Non al secondo anello verde

Ho sentito abbastanza e letto fin troppo di una storia chiara e con responsabilità evidenti, motivo per cui credo sia in fondo anche difficile ricamarci sopra.

Nella vicenda Icardi-Inter-Curva ci sono alcuni verità incontestabili come le seguenti ad esempio.

Punto uno

Come si può scrivere una biografia a 23 anni? È evidente che stiamo parlando di un qualcosa di fuori luogo per temi e contenuti. Può essere una scelta pubblicitaria o economica interessante, ma il personaggio in questione fa la figura dello sciocco, poiché chiunque si sarà domandato: “Ma cosa avrai già da raccontarci?”. Il capolavoro letterario è quindi oggettivamente insensato.

Punto due

La società ha notevoli responsabilità su questa vicenda. Non ha vigilato in modo adeguato. Se nessuno sapeva che Icardi era in procinto di rilasciare una propria autobiografia è colpa dell’Inter. Ultimamente si sono incontrati spesso considerando le trattative di rinnovo ma è evidente che l’opera non è mai stata menzionata. Un libro del genere per forza parlerà di Inter, società per la quale il giocatore è attualmente tesserato. Il club avrebbe dovuto controllare ma non è successo. Male, anzi malissimo. Se nessuno sapeva non è una valida giustificazione. È superficialità. Icardi rimane il colpevole principale, l’Inter segue a ruota. Ora non so se qualcuno abbia buttato un occhio su quella di Zanetti tre anni fa. Non lo so, è pur vero che sul capitano storico, conoscendo il livello morale della persona, magari la tentazione di non controllare nulla c’è stata.

Punto tre

Appurato tutto questo e additati i responsabili con le dovute colpe, subentra la Curva.

La Nord viene additata nel passaggio del libro contestato in modo chiaro. La ricostruzione non sembra perfetta ma in realtà è un dettaglio. Sì, perché in fondo ci interessa relativamente stabilire chi era stato più cattivo in quel pomeriggio di Reggio Emilia, se i tifosi o Icardi stesso. Resta un fatto, il contentino di dare la maglia a un bambino, in quel contesto specifico, profuma di paraculata ma la storia finisce con uno scontro verbale accesso. Bello, brutto, giusto o sbagliato, è un episodio. Un confronto. E potrebbe finire tranquillamente lì.

Il problema invece è quello che viene raccontato nelle righe successive alla descrizione del misfatto. Icardi, parlando a non si sa chi, dice di far recapitare agli esponenti della Curva un suo messaggio e minaccia gli ultras nerazzurri. Nella sua versione sono infatti colpevoli di aver tolto la maglia al bimbo, e dice loro che a lui non costa nulla far arrivare dei criminali dall’Argentina per ammazzarli tutti. Il paragrafo termina con Icardi stesso che ammette di aver detto frasi offensive e esagerate.

Il fatto, datato febbraio 2015, non passa inosservato dai tifosi più accesi e non mi sento di condannarli. Al di là della ricostruzione, che per la Curva oltretutto non corrisponde al reale ma tenta di mettere in cattiva luce i tifosi, il problema consiste nella rivelazione delle minacce. Chiunque si sentirebbe toccato, o almeno infastidito da certe frasi. Anche il signore del primo anello rosso avrebbe una minima reazione se Icardi arrivasse a dire (esempio fantasioso): “Quelli mi fischiano sempre, li faccio ammazzare”

Magari il signore la farebbe finire lì, iniziando a considerare il 9 argentino un personaggio discutibile. La Curva invece la pensa diversamente e risponde.

Nel primo comunicato, con toni decisi ma mai volgari (il “pagliaccio” alla fine non mi sembra da catalogare come un insulto così offensivo) si espone la versione dei fatti della Curva e si lancia un appello: togliere la fascia da capitano al centravanti. Punto.

La Curva ha tutto il diritto di replicare su una questione nella quale viene tirata in ballo e su questo non penso si possa discutere. L’indomani però, giorno della partita, Icardi viene bersagliato dalla Nord. Una reazione facile da immaginare, i toni si inaspriscono, nel frattempo la partita inizia in un clima che non è certamente il migliore. Prima della gara invece, Zanetti si esprime a nome della società e annuncia provvedimenti, ma non potrebbe fare diversamente. Avrebbe potuto aspettare? Sì, ma non mi sembra questo il problema. Zanetti, anticipando una punizione a Icardi, ammette di fatto la colpa della società e la mancanza del club. La domanda a questo punto è anche un’altra: tutto ciò succede solo perché la Curva chiamata in causa reagisce e porta all’attenzione popolare il problema? Probabile. Rimane il fatto che la Curva fa da megafono, ma di nuovo, il problema non è questo. L’aspetto principale è quanto sia inopportuno tutto quello che si riconduce a Icardi. La biografia, cosa racconta, il rivangare vecchi episodi aggiungendo dettagli che indubbiamente avrebbero comunque causato dei dissapori.

L’Inter intanto gioca una partita mediocre. Sufficiente nel primo tempo, inammissibile nella ripresa, soprattutto dopo il gol. Perde meritatamente per quello che ha fatto durante i 90 minuti, non per il clima che magari non ha aiutato ma che ha pure una percentuale bassissima nella figuraccia nerazzurra. Spostare l’attenzione sul contesto o additare qualcuno come colpevole dell’insuccesso casalingo significa non voler riconoscere i problemi e le difficoltà tecniche e tattiche di una squadra in totale confusione.

La polemica non finisce, Icardi che ha sbagliato anche un rigore (forse condizionato? I numeri dicono anche che ne ha sbagliati 3 negli ultimi 4, quindi forse non è proprio un rigorista infallibile) rimane sul banco degli imputati. Il lunedì in un faccia a faccia di 70 minuti con la dirigenza non gli viene tolta la fascia ma viene multato. In più, in occasione della ristampa si impegna a modificare o addirittura a togliere (non è ancora chiaro) le pagine incriminate. Una scelta all’italiana, così, inutile e insensata visto che la bomba ormai è scoppiata e di danni ne ha fatti fin troppi.

La Curva nel frattempo rimane della propria posizione e delegittima simbolicamente Icardi che non sarà più considerato il capitano. Fine della storia.

Ho letto molte critiche alla Curva, colpevole di aver creato un clima da “guerra civile” e di non aver supportato la squadra. Mi pare una considerazione non obiettiva. Dare la colpa alla Nord mi sembra sbagliato anche solo per un motivo.

San Siro nella sua lunga storia ha distrutto a livello mentale ed emotivo decine di giocatori con mugugni e fischi e sappiamo bene che chi si infastidisce al primo tocco sbagliato non è certo il ragazzo che sta in curva, ma qualcuno che si siede nei restanti tre quarti del Meazza. Ora, condannare la Curva come colpevole del mancato sostegno mi sembra assolutamente folle. Non esistono “tifosi più tifosi” degli altri, ma di certo delle 800 persone che erano a Praga tre settimane fa per vedere una figura vergognosa, molti erano della Curva e non del primo anello arancio o rosso, o quelli che stanno davanti alla tv sempre (e per scelta) e si permettono oggi di accusare la Nord.

L’estremo sostegno della Curva, così come le meravigliose coreografie sono da anni un vanto per tutti i tifosi interisti. La Curva è stata condannata in passato per tanti episodi scellerati che tutti ricordiamo, additarla ora, per un fatto del genere, dopo che un ragazzo racconta delle sue minacce verso certa gente, a me sembra ingiusto e anche inappropriato.

Non devo difendere nessuno, non mi va e non ho interessi. L’unico che ho è il bene dell’Inter. Icardi non mi fa impazzire, ne come giocatore e ancor meno come personaggio pubblico, il teatrino estivo per il rinnovo è stato rivoltante ma nessuno gliel’ha fatto pesare e qualche ragione in tal senso ci sarebbe anche potuta stare. Se segnerà sarò felice, se andrà via domani non sarà un problema e non ne sarò di certo addolorato.

A me interessa l’Inter e che la mia squadra vinca, e in questa storia, onestamente, prima della Curva, ammesso che poi abbia veramente delle colpe, i responsabili vanno cercati altrove.

Ma non al secondo anello verde.

Ciao Capitano della mia vita

Se Beppe Bergomi è stato il capitano della mia infanzia, tu sei stato quello della mia adolescenza e giovinezza. Ho scandito questi due decenni con i tuoi record, ho contato questi anni elencando i tuoi trionfi. Tutti noi pensavamo fossi immortale, destinato a giocare all’infinito, avevamo iniziato a crederci davvero ma ora è arrivata la conclusione di questa splendida avventura iniziata sulla Terrazza Martini nel 1995, quando sei arrivato insieme a Rambert, e pensare che gli occhi erano tutti per lui mentre lì, a un metro, c’era la storia.

Inutile stare qui ora a elencare ricordi e emozioni, la tua carriera e la tua persona ti definiscono, non servono complimenti e giudizi, ciò che hai fatto parla per te. Ripenso al giugno del 2005, quando ero in viaggio per Milano e pensavo che quella sera, dopo 7 anni, avremmo alzato nuovamente un trofeo e tu non c’eri. La Confederation Cup e la Nazionale ti avevano portato via da quella festa esagerata per una coppa Italia, da quelle celebrazioni dopo anni di digiuno. Pensavo a questa coincidenza e mi rammaricavo del fatto che tu non ci saresti stato e che Ivan Cordoba avrebbe alzato la coppa in qualità di capitano. Non avrei mai potuto lontanamente immaginare che nei 6 anni successivi tu avresti avuto l’onore e la responsabilità di sollevare altre 13 coppe, tutto il possibile.

Finisci fra gli applausi della tua gente ma non solo, perché puoi fregiarti dell’orgoglio di essere riconosciuto da tutti come campione universale, simbolo di una squadra ma sportivo amato da tutti al di là dei colori.

Diciannove anni insieme in quella che tu hai sempre ribattezzato la “tua famiglia” nella quale continuerai a vivere, per nuove sfide e per altri successi. Poche altre parole Capitano, sei stato l’emblema dell’ostinazione, sei rimasto quando era più facile e comodo andarsene e il destino ti ha premiato.

Chissà quante altre volte sarò ingannato dall’abitudine, quante volte ancora ti cercherò con lo sguardo in campo o mi aspetterò di vederti uscire per primo dal sottopassaggio guidando la squadra verso un’altra partita. Capiterà sicuramente, ancora per molto.

La tristezza e quel pizzico di malinconia non mancheranno ma più che altro c’è la gioia di averti vissuto appieno in questi 19 anni e sarà bello un giorno raccontarti a mio figlio, quando mi chiederà di questo famoso Zanetti e io gli parlerò del Capitano, dell’uomo dei record, medaglia d’oro in sollevamento trofei.

Ciao Pupi, ciao Eroe, a presto e grazie mille per tutto.

 

Credo che un’ Inter come quella di Zanetti, Mourinho e Moratti non ci sarà mai più, ma non è detto che non ce ne saranno altre belle in maniera diversa…

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(L’hai vinta. Ce l’abbiamo fatta e l’abbiamo sollevata tutti insieme).

Ci vediamo presto, Pupi

 

Sai Pupi, domenica ci sono rimasto veramente male. Ero triste per te. Ero triste come se si fosse fatto male un mio amico, un parente, uno a cui vuoi bene, davvero. Dal momento in cui sei stato inondato da tanti messaggi di affetto e da inviti a non mollare (qualcuno ha cantato anche dei cori contro di te lo sai? Noi invece al loro capitano gli abbiamo dedicato uno striscione prima dell’ultimo derby in cui gli riconoscevamo tutta la sua grandezza, ma noi siamo noi…), ho deciso di scriverti due righe.

Ieri sera prima di addormentarmi pensavo a cosa dirò a mio figlio quando un giorno, magari andando allo stadio insieme, mentre lo terrò per mano, mi chiederà chi era questo Zanetti di cui ha sentito parlare spesso. Sarà difficile spiegargli Il Capitano, quello con la fascia dipinta sul braccio sinistro, quello che batte tutti i record, insomma l’inarrivabile campione e atleta che abbiamo visto in questi due decenni. Credo che gli farò vedere una foto, anzi, potrò sceglierne 3-4, quelle in cui piangi dopo aver vinto uno scudetto o la sera di Madrid. Per me lì c’è tutto. Ci sei tu. Uno di noi, che piange come noi. In fondo ci apparteniamo Pupi, perché so perfettamente che quando le cose vanno male sei il primo a stare male, come me, come noi tifosi.

È questo che ci lega, è questo che ci rende inseparabili. Non mi interessa ora fare un elenco di aggettivi o tessere le tue lodi, potrei non finire più, volevo dirti che ti vogliamo bene. Ecco, tutto qui.

Sorrido quando leggo che la tua carriera è a rischio, in questi anni ci hai insegnato a non mollare e che lottando alla fine possiamo farcela. Sei il nostro Capitano quello che non ha mai abbandonato la nave, quello che orgogliosamente ci ha messo sempre la faccia, quello che a fine partita, malgrado tutto va sotto i tifosi, si batte il petto e li saluta. Anche questo gesto riassume il tuo profondo senso di rispetto e appartenenza. Già te l’ho detto, ho più di 20 maglie dell’Inter, una sola ha il numero ed il nome, quella del centenario. Ha il numero 4. In fondo, se scegli Zanetti sai che non sarai mai tradito, un vero cavaliere non abbandona mai la sua signora, per questo per me quella maglia vale doppio, è un pezzo di Inter sopra la maglia nerazzurra.

Tu sei l’Inter e non ci tradirai nemmeno stavolta, perché nella tua carriera ti mancava solo questa emozione, quella di rientrare in campo dopo un lungo stop e ascoltare il boato di San Siro.

Quel giorno, quel boato, sarà indimenticabile.

Ci vediamo presto Pupi. Ne sono certo.

 

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(A mio figlio farò vedere queste foto qua: Parma 2008, Madrid 2010. Tu in lacrime proprio come noi).