La fame del Biscione

Nella giornata in cui ho stabilito un altro primato di camminata: Piazza di Spagna – Stadio Olimpico a piedi, si chiude la stagione calcistica con un altro trofeo nerazzurro, un’altra coppa alzata ed una festa che ha scatenato una gioia di dimensioni forse esagerate. È stata una serata magica, un gara sofferta che alla fine ha permesso a questi magnifici ragazzi che non smetteremo mai di ringraziare, di mettere in bacheca il terzo titolo di questo 2010/2011, una stagione che a mio avviso si può assolutamente definire positiva, soprattutto se si considerano i mille problemi. Il mio avvicinamento alla partita è stato abbastanza movimentato, dovendo raggiungere un mio amico a P.za di Spagna ho dovuto affrontare la marea rosanero che aveva invaso Roma e ho dovuto subire almeno per un’ora insulti di ogni tipo solo perché avevo la mia maglia. Ho subito pernacchie da bambini palermitani che per due volte si sono divertiti così mentre i genitori se ne fregavano ed una sequela di volgarità che di fondo mi hanno soltanto caricato come una molla per la partita, ma d’altra parte i supporters palermitani sono proprio tifosi sportivi, in 30 contro 1 hanno mostrato quanto valgono. Un disguido mi ha costretto a raggiungere il mio amico a piedi verso lo stadio e per non ritrovami nel fiume di siciliani che percorrevano la strada del tram che parte da P.le Flaminio, ho fatto tutte strade interne ma che alla fine mi hanno condotto su Lungotevere delle navi, dove sono stato fermato da un posto di blocco che presidiava l’afflusso dei palermitani. A quel punto sono stato informato dell’aggressione da parte di alcuni tifosi rosanero a degli interisti proprio a P.le Flaminio e i carabinieri dopo una trattativa di mezz’ora mi hanno vivamente consigliato, per non dire obbligato, a togliermi la maglia dell’Inter per raggiungere lo stadio, considerando che anche quella strada era tutta dei sostenitori del palermo. Mi sono ritrovato a percorrere l’ultimo km e mezzo a petto nudo con la maglia in una busta fra cori anti interisti, fin quando nei pressi dell’obelisco mi sono ricongiunto finalmente con Manuel. Entrato nello stadio ho preso coscienza dello spettacolo che regalava il catino dell’Olimpico, un colpo d’occhio impensabile, grazie anche ad una nutritissima presenza interista, inferiore ai palermitani ma nettamente superiore in tutto: tifo, scenografia iniziale, incitamento durante la partita e soprattutto nella sportività con la quale è stato applaudito Delio Rossi e i giocatori del palermo in lacrime. I tifosi siciliani alla fine erano solo tanti, hanno cantato 36 secondi dopo il gol di Munoz e poi stop. Mi aspettavo molto di più, mi hanno deluso e sono stato molto contento di cantargli a fine partita il famigerato e classico “Tutti a casa alè!” ripensando al pomeriggio di tensione e di insulti che avevo vissuto. È stato bello, ancora una volta ho assistito ad un trionfo nerazzurro in compagnia di Alfredo e Fabi, è stato bello essere presente alla quarta finale consecutiva dell’Inter che ci ha regalato un’emozione che nessuno di noi si aspettava. Tutti abbiamo vissuto questo appuntamento con un trasporto fantastico e la serata si è chiusa nel modo più bello e degno: il delirio per Eto’o e per il Capitano, la squadra sotto la curva con la coppa e con Urlando contro il cielo in sottofondo, e Moratti che salutava felice e soddisfatto come sempre. Un’altra nottata meravigliosa, sei coppe in un anno, con tre allenatori diversi: è paradossale e allo stesso tempo molto interista e quindi, soavemente folle.

 

P.S. Le polemiche di Zamparini? Uno che dopo una vittoria del palermo sull’Inter fece il gesto dell’ombrello a Facchetti in tribuna, merita il massimo dell’indifferenza essendo semplicemente un poveraccio.

 

 

Uno stadio, quattro storie

In fin dei conti, la partita di ieri sera è stata solo un pretesto per una serie di situazioni e personaggi che io ed Alfredo abbiamo avuto la fortuna di incontrare e che hanno reso un martedì di metà aprile, una serata degna di nota. È stata una partita di calcio ma in realtà c’è ben altro da raccontare.

La bambina pacata. Sono arrivato allo stadio con leggero anticipo rispetto ad Alfredo e ho deciso di aspettarlo su ponte Duca d’Aosta, dove ci siamo fermati a mangiare presso uno di quei tipici baracchini mobili che vendono pizzette e panini alla salsiccia. Colpiti dalla nazionalità dei gestori, ovvero italiana, siamo stati serviti da una bambina che non avrà avuto più di 10 anni, figlia molto probabilmente della donna che dirigeva le operazioni dietro al bancone. Inizialmente Alfredo è rimasto colpito da tale sfruttamento minorile ma poco dopo, è rimasto impressionato dalla gentilezza mista all’educazione e alla compostezza della bambina in questione. Sembrava una cameriera navigata caratterizzata da una pacatezza fuori luogo considerando l’età e la mansione che stava svolgendo, è stata la prima nota positiva della serata, alla faccia di chi dice che i bambini del giorno d’oggi non vogliono fare nulla e sono volgari e maleducati.

Il classico carabiniere deficiente. Non ho nulla nei confronti dei carabinieri, della polizia e di tutte le forze dell’ordine, li rispetto in qualità di esseri umani e non certo per gli abiti che indossano, resta il fatto che ogni volta che incappo in un carabiniere capisco il perché da secoli sono i protagonisti principali delle barzellette. Dopo essere stato perquisito il carabiniere mi ha domandato perché avevo uno zainetto praticamente vuoto, mi ha chiesto che senso aveva non avendo nulla al suo interno. Stupito dalla inutilità di tale domanda, gli ho mostrato che dentro c’erano: la custodia degli occhiali; un pacchetto di fazzoletti; la sciarpa dell’Inter dato che a Roma il pubblico è cosi sportivo e tollerante da non permettere a nessuno di girare con cose che non abbiano il giallo e il rosso abbinato, e le chiavi di casa. Dopo che gli ho mostrato tutto ciò, gli ho spiegato anche che avevo la bottiglia dell’acqua ma che avevo dovuto gettarla via poco prima al pre-filtraggio iniziale. Una volta ti svitavano il tappo, ora ti obbligano a buttare anche la bottiglia, prima o poi ci toglieranno anche i fazzoletti di carta e dentro ci sistemeremo in rigoroso silenzio stile messa.

Un mondo in una curva. Dentro al settore ospiti abbiamo avuto anche l’occasione per notare un fatto piuttosto chiaro: l’eterogeneità del pubblico interista. Oltre ai classici meridionali che vivono a Roma o che erano giunti in città per la partita, abbiamo contato anche una stramba famiglia albanese, un gruppo di brasiliani e tre ragazze giapponesi con la maglia dell’Inter e la loro bandiera nazionale in onore di Nagatomo. Di milanesi ce ne saranno stati non più di 20, ma d’altronde stiamo pur sempre parlando dell’F.C. Internazionale.

Il post partita e Bisteccone Galeazzi. Il brutto del settore ospiti è l’obbligo di rimanere dentro almeno per un’ora dopo la partita. Questo tempo è stato ingannato nel modo migliore: divertendoci con cori e sfottò prima verso i romanisti ed in seguito nei confronti di Galeazzi che era nella postazione del dopo partita a pochi metri da noi. Cori a favori e un po’ di prese in giro che hanno animato il pubblico nerazzurro scatenando l’ilarità generale, è stata invocata a gran voce anche la giornalista Paola Ferrari, ma Bisteccone ha calamitato l’interesse dei tifosi. Al termine del post-partita i due si sono salutati a telecamere spente con in sottofondo il classico coro: “Bacio bacio!” e poi entrambi ci hanno salutato ricambiando i nostri canti a loro favore. Galeazzi onestamente mi ha fatto pena, un omone di dimensioni spaventose che faceva fatica a camminare mentre abbandonava la stadio fra gli olè dei tifosi che hanno accompagnato la sua passeggiatina a bordo campo verso l’uscita. Bisteccone è un personaggio storico, un grande che ieri è riuscito a regalarci qualche bella risata.

Parlando della partita posso dire che dallo stadio ho notato delle cose veramente preoccupanti, la squadra è stanchissima, poche idee, movimento inesistente, meno male che un colpo da fuoriclasse di Dejan ha sistemato la partita e forse la qualificazione. Considerando il nostro momento è stata una bella vittoria contro un avversario che forse sta peggio di noi.

Comunque sia, anche stavolta nun è successo!

 

 

Frase della serata

“Chi non salta Galeazzi è!”

La mia vendetta perfetta

La mia grandissima antipatia nei confronti del Napoli è nata nel 1997, quando al San Paolo perdemmo la semifinale di ritorno di Coppa Italia ai calci di rigore, grazie ad un errore dal dischetto di Massimo Paganin. Quella triste serata che culminò con le mie lacrime di bimbo mi rovinò in qualche modo il mio compleanno pochi giorni dopo, ma soprattutto scatenò la mia antipatia verso il Napoli che in quell’edizione della coppa, fu poi giustiziato in finale dal super Vicenza di Guidolin. A parte i “nemici” storici come Roma, Milan e Juve, il Napoli occupa stabilmente un ruolo importante fra le squadre che detesto, anche perché forse il San Paolo è stato sempre campo sinonimo di delusioni. Per questo sono stato contento di tutto quello che gli è successo in questi anni, non mi stanno simpatici e lo dico apertamente, certe delusioni infantili si tramutano poi in sentimenti del genere. Durante la gara ho pensato tante volte ai miei amici napoletani interisti, quelli che ho incontrato e conosciuto ad Abu Dhabi e con i quali ho vissuto il lungo viaggio di ritorno, credo che ieri abbiamo goduto in maniera smisurata. Parlando della sfida, stasera abbiamo giocato una partita di sacrificio, bene il primo tempo, discreti nel secondo, molto male ai supplementari. Il Napoli meritava di vincere visto quello che ha creato nei 120 minuti, noi siamo calati alla lunga mentre loro continuavano a correre come se fosse il ventesimo del primo tempo e questa cosa mi ha stupito. Ero sicuro che ai supplementari il Napoli potesse vincere, ma la prospettiva dei rigori mi ha suscitato la fantasia di vendicare quella cocente eliminazione di 14 anni fa. Per questo motivo ho goduto profondamente nel farli fuori così, ci siamo ripresi quello che lasciammo al San Paolo anni fa e ci siamo riusciti nello stesso modo. La mia personale vendetta si è finalmente consumata. Sono felice per quel ridicolo di Varriale, quando ha intervistato Zanetti credo che si sia cambiato la sciarpa del Napoli e se ne sia fatta dare una colorata dal cameraman, così come sono estasiato nel vedere Mazzarri rosicare, e anche quest’anno credo proprio che rimarrà con due tituli: la Coppa di Reggio Calabria e quella di Toscana come disse il grande Josè lo scorso anno. Roma o Juve ora è la stessa cosa, magari usciremo in semifinale (raggiunta per l’ottavo anno di fila) ma sono felice che giustizia sia stata fatta e che ai rigori stavolta sono andati a casa loro.

Sulla ruota di Napoli stavolta è uscito il numero 20, che nella smorfia partenopea è ‘a Festa!.

Vai Inter, vai!

Intanto

Intanto portiamoci a casa questa bella coppa e riapriamo la bacheca. Questo è quello che conta dopo la battaglia di ieri sera, il primo titolo conquistato con tanti saluti ai nostri avversari e ai nostri detrattori. Pensavo che avremmo perso per una serie di motivi, l’avevo detto, così come avevo affermato che saremmo usciti col Barça prima dell’andata. Non butto le mani avanti, non ne ho bisogno, forse sottovaluto questo gruppo indistruttibile, che mi continua a sorprendere e a regalare soddisfazioni. Mi piace la Coppa Italia, è un trofeo a cui ho sempre tenuto, e non sopporto chi la snobba, sono contento quando la vinco e mi dispiace se la perdo, il suo valore non dipende da chi la alza. Se la tira su Zanetti va bene, se è un altro capitano non vale nulla? No, questi discorsi appartengono ad altri. È stata una vigilia arroventata dalle polemiche dopo Lazio-Inter, in cui siamo stati tirati in mezzo in maniera inaccettabile, e per molti aspetti, la vigilia stessa, ha ripercorso il prepartita di Barcellona, così come l’esito finale. La roma e il suo pubblico hanno alzato tensione e pressione, creando un geniale effetto boomerang che ha inghiottito tutto l’ambiente. Anche la polemica sulla città che deve ospitare la finale è stata fuori luogo, Mourinho ha espresso un concetto giusto: ”Solo in Italia c’è la possibilità che una squadra giochi in casa”. Ranieri ha risposto ieri sera e ha perso un’occasione per fare bella figura, dato che ha detto una cosa inesatta: “In tutta Europa si gioca sempre nella capitale”. Certo, ma Wembley e Saint Denis non appartengono a nessuno, non sono gli stadi di nessuna squadra, sono effettivamente campi neutro, mentre in Spagna, viene designata un’altra città ospitante eventualmente dopo la semifinale, nel caso in cui ci fosse un club di Madrid. Comunque sia, dovevano dimostrare di essere più forti, che in campionato sono dietro per solo colpa di Damato (interista e fan di Cassano), che giocano meglio, ed alla fine, hanno perso partita, coppa e faccia. Lunedì, la Sig.ra Sensi, ha affermato che noi ci saremmo dovuti vergognare per aver vinto in quel modo con la Lazio, oggi mi auguro che lei si vergogni di essere rappresentata da un giocatore che è entrato in campo per farsi giustizia con il mondo, come il primo dei picchiatori coatti. Spero che si vergogni per l’invasione di campo di un suo tifoso, per il fatto che qualcuno (certamente non di fede interista) abbia messo l’inno della roma prima della partita, in una finale in cui si doveva giocare in “campo neutro” e per le dichiarazioni dei propri giocatori (Toni in particolare), ai microfoni a fine partita. Mi auguro che LEI si vergogni. Parlando della partita, abbiamo giocato meglio nel primo tempo, controllando gioco e ritmo, abbiamo rischiato un paio di occasioni, ma alla fine dei primi 45 minuti, il vantaggio era comunque meritato. Nella ripresa meglio la roma, ma nonostante tutto, abbiamo concesso ben poco e portato a termine la missione fra un fallo e l’altro. L’episodio finale, a cui ho già accennato in precedenza, credo che sia folle e di una violenza inaudita. Nelle interviste, ho già sentito mezze giustificazioni e il classico vittimismo romano (“Ora solo perché è stato lui faranno un casino”), usciamo però dall’equivoco e dal discorso provocazioni, altrimenti incappiamo nella stessa sterile discussione su Zidane-Materazzi. Nessuna provocazione ti dà il diritto o ti giustifica, dal fare un gesto tale, punto. Totti si deve vergognare, è un personaggio recidivo e pertanto non merita nemmeno mezza attenuante. Lo considero un campione fantastico tecnicamente parlando, ma la grandezza del suo piede, è indirettamente proporzionale al suo cervello. Io ho il mio Capitano, ieri il migliore in campo, un signore da sempre, che meritatamente ha sollevato al cielo di Roma, il 5 maggio e sottolineo questa data, l’ennesimo trofeo degli ultimi anni.

Grazie ragazzi, grazie Capitano.

130165.jpg