Sofia – “Mo se prennemo n’artro paio de Mojit…TIEEEEEEEEE! A Catto!”

L’aver sdoganato tutta una serie di cose ha permesso a Sofia di diventare il viaggio dei record. La sensazione che il primato delle cazzate potesse essere raggiunto comodamente per me era evidente e lampante, mentre David ha aspettato qualche altra ora per condividere il mio pensiero.

Dopo aver visitato Sveta Petka Samardžijska, ammirando da vicino un battesimo di rito bizantino, il segno della croce al contrario e l’adorazione delle icone raffiguranti i vari santi, ci siamo diretti verso la Rotunda di San Giorgio eretta fra il II e III secolo ed “appizzata” (come ha detto qualcuno) fra gli edifici presidenziali di Sofia e circondata da alcuni resti della città romana. Mentre il Gallo decideva a suo rischio e pericolo di intralciare la marcia dei militari bulgari abbiamo proseguito verso Alexandar Nevskj. Innalzata in stile neo-bizantino a partire dal 1904 per commemorare la liberazione russa dai turchi è il simbolo di Sofia ma soprattutto il secondo tempio ortodosso più grande dopo San Sava a Belgrado visitata proprio un mese fa. A due passi da questo enorme edificio siamo rimasti un po’ delusi dalla chiesa di Santa Sofia, luogo che ha dato successivamente il nome alla città. Abbiamo ripreso il viale principale, siamo ripassati davanti alla chiesa russa, più bella fuori che dentro, al National Theatre e poi attraverso la piazza davanti l’università che rende omaggio ai militari bulgari. A quel punto abbiamo puntato dritto verso il Museo storico di Sofia, molto lontano dal centro, ai piedi di Vitosha, il monte più rappresentativo della zona. Abbiamo mangiato in un autogrill con patatine, yogurt, frutta secca, acqua e birra fruttata, prima di visitare un posto che onestamente non ci ha esaltato. Poco dopo, all’uscita, venivo a conoscenza della disgrazia che si stava abbattendo su San Siro e tra lo sconcerto più totale ho pensato veramente che essere a Sofia, ma anche a Timbuctù, fosse meglio che essere sintonizzati su Sky Calcio canale 251.

Nei vari spostamenti, nelle infinite e continue camminate, le nostre cazzate sono state intervallate dalla musica, dal juke-box umano. Abbiamo cantato ogni cosa, un repertorio vasto, a volte ripetuto ma sempre condiviso. Vasco Rossi, Ligabue, Jovanotti, Ramazzotti, Venditti, Tiziano Ferro, Francesco Renga, ma anche sigle storiche di programmi televisivi e l’immancabile canzone di “Ci vediamo in Tv” di Paolo Limiti, tutte ovviamente reinterpretate. Abbiamo cantato più del solito, in mezzo alla strada, sotto la metro, fregandocene degli altri passanti e dando sfogo alla nostra vena canterina.

Quando la musica si fermava, subentravano personaggi come Maurizio Mosca, Pierluigi Pardo, Genny Savastano, il Maestro Donato Inglese e il suo “Indunesià a da accattà i jucatur, quelli buuni”. Intrusioni continue e tormentoni, cazzate a dismisura spesso legate da un filo conduttore. Zero regole, nessun filtro e tutto concesso. Dalla nostra bocca è venuto fuori il mondo. La modalità “briglia sciolta” è stata accesa subito ed entrambi ce ne siamo serviti.

Quanto alla seconda sera, quella di domenica, siamo tornati ancora da Happy e ci siamo accomodati in una posizione più defilata rispetto a 24 ore prima incontrando cameriere meno appariscenti. Tra pollo e fettine di maiale, avevamo già in testa l’obiettivo del post-cena mentre pasteggiavamo stabilendo budget e piano d’azione. Una bella birra e poi via… (terza censura).

(CONTINUA)

Sofia – “Mo se prennemo n’artro paio de Mojit…TIEEEEEEEEE! A Catto!”ultima modifica: 2014-10-02T15:40:53+02:00da matteociofi
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