotesi (splendida quella del Gallo sulla Wizz Air stessa) ci siamo imbattuti nel George Clooney di Fiumicino, nella commessa di Sora, nella non colazione consumata sempre per colpa della commessa di Sora e poi in una serie di individui che volevano partire con la mail della compagnia e senza carta d’imbarco, oltre a quelli che volevano aggirare l’imbarco stesso da una porta sul retro.

Giunti a Sofia, nel tetro e vuoto aeroporto, ci siamo indirizzati verso la fermata del bus 84, quello diretto verso il centro città e qui (badate bene a questo passaggio) un tizio in pantaloni corti e felpa grigia, nonostante i 10 gradi, ci ha chiesto se eravamo italiani, qualche informazione e poi è sparito per andare a cambiare i soldi. Questo personaggio, sulla trentina e dallo spiccato accento romanesco, aveva l’aria di chi era stato svegliato nel cuore della notte per andare a sua insaputa in Bulgaria e sarà l’idolo del viaggio.

L’hotel è stato raggiunto facilmente, con un cielo grigio e un clima dublinese, grazie anche alle indicazioni di un bulgara che viveva in Irlanda, i casi della vita. Periferico ma non troppo, a sud della città, nel quartiere Lozenetz e a due passi dal centro commerciale nel quale abbiamo pranzato: il Gallo da Subway con un panino lungo come uno sci e io da KFC essendo un vero ultrà del fast food in questione. Fin da subito però ci siamo chiusi nel primo tormentone, immaginavamo infatti Alfredo sul divano di casa sua intento a seguire in diretta ogni nostro passo, in una specie di super Grande Fratello. Per questo motivo, il nome più ricorrente nel viaggio è stato quello di Fabi che nella nostra pazzia veniva chiamata in continuazione da Alfredo per mostrarle le nostre gesta. Il secondo tormentone è stato invece una frase del Di Renzi, un mio amico di scuola che nel marzo del 2004, in attesa nella hall di un hotel di Firenze, riferendosi al suo compagno Mattia disse un’espressione fantastica ma che non posso trascrivere (prima censura).

Un altro tormentone, altrettanto immediato è stato quello relativo alla fermata della metro di Serdika, la piazza principale della città. Ogni volta che veniva pronunciato il nome dall’altoparlante partiva immediatamente un “Serdika tu eri l’unica, ma soprattutto nelle ore di ginnastica…” citando la canzone dei Perturbazione allo scorso Sanremo. Tuttavia, dopo aver preso possesso della nostra camera d’albergo, la migliore in cui siamo stati insieme, ci siamo riposati ma senza dormire, ripartendo per nuove avventure intorno alla 17 per un giro di perlustrazione. Sofia non è una città meravigliosa e nemmeno stupefacente, è il classico post dell’Europa dell’Est, con scritte in cirillico senza traduzioni e quell’aria da città di una volta leggermente ammodernata ma fondamentalmente reduce da storie diverse e complesse, a tinte rosse e con un occhio verso Mosca. Non abbiamo trovato nulla di profondamente bulgaro, qualcosa di estremamente identificativo, ma nonostante tutto, alla fine, era un posto che bisognava visitare.

La cattedrale di Alexdander Nevsky è stato il primo posto in cui siamo finiti, prima di girare per Rakovski e Vitosha Boulevard la strada dei locali, una Grafton Street in salsa bulgara. Qui il Gallo ad esempio ha dato il via al primo dei racconti, alla prima confessione-verità, un altro tema ricorrente nel viaggio. Dopo averlo sollecitato sul giugno 2013 a Dublino, davanti a un Mojito pagato meno di 3.50 Euro, mi ha ricostruito la sua vicenda. A cena ci siamo ritrovato da Happy, catena seminata in diversi punti di Sofia. Ristorante carino, con ampia scelta, ottimi prezzi e cameriere di livello altissimo. Mentre il Catto era intento a vedere Arsenal – Tottenham venivamo per la prima volta censurati e irretiti da una coppietta che a detta del mio partner d’attacco parlava la lingua di Dante. Questo aspetto ha limitato il nostro lessico (o meglio, turpiloquio) che è stato protagonista del viaggio. Presumo che le volgarità, le sconcezze e le frasi scurrili che sono uscite dalle nostre bocche ci hanno procurato un posto fra le fiamme degli inferi in eterno. Questo però è stato un pretesto per delle risate leggendarie, battute inenarrabile, riferimenti che non posso veramente riportare (seconda censura).

Quello che in fondo abbiamo apprezzato è stato proprio questo, la “libertà d’espressione”, la possibilità di dire tutto quello che ti pare essendo altrove e senza il rischio di passare come sguaiato o maleducato. In un luogo poco turistico, con pochissimi italiani, ci siamo lasciati andare a considerazioni e frasi un tantino più pesanti del solito. Abbiamo sdoganato praticamente tutto, abbiamo aggiunto nuovi bersagli e ritirato fuori vecchi obiettivi, sono certo che nessuna persona a noi vicina non sia stata citata almeno due volte.

Un altro drink, un giro al centro e poi il ritorno in hotel per riprendere fiato, ma soprattutto per riposare dopo una giornata infinita, zero sonno e con una domenica bulgara pronta ad entrare nel vivo.

(CONTINUA)

Chiudete le valigie, si va a Sofia! (Con David Spera…eh, avessi detto)

Dovevamo andare a Istanbul e siamo finiti ad Atene, avevamo deciso per Lisbona e ci stiamo per imbarcare su un aereo con direzione Sofia. È destino che alla fine, io e il mio inseparabile David “Gallo” Spera ci ritroviamo altrove, in balia di eventi, tariffe matte e prenotazioni last minute.

Tre anni e mezzo dopo Stoccolma è arrivato il momento di ripartire per una tappa europea. Il fomentometro è già a livelli considerevoli, ci attende una città che qualcuno considera di seconda fascia ma molti ignorano che è la terza capitale più antica d’Europa dopo Roma e Atene, due città a noi non del tutto sconosciute.

Abbiamo passato mesi a fantasticare su Lisbona, sulle notti lusitane e la possibilità di inglobare nel giro anche Oporto, in realtà ci troveremo in Bulgaria, fra cirillico, cambi valuta e quel bizzarro senso esoterico. Penso che la destinazione in qualche modo ci appartenga, è un posto da non omologati, da gente che ama la scoperta e vive con un profondo e innato senso di curiosità. Entrambi siamo soddisfatti della scelta, anche più di Bratislava, candidatura che di fatto è rimasta in piedi ben poco, superata di slancio da Sofia e dai voli Wizz Air. Per la prima volta ci affidiamo a questa compagnia low-cost, mostro sacro dell’est Europa, un versante che mi riabbraccia dopo un mese circa dal tour dei Balcani.

Abbiamo sempre sperato di poter partire, e seppur la prima scelta è saltata ci siamo comunque adoperati per trovare qualcosa di affascinante facendo quadrare conti, date e impegni. Sono convinto che se avessimo fatto saltare tutto ce ne saremmo pentiti nel giro di poco tempo, l’esperienza ci ha insegnato che organizzare e partire con il passare degli anni è sempre meno facile, i tre viaggi in 15 mesi del periodo 2010-2011 lo testimoniano se paragonati alle difficoltà degli ultimi anni. Ci sarà da ridere e questo è indubbio, torneranno d’attualità tutta una serie di cose che ci hanno accompagnato nei giri precedenti: i versi, le cazzate, le imitazioni, il juke-box umano, i tormentoni, il Grande Fratello, gli insulti e le “volgarità gratuite”, confessioni e punti di vista, questioni e polemiche. Magari non troveremo nessun ciambellaro a chiederci se siamo argentini e non rischieremo l’ergastolo per aver urinato sul muro del Parlamento, però ci imbatteremo di certo in qualche nuovo personaggio in corso d’opera e arricchiremo il quaderno di bordo con degli episodi da ricordare. L’atmosfera mi pare adatta per un altro capitolo di brividi.

Ci sarà la notte a “zonzo”, quella finale, situazione che potrebbe rimanere impressa, ma prima c’è la “provaccia”, la sera prima trascorsa insieme per entrare in clima, un lunghissimo pre-partita che ci condurrà alla partenza, visto che il divertimento inizierà dalla vigilia (da ora praticamente) offrendo al Gallo un soft-drink (stavolta presumibilmente un Tinto de Verano) come prima di Venezia 2008.

Il mio compagno di viaggio non si discute, trovatelo uno come lui, vi sfido convinto che non ce ne siano all’altezza. Sempre presente, attivo, spalla perfetta, fucina di perle e di puttanate. Non saremo più quelli del “Triplete” ma in grandi occasioni possiamo ancora esaltarci mostruosamente. Comunque sia, fra un po’ spengo il computer e inizia ufficialmente il viaggio, dopo Venezia, Verona, Atene, Madrid, Stoccolma, Siena e Napoli tocca a Sofia.

Fra un po’ inizia lo show, con il Cauto in modalità “briglia sciolta” e allora:

CHIUDETE LE VALIGIE, SI VA A SOFIA!

“…Cerca quel brivido in più,

come lui non ce n’ è,

David Spera es mas grande que Pelé”