Ciao Capitano della mia vita

Se Beppe Bergomi è stato il capitano della mia infanzia, tu sei stato quello della mia adolescenza e giovinezza. Ho scandito questi due decenni con i tuoi record, ho contato questi anni elencando i tuoi trionfi. Tutti noi pensavamo fossi immortale, destinato a giocare all’infinito, avevamo iniziato a crederci davvero ma ora è arrivata la conclusione di questa splendida avventura iniziata sulla Terrazza Martini nel 1995, quando sei arrivato insieme a Rambert, e pensare che gli occhi erano tutti per lui mentre lì, a un metro, c’era la storia.

Inutile stare qui ora a elencare ricordi e emozioni, la tua carriera e la tua persona ti definiscono, non servono complimenti e giudizi, ciò che hai fatto parla per te. Ripenso al giugno del 2005, quando ero in viaggio per Milano e pensavo che quella sera, dopo 7 anni, avremmo alzato nuovamente un trofeo e tu non c’eri. La Confederation Cup e la Nazionale ti avevano portato via da quella festa esagerata per una coppa Italia, da quelle celebrazioni dopo anni di digiuno. Pensavo a questa coincidenza e mi rammaricavo del fatto che tu non ci saresti stato e che Ivan Cordoba avrebbe alzato la coppa in qualità di capitano. Non avrei mai potuto lontanamente immaginare che nei 6 anni successivi tu avresti avuto l’onore e la responsabilità di sollevare altre 13 coppe, tutto il possibile.

Finisci fra gli applausi della tua gente ma non solo, perché puoi fregiarti dell’orgoglio di essere riconosciuto da tutti come campione universale, simbolo di una squadra ma sportivo amato da tutti al di là dei colori.

Diciannove anni insieme in quella che tu hai sempre ribattezzato la “tua famiglia” nella quale continuerai a vivere, per nuove sfide e per altri successi. Poche altre parole Capitano, sei stato l’emblema dell’ostinazione, sei rimasto quando era più facile e comodo andarsene e il destino ti ha premiato.

Chissà quante altre volte sarò ingannato dall’abitudine, quante volte ancora ti cercherò con lo sguardo in campo o mi aspetterò di vederti uscire per primo dal sottopassaggio guidando la squadra verso un’altra partita. Capiterà sicuramente, ancora per molto.

La tristezza e quel pizzico di malinconia non mancheranno ma più che altro c’è la gioia di averti vissuto appieno in questi 19 anni e sarà bello un giorno raccontarti a mio figlio, quando mi chiederà di questo famoso Zanetti e io gli parlerò del Capitano, dell’uomo dei record, medaglia d’oro in sollevamento trofei.

Ciao Pupi, ciao Eroe, a presto e grazie mille per tutto.

 

Credo che un’ Inter come quella di Zanetti, Mourinho e Moratti non ci sarà mai più, ma non è detto che non ce ne saranno altre belle in maniera diversa…

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(L’hai vinta. Ce l’abbiamo fatta e l’abbiamo sollevata tutti insieme).

“Guarda i muscoli del Capitano…”

 

“Tu sei l’Inter e non ci tradirai nemmeno stavolta, perché nella tua carriera ti mancava solo questa emozione, quella di rientrare in campo dopo un lungo stop e ascoltare il boato di San Siro.

Quel giorno, quel boato, sarà indimenticabile.

Ci vediamo presto Pupi. Ne sono certo”.

(30.04.2013)

 

Finiva così il mio post il giorno dopo l’infortunio di Capitan Zanetti. Terminava con una certezza, il fatto che ci saremmo rivisti e con il desiderio che l’attesa non dovesse essere troppo lunga.

Mi ricordo quei giorni, tutti a parlare del rischio di una carriera compromessa, di un ritiro alle porte, dell’impossibilità di poter recuperare dopo un infortunio del genere. Sentivo queste chiacchiere e mi ripetevo: “Tanto torna, e lo farà anche prima del 2014 dato che tutti dicono che non rientrerà in meno di otto mesi”. Ne ero convinto, è successo.

Nell’ultima serata di Moratti patron, finalmente ti abbiamo riabbracciato Capitano. Un boato forte, quelli che fanno tremare lo stadio. Quelli che ti ricordi per tanto tempo. Come sei mesi fa sono in Irlanda e davanti ad un pc in streaming ho applaudito al tuo ingresso, felice ed emozionato. Perché ho sempre saputo che saresti tornato, che ce l’avresti fatta. Fa parte della vita dei supereroi superare anche gli ostacoli più grandi, e tu ti sei prodigato nell’ennesima impresa.

Il modo migliore per salutare l’uscita del tuo libro e la fine della seconda epopea Moratti, la risposta a chi non credeva più in te, ma le grandi squadre hanno sempre un’anima e tu sei il discendente di quella stirpe unica che ci ha condotto negli ultimi 50 anni: Picchi, Facchetti, Baresi e Bergomi.

Sono convinto che l’infortunio in fondo tu te lo sia cercato, nel senso che ormai i record sportivi li ha battuti e superati tutti, ti mancava soltanto entrare nel Guinness dei Primati per un recupero lampo.

Ecco, quando mio figlio un giorno mi chiederà di parlargli di te, Pupi, potrò dirgli anche che questo Zanetti era uno che rientrò in campo sei mesi dopo essersi rotto il tendine d’Achille. A 40 anni. Un Eroe bello di Papà.

 

A fine gara Cambiasso si è tolto la fascia da capitano e te l’ha restituita davanti a tutti. In segno di rispetto, per onorare il tuo ritorno. Perché è tornato il Capitano, ora il nostro campionato può iniziare davvero.

  

 

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(Guardalo come va, The History Man…)

Ci vediamo presto, Pupi

 

Sai Pupi, domenica ci sono rimasto veramente male. Ero triste per te. Ero triste come se si fosse fatto male un mio amico, un parente, uno a cui vuoi bene, davvero. Dal momento in cui sei stato inondato da tanti messaggi di affetto e da inviti a non mollare (qualcuno ha cantato anche dei cori contro di te lo sai? Noi invece al loro capitano gli abbiamo dedicato uno striscione prima dell’ultimo derby in cui gli riconoscevamo tutta la sua grandezza, ma noi siamo noi…), ho deciso di scriverti due righe.

Ieri sera prima di addormentarmi pensavo a cosa dirò a mio figlio quando un giorno, magari andando allo stadio insieme, mentre lo terrò per mano, mi chiederà chi era questo Zanetti di cui ha sentito parlare spesso. Sarà difficile spiegargli Il Capitano, quello con la fascia dipinta sul braccio sinistro, quello che batte tutti i record, insomma l’inarrivabile campione e atleta che abbiamo visto in questi due decenni. Credo che gli farò vedere una foto, anzi, potrò sceglierne 3-4, quelle in cui piangi dopo aver vinto uno scudetto o la sera di Madrid. Per me lì c’è tutto. Ci sei tu. Uno di noi, che piange come noi. In fondo ci apparteniamo Pupi, perché so perfettamente che quando le cose vanno male sei il primo a stare male, come me, come noi tifosi.

È questo che ci lega, è questo che ci rende inseparabili. Non mi interessa ora fare un elenco di aggettivi o tessere le tue lodi, potrei non finire più, volevo dirti che ti vogliamo bene. Ecco, tutto qui.

Sorrido quando leggo che la tua carriera è a rischio, in questi anni ci hai insegnato a non mollare e che lottando alla fine possiamo farcela. Sei il nostro Capitano quello che non ha mai abbandonato la nave, quello che orgogliosamente ci ha messo sempre la faccia, quello che a fine partita, malgrado tutto va sotto i tifosi, si batte il petto e li saluta. Anche questo gesto riassume il tuo profondo senso di rispetto e appartenenza. Già te l’ho detto, ho più di 20 maglie dell’Inter, una sola ha il numero ed il nome, quella del centenario. Ha il numero 4. In fondo, se scegli Zanetti sai che non sarai mai tradito, un vero cavaliere non abbandona mai la sua signora, per questo per me quella maglia vale doppio, è un pezzo di Inter sopra la maglia nerazzurra.

Tu sei l’Inter e non ci tradirai nemmeno stavolta, perché nella tua carriera ti mancava solo questa emozione, quella di rientrare in campo dopo un lungo stop e ascoltare il boato di San Siro.

Quel giorno, quel boato, sarà indimenticabile.

Ci vediamo presto Pupi. Ne sono certo.

 

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(A mio figlio farò vedere queste foto qua: Parma 2008, Madrid 2010. Tu in lacrime proprio come noi).

Pupi

Ci sono uomini destinati a diventare leggende, persone comuni alle quali il destino ha affidato una missione ed un posto sicuro nella storia: Javier Zanetti appartiene a questa ristretta categoria. Oggi, martedì 10 agosto, il nostro Capitano compie 37 anni, un compleanno festeggiato con un altro rinnovo contrattuale con la sua società, la squadra con cui ha condiviso questi ultimi 15 anni di vita. Se pensi ad un capitano, ti viene in mente Javier: forte, leale, puntuale, fiero, mai una parola fuori posto e mai una polemica, un esempio per tutti da sempre. È la logica conseguenza di chi può annoverare nella propria squadra capitani come Facchetti e Bergomi, lui è il discendente perfetto dei suoi illustri predecessori. Trentasette anni e non sentirli ti verrebbe da dire, soprattutto se pensi che nell’ultimo anno ha stabilito l’ennesimo record, 137 gare consecutive in Serie A, una striscia interrotta da una squalifica per somma di ammonizioni, ma lui sembra essere veramente bionico ed inossidabile. Presenze e contributo, passano gli anni e lui migliora, il tempo scorre ma non intacca il suo prezioso lavoro sempre utile alla squadra, in ogni zona di campo, in ogni situazione. Quella fascia sul braccio sinistro sempre dipinta, non lo riesci ad immaginare senza quel nastro giallo sulla manica, è il Capitano, è il simbolo di un calcio che forse non c’è più. Ha passato stagioni terrificanti, delusioni cocenti ed amarezze che sembravano interminabili, ma non si è mai scomposto, così come quel suo ciuffo, noi si è tirato indietro nemmeno una volta. Il tempo gli ha dato ragione, lo ha ripagato per la sua tenacia e la voglia di crederci, e gli ultimi anni gli hanno concesso trionfi continui, fino all’apoteosi di Madrid. Quando rivedo le sue lacrime dopo Parma, Siena e Madrid mi emoziono, ricordo quelle maledette versate in mezzo al campo dopo l’eliminazione nell’euroderby del 2003, penso e sono felice per lui, che in fondo, ha sofferto proprio come un tifoso comune, come me, e dopo ha finalmente sorriso con le vittorie. Laurearsi campione d’Europa il giorno in cui tocchi le 700 presenze sembra uno scherzo del destino, una magica coincidenza che ha reso ancor più leggendaria una notte unica, ma lui, Pupi da Buenos Aires, se l’è meritata più di chiunque altro quella serata. Altri tre anni di contratto, altri tre anni di Inter, una storia destinata a concludersi all’alba dei 40 anni, un rapporto che proseguirà in seguito all’interno del club, ma solo dopo aver superato Bergomi per diventare ancor più l’uomo dei record, l’Highlander nerazzurro, il Capitano dei Capitani.

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Auguri Pupi e grazie di tutto.