All’improvviso io, di ritorno dal maggio-giugno 2011

Tra le cose sinistre che hanno contraddistinto mercoledì c’era un qualcosa che non riuscivo a capire. Una strana sensazione, mia personale, mi sembrava più che altro di ritrovarmi in una dinamica vissuta ma alla quale non riuscivo a risalire, come quando comprendi che ci sono delle sensazioni che hai già vissuto senza però riuscirle a fissare.

Stamattina, mentre mi allontanavo da Toronto, a un punto mi è venuto in mente tutto. Ho capito quella sensazione e mi sono riconciliato con me stesso, versione 2011, maggio-giugno 2011. All’improvviso. Mentre dalla metro andavo alla ricerca di un taxi a voce alta mi sono detto: “Ecco che era!” Avrei potuto dire anche un semplice: “Ecco chi sono tornato a essere!”, la sostanza era quella e infatti l’ho scritto direttamente via messaggio a Hong Kong.

È come se camminando per la fermata di Downsview a un punto fossi sbucato con la mia polo blu presa da Piazza Italia direttamente dal giugno 2011 entrando nel personaggio di oggi che fa il giornalista a Toronto. Sollevato per aver capito finalmente queste sensazioni, non so perché ma la cosa mi ha esaltato per quanto di quelle settimane ci fosse ben poco da salvare, anzi. Furono terribili, ricordo l’ansia e l’angoscia, i problemi e i litigi, ma anche quella strana, ambigua e frizzante situazione di camminare sul filo del rasoio e mettere in gioco quasi tutto contemporaneamente.

C’è qualcosa di magnetico in tutto questo, e quei panni sento di averli indossati nuovamente da alcuni giorni anche se penso che non li terrò troppo a lungo. Ci sono alcuni punti di contatto, ma ce ne sono almeno altri 300 che rimarcano delle differenze, tuttavia, noto delle sovrapposizioni familiari.

Non so perché, ma a un punto ho trovato una fonte di entusiasmo in questo parallelismo, visto che come già ho detto, quella versione di inizio estate 2011 è sinonimo di molteplici problemi. Eppure c’è qualcosa di maldestro che mi stimola, un po’ come quando stai per fare una cazzata, lo sai, ma l’idea ti attira uguale e diventa irresistibile. O semplicemente perché ci sono delle partite che io so benissimo che perderò perché non so giocarle, eppure alla lunga, non riesco a non affrontarle, senza dimenticare il fatto che sono sempre curioso di vedere cosa abbia in serbo di impensabile e beffardo il destino per me. Quattro mesi di solitudine e di esilio innevato alla fine ti scatenano anche ste cose, e ripensi a te stesso nel 2011 e sei addirittura felice di riabbracciarti. Incredibile.

Criptico e fra le linee, però avevo voglia di scrivere sto post. Anche perché, ogni tanto, voglio farlo solo per me.

Messaggio del giorno

David: “Sto messaggio infatti me pare quello che lessi a Bjornkulla in cui mi informavi di questa tizia…”

Foto del giorno

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Scatto (bruttissimo oltretutto) rubato da venerdì 24 giugno 2011. Con la polo blu di Piazza Italia. E’ la sera dell’esame di storia della lingua italiana modulo B, ripetuto dopo aver rifiutato il 22 al primo appello. Siamo in un locale nei pressi di Ciampino. La giornata successiva sarebbe stata abbastanza particolare.

Primo maggio

Il primo maggio è il capolinea del freddo, del brutto tempo, lo spartiacque fra estate e inverno, più del 21 marzo, più del cambio dell’ora. Un mese fa avevamo il maglione, fra un mese saremo già al mare, faremo tardi tanto il giorno dopo sarà festa. Beata Repubblica. Giornate cupe e nuvolose, instabili e con scrosci d’acqua, hanno lasciato il campo, dentro quel senso tiepido di maggio, il colore più netto del cielo, il primo bisogno di dissetarsi. Primo maggio, tutti a casa, o meglio tutti in strada, prati e fave, fiasco del vino e grigliata, l’Italia nella sua essenza cortese e casareccia.

Ne ricordo diverse di queste giornate, quella più lontana nel tempo ma non nella memoria è del 1994, ero al mare, a Torvajanica, sette anni sono pochi ma non pochissimi per ricordarmi la radio che dentro la nostra Regata bianca parlava di Ayrton Senna in fin di vita. Imola, Gran Premio di San Marino, una curva, quella del Tamburello, e l’impatto. La fine. Uno shock, forse il primo, quelli che ricordi per bene perché sono indelebili e non conta se sei ancora in prima elementare.

Oppure, ripenso al 2002, io in veranda a capotavola, mia nonna sul divano in sala. Le equazioni, un quaderno a quadretti, la fatica e le difficoltà, ma soprattutto la testa già rivolta al 5, sì a quel 5 maggio, quattro giorni dopo. L’attesa. Poi ci sono memorie più vicine, la passeggiata a San Pietro nel 2011 per la beatificazione di Giovanni Paolo II, tre anni fa, lontano ma particolarmente attuale ora che è santo, oppure lo scorso anno, niente festa perché oltremanica non si celebra e quindi lezione a scuola in attesa del Bank Holiday del lunedì dopo, con il biglietto in tasca per Liverpool e l’emozione galoppante di un ritorno.

Sento la Camusso parlare nel frattempo: lavoro, sindacati, chiacchiere come sempre, difficile credere a chi guadagna uno sproposito e beneficia di mille ingiustificati privilegi, ma la faccia sporca di questo paese sono anche questi indecifrabili controsensi, come quelli che applaudono poliziotti condannati, colpevoli di aver ucciso un ragazzo 18enne e si arrogano il diritto di avere ragione. Come fanno tutti d’altra parte, perché qui non sbaglia mai nessuno.

Buon primo maggio