Uee Schelotto! Alla grande!

 

Dalla serata di ieri sono emerse le seguenti cose: il nostro allenatore è in confusione totale e non ne becca più una, il milan ha qualcosa in più dell’Inter, Balotelli ha perso la sua sfida personale con il mondo nerazzurro in tutti i sensi, la coreografia della Nord è stata superiore a quella della sud, ma questa non è certo una novità.

Riparto da qui e da quello striscione che recitava: “Mi fai tremare il cuore…Mi fai smettere di respirare”, un inno d’amore che mi ha quasi commosso, perché chi vive certe passioni sa quanto sia vero, sa quanto questo sentimento sia unico e inarrivabile. Non esiste storia in cui tu dai a prescindere e darai sempre malgrado tutto, nonostante delusioni, figuracce e tradimenti. Questo legame va davvero oltre tutto. Pensateci. Da qui arrivo ad un altro aspetto, l’importanza della maglia. Ecco, ad un tifoso tu puoi fare tutto, ma non devi mai mancare di rispetto alla maglia che simbolicamente rappresenta la squadra, la fede. Balotelli, bambinone viziato, stupido come il classico poveraccio arricchito e pur sempre complessato, al termine della semifinale del 2010 Inter- Barcellona gettò la maglia nerazzurra prima di uscire dal campo insultando tutti. Non esiste, nessuno può accettare un tale affronto. Da quel giorno il mai rimpianto Balotelli è diventato il nemico numero uno. Cosa si aspettava ieri? Per me non esistono insulti beceri, almeno non se di mezzo c’è un personaggio del genere. Becero sarà chi nel mondo di oggi non dà più senso a valori come il rispetto e l’onore.

Lui ha mancato di rispetto a chi soffre e fa sacrifici per quella maglia, lui l’ha buttata a terra, pertanto si deve vergognare in eterno e per questo io l’ho insultato in ogni modo per 90 minuti, colpendo a caso ciascun elemento appartenente al suo albero genealogico.

Passando alla gara c’è poco da dire: il milan meritava di vincere, l’Inter si è salvata quasi per caso. Handanovic ha tenuto in piedi una baracca resa sempre più instabile da un allenatore in totale confusione da tempo. Al 15’ era evidente come l’ennesima trovata tattica insulsa del nostro tecnico non funzionasse, ma lui, come in tante altre occasioni, ha aspettato la fine del primo tempo per apportare delle modifiche, con il rischio che nel frattempo la barca nerazzurra potesse affondare del tutto. Stramaccioni non sa più che pesci prendere, ieri ne abbiamo avuto l’ennesima conferma ma siamo stati fortunati, forse è arrivato il momento di valutare davvero l’operato di questo allenatore.

 

L’ultima volta che avete vinto un derby in campionato non era uscito nemmeno l’Iphone 4.

Quanto stanno a rosicà…

 

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Vai Schelottone mio! Vai!

E’ nostro, è tuo.

Ma sì, alla fine, in piena trance da derby, la contenutissima esultanza di Stramaccioni mi ha esaltato. Quel “E’ vostro, è vostro!” gridato sotto la curva da sanguigno ragazzotto romano mi è piaciuto, e quello forse, è veramente l’unico punto in comune con l’Altissimo al quale ultimamente è stato spesso accostato in maniera ingiustificata. Strama come Mou mi sembra un bel fomenta-popolo

Vinciamo il terzo derby di fila, e siamo a quota 9 negli ultimi 13, per Samuel invece, un record assoluto: dieci stracittadine disputate e dieci vittorie, tra cui quello di ieri in cui si è tolto lo sfizio di innalzarsi a match winner.

Veniamo al dunque, perché voi milanisti stanotte non avrete dormito ripensando a Valeri da Roma e ai suoi mille torti arbitrali finalizzati al successo interista. Il fallo di Emanuelson su Handanovic non c’era, ma non si può parlare di gol annullato dal momento in cui l’arbitro fischia mentre Montolivo impatta il pallone, la palla entra in porta a gioco fermo, quindi non c’è tanto da dire.

Juan Jesus meritava il secondo giallo, Nagatomo è stato espulso giustamente (sulla prima ammonizione non sono sicurissimo) ma il rigore su Robinho non c’era assolutamente.

Detto questo, il Milan si è palesato nella sua mostruosa pochezza: con la superiorità numerica, con un’Inter poco brillante e che ha smesso di giocare al settimo del primo tempo, i rossoneri non sono riusciti a fare nulla se non buttare qualche palla in area e tirare ripetutamente da fuori.

È senza dubbio il Milan più scarso che io ricordi, non vincere ieri sarebbe stato un crimine, noi ci abbiamo provato regalandogli un uomo e non attaccando mai nella prima frazione.

Sono contentissimo per il successo e soprattutto per Allegri che a inizio partita (prima della punizione del gol) ha mancato di rispetto al Capitano, mi dispiace invece per Bojan che a fine gara aveva lo sguardo puerile del ragazzo intimorito che pensava: “Ho fatto tardi, non ho finito i compiti, abbiamo perso e domani in prima ora ho pure la verifica di algebra, che palle”.

Da sottolineare il boato della Curva Nord all’ingresso di Abate, uno dei nostri uomini derby, ieri la sua assenza è stata pesantissima nel nostro gioco offensivo, Milito infatti era del tutto spaesato.

È stato un brutto derby, ma ancora più bello da vincere, un derby fotocopia di quello del novembre 2010: squadra ospite in vantaggio subito (il Milan al quarto minuto), gara bloccata, espulsione a inizio secondo tempo dell’esterno destro (Abate fu cacciato), squadra in superiorità numerica e in svantaggio incapace di trovare il pari (quell’Inter fece pochissimo e perse).

Abbiamo vinto, loro hanno perso, siamo rimasti attaccati al gruppo di testa mentre loro stanno così in basso in classifica che tra un po’ cadranno dalla televisione.

Che bel lunedì mattina che mi ha regalato Walterino mio…

 

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Milan 0 – Milano 1

Quanto stia godendo in questi minuti voi semplici umani non potete comprenderlo, ma andiamo con ordine. I vecchi, vecchissimi, decrepiti, morti schiattati giocatori interisti, “quelli di odissea nello ospizio” secondo “SoTuttoIoFrancoRossi” vincono il derby contro la squadra che per Berlusconi non è così tanto lontano dal Barcellona. Voglio parlare un po’ di alcuni personaggi della serata come Angelo Carosi, il regista romano di Sky che ha ignorato la coreografia della curva interista insistendo sulla cagata galattica milanista (ha portato palesemente sfiga visto lo slogan e il risultato finale). Due righe merita anche il guardalinee che ha ovviamente annullato il gol regolarissimo di Thiago Motta dopo 5 minuti, una rete che avrebbe cambiato molto la partita. Come sempre si sbaglia da una parte, nel dubbio si va a favore di qualcuno, stasera l’ennesima conferma. Parliamo del vecchio Zanetti, 39 anni ad agosto ma ancora monumentale, però noi siamo vecchi, molto vecchi, il Capitano a tratti si spostava il catetere, ci avete fatto caso? Vecchi anche quelli della difesa, soprattutto i centrali, che hanno arginato il più forte giocatore del mondo ma solo grazie alle due badanti romene, altrimenti non ce l’avrebbero fatta. Come non spendere due parole per quel bollito di Milito? Zoppo, incapace, arrivato. Ha segnato due minuti dopo che si era rincollato la dentiera con il Kukident. È opportuno menzionare CR70, Claudio Massimo Ranieri, uno che per Mourinho aveva 70 anni già nel 2008. Il vecchio bacucco di San Saba, antico, incapace, con il suo bastone con il manico a muso di cane, ha dato una lezioncina al genio numero uno, il manager più grande del mondo, mezzo gradino sotto Guardiola, uno che è riuscito nell’impresa di essere più mediocre da allenatore che quando calcava i campi. Cosa altro si può aggiungere riguardo alla casa di cura neroazzurra? Non saprei, se non che da almeno 4 giorni ripetevo a tutti che avremmo vinto, perché stavamo meglio del Milan e perché non siamo certamente inferiori a quelli là. Mi piace vedere tutte le facce tristi a tinte rossonere che parleranno con le orecchie basse: negli ultimi minuti ho messo l’audio Sky del Milan per ascoltare le dolci parole di Mauro Suma che venerdì si atteggiava a Sky sport 24: caro mio, sentire che ti attaccavi alla classifica e ai 5 punti di vantaggio mi ha regalato un eccitazione vera e propria. E allora sì, godiamoci questa vittoria voluta con i denti dinnanzi ai supercampioni d’Italia. Ringraziamo quella pippa (usiamo i termini adatti) di Abate, è stato sfortunato? Ma no! Ricordiamoci il suo assist al derby di ritorno dell’anno scorso, quanto fu fortunato in quel caso? Pensiamo alla settimana di “Cravatta Gialla”, partito per Londra per prendere Tevez è tornato a casa a mani vuote, ha perso il derby e ora starà crepando di rabbia. Mandiamo un salutino a Silvietto, Ambrosini, Gattuso, al giocatore più sopravvalutato della storia Clarence Seedorf, quelli che ci stanno simpatici da morire, a Ibra che su Facebook aveva detto “vediamo chi comanda a Milano”…e allora rispondiamogli in coro al pupazzone: comandiamo noi, quelli vecchi, con l’artrite e i problemi alla prostata, i vecchiacci ai quali era già stato fatto il funerale.

Fottetevi, sì, fottetevi! Vai vecchio cuore nerazzurro! Vai!

 

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(Per tutta la prossima settimana, due volte al dì per attutire il bruciore delle natiche)  

Vincenzo Paparelli

Hanno messo uno striscione stanotte, lo hanno appeso su un muro che si allunga sotto casa mia per ricordare chi non c’è più perché se ne è andato in modo inspiegabile. Questa mattina, mentre mi dirigevo verso la macchina, l’ho letto, ma in fondo non mi ha ricordato nulla perché già mi era venuto in mente, già ci avevo pensato. Oggi è San Simone, è 28 ottobre e quindi anche l’anniversario di Vincenzo Paparelli, tifoso laziale ucciso una domenica di 32 anni fa durante un derby Roma-Lazio. L’aspetto più assurdo dell’uccisione di quest’uomo rimane il modo, drammatico, crudo, violento e soprattutto inatteso. Paparelli è morto in un attimo, mentre mangiava un panino seduto sui gradoni della Curva Nord in attesa che iniziasse la partita, vicino a sua moglie. Paparelli è morto per un razzo che gli si è conficcato in un occhio, un razzo sparato da oltre 150 metri, dalla curva dei tifosi romanisti. Soltanto pochi minuti prima aveva visto due razzi volare, due traiettorie strane e imprevedibili che avevano terminato la loro pericolosa corsa lontano, addirittura all’esterno dello stadio. Testimone dei suoi carnefici era ignaro che poco dopo un terzo razzo lo avrebbe ucciso strappandolo per sempre ai suoi cari, ad una partita, ma non dalla memoria di chi lo ricorda dopo oltre trent’anni. La scia del razzo sparato termina sul volto di Paparelli, una maschera di sangue, un momento di silenzio e poi una disperata corsa verso l’ospedale Santo Spirito dove l’uomo giungerà già privo di vita. Cala il gelo sullo stadio e su una partita maledetta che viene fatta disputare lo stesso per evitare ulteriori incidenti, una giustificazione drammatica che verrà utilizzata anche nella tragica notte dell’Heysel sei anni più tardi. In Italia è il primo caso di morto ammazzato durante un incontro di calcio, la caccia all’assassino parte immediatamente, dopo una breve indagine, viene indicato in Giovanni Fiorillo l’autore materiale del gesto criminale. Fiorillo ha 18 anni ed è un pittore edile disoccupato. Già la sera dell’omicidio si dà alla latitanza fuggendo senza una meta ben precisa in giro per l’Italia riuscendo anche ad espatriare in Svizzera. Dopo quattordici mesi si costituisce e nel 1987 viene condannato dalla Cassazione a sei anni e dieci mesi di reclusione per omicidio preterintenzionale. Muore pochi anni dopo a causa di un male incurabile. Sono passati trentadue anni ormai ma il ricordo di Vincenzo Paparelli non si è affievolito, soprattutto nei tifosi laziali i quali lo ricordano sempre con affetto e dolore. È trascorso molto tempo, non ho vissuto quella giornata ma ogni 28 ottobre il mio pensiero vola a Vincenzo, morto prima di una partita di calcio per colpa di un razzo nautico per segnalazioni luminose sparato da 150 metri.

 

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