Le lunghe attese e la grande noia /2

Mercoledì 18 aprile 2007, Milano. Sembra essere il giorno scelto dal destino per benedire lo scudetto dell’Inter dopo diciotto anni di attesa, così decido di andare a Milano per la sfida tricolore contro la Roma avversaria principale di quella stagione. Una vittoria potrebbe consegnarci la matematica certezza e dare il via ad una festa clamorosa. Parto con il volo della Ryanair delle 6.50 da Ciampino, mi sveglio quindi alle 4.00 anche se l’ansia notturna mi tormenta già dalle 2.30. Sbarco ad Orio al Serio e mi dirigo verso Milano che raggiungo pochi minuti prima delle 9.30. Essendo mercoledì, la città è già sveglia da diverse ore e tutto procede come un normale giorno lavorativo, ritiro il mio biglietto presso la sede della Legacalcio in via Rossellini ed alle 10 inizia il mio avvicinamento verso la partita delle 17.30. Le sette ore abbondanti che mi attendono per poco non mi ammazzano. Vado a p.za del Duomo, in Galleria, mi faccio fregare da una ragazza dell’Euroclub che mi incastra con una promozione letale, mi dirigo verso il Castello Sforzesco, ma il tempo sembra non passare mai. Mi siedo su una panchina, leggo la Gazzetta che titola “Inter è il giorno?” e mi viene sonno, non è nemmeno metà mattina e sono in piedi già da mille ore, la tensione mi dilania e la stanchezza non mi aiuta, anzi, peggiora la situazione. Pranzo e vado verso la stadio, raggiungo il piazzale sotto la Curva Nord alle 14.30 ed inizia un’altra attesa infinita. Ad un certo punto mi isolo, ascolto un po’ di radio, mi sintonizzo su Sciambola su Radio Deejay con l’obiettivo di farmi distrarre e di vedere il tempo scivolare via. Alle 16.30 entro a San Siro, l’ultima ora è pesante come una Via Crucis e poi finalmente entrano le squadre in campo, ma sono talmente “finito” che non ci faccio nemmeno caso. La partita si mette male, al novantesimo l’amarezza finale del 3-1 per la Roma, sarà la degna conclusione di una giornata cominciata male. Lo scudetto è rinviato alla domenica successiva, mentre io torno sconsolato verso la stazione dove sarò costretto ad aspettare due ore il treno delle 22.35 che mi riporterà a Roma, al termine di una delle nottate più tormentate della mia esistenza per cinquecento motivi.

Lunedì 11 agosto 2008, Liverpool. È la celeberrima notte all’aeroporto, la lunga attesa all’interno del John Lennon Airport. Considerando il volo alle 6.30 e l’obbligo di arrivare al check-in almeno un’ora e mezza prima, decido di non prendere la camera per l’ultima notte in Inghilterra. Trascorro le mie ultime ore da Scouser al Tavern e verso mezzanotte, mi reco a Skelhorne st. davanti la stazione di Lime street, dove incontro una coppia di ragazzi veneti diretti verso l’aeroporto come me. Nel giro di mezz’ora giungo a destinazione e comincia una notte memorabile. Scrivo, sento la musica, sistemo la valigia, vado al bagno 30 volte, provo a dormire su una sedia a rotelle presa di nascosto dietro un bancone dell’assistenza, ma il tempo non passa mai. Alla fine decido anche di mettermi a litigare con alcuni ragazzetti che al di là del vetro continuano a sbattere su quest’ultimo cercando di attirare la mia attenzione verso di loro, solo per farmi una serie interminabile di gestacci. Innervosito dall’evolversi della situazione, mi rifugio nell’unico market aperto dove compro dei biscotti ed una bottiglietta d’acqua, un doppio acquisto che mi permette di svuotare le mie tasche dalle ultime sterline. Arriva finalmente l’ora X, ma una comunicazione ci avvisa che l’aereo partirà in ritardo, pago nel frattempo un bell’extracharge di 16 pounds e finalmente mi imbarco dopo 7 ore di attesa nel grigio aeroporto del Merseyside.

Dopo aver affrontato situazioni del genere come posso non sopportare un’attesa dal medico di un’oretta?

Le lunghe attese e la grande noia

Solitamente, quando sono in fila oppure devo aspettare qualcosa, mi faccio coraggio ripensando ad alcuni momenti del mio passato, situazioni in cui in maniera ancora inspiegabile sono riuscito a superare attese infinite e di conseguenza ore di noia mortale. Ho vissuto giornate ed esperienze caratterizzate dalla noia, momenti in cui grazie ad una pazienza mostruosa, sono stato in grado di uscirne in qualche modo. Pochi giorni fa, mentre ero seduto nella sala d’aspetto in uno studio medico, per ingannare il tempo ho ripensato alle più grandi attese della mia esistenza. Qui di seguito riporto una specie di lista, che tranne nel primo caso, non è in ordine di importanza e nemmeno di rottura di palle.

Lunedì 20 marzo 2006, L’Aquila. Insieme ad Andrea e a suo padre, colonnello della Guardia di Finanza, ci rechiamo nel capoluogo abruzzese per la prima prova del concorso indetto dalla Finanza stessa. Saltiamo il compito di matematica con una buona scusa e ci avviamo in macchina verso la nostra destinazione; il tempo grigio e piovoso ci scorta fino alla caserma dove inizia una tortura di dimensioni monumentali. Andrea si sottopone al test prima di me, ovvero nella tarda mattinata, mentre io rimango in una saletta nei pressi del bar, con il padre del mio compagno il quale poco dopo, mi abbandona per dei motivi di lavoro. Cominciano tre ore di fuoco, fin quando Andrea esce dal quiz abbastanza soddisfatto ed andiamo a pranzo tutti insieme in un alimentari in un paesino nelle vicinanze. Il pomeriggio tocca a me, tra la fila per entrare nella palestra adibita alla prova, il riconoscimento con i documenti, le spiegazioni del test ed il quiz, passano altre 5 ore drammatiche. Esco dalla palestra che sono le 19 passate, raggiungo Andrea e suo padre al parcheggio e con scarsa soddisfazione, dopo un test poco convincente e tramortito da una giornata infernale, facciamo ritorno verso Roma. Nella storia del mondo, questa giornata, rimane la più noiosa e stancante di tutti i tempi, dal neolitico ad oggi.

Domenica 23 maggio 2004, Jesi. La Virtus, dopo un anno giocato in Legadue, raggiunge la finale dei Play-off ed affronta in Gara 1 Jesi. Insieme ad Alessandro decidiamo di raggiungere la cittadina marchigiana per non far mancare il nostro sostegno alla squadra e così, dopo un viaggio in treno abbastanza tranquillo, arriviamo a Jesi in leggero anticipo: quasi 4 ore prima della partita. Fermi alla stazione, ci rifugiamo in un bar considerando il freddo insolito di questa giornata di fine maggio. Stanco, teso per la partita ed imbottito d’ansia, dopo un po’ mi metto su una panchina a ridosso dei binari mentre Alessandro si guarda il Gran Premio in tv dentro il bar. Cominciano due ore di noia stratosferica, determinata anche dal mio incupimento e dalla mia incapacità di parlare o ragionare lucidamente poco tempo prima di un impegno sportivo importante. Terminata la gara di Formula 1, andiamo alla ricerca del bus che deve condurci al Pala Ezio Triccoli. Dopo aver domandato un po’ in giro, ci rendiamo conto che il palasport non sarà facilissimo da raggiungere e qui Alessandro pronuncia una delle frasi più grandi che io abbia mai sentito, forse anche per la situazione quasi surreale: ”Vabbè adesso non è che Jesi sarà grande come Tokyo”. Raggiungiamo il palasport in mezz’ora ed attendiamo che arrivino i nostri amici da Bologna per almeno un’ora, con l’atmosfera che nel frattempo si inizia a surriscaldare grazie ai tifosi marchigiani che prendono di mira me ed il mio compagno. La partita termina con la vittoria di Jesi all’ultimo possesso dopo una grande rimonta della Virtus ed un finale punto a punto. Saliamo sul pullman con direzione Bologna insieme ai nostri amici anche per fuggire ad un’improvvisata sassaiola, arriviamo a Casalecchio alle 22.30 e da lì raggiungiamo la stazione in attesa che arrivi il treno delle 00.45 proveniente da Milano. Dopo aver preso posto nello scompartimento, inizia un viaggio di ritorno di oltre 4 ore che mi vedrà sveglio costantemente, intento nel contare le stazioni cercando di ingannare il tempo e la noia mortale, classica nemica del viaggiatore che non sa dormire sui mezzi di trasporto. Roma ci accoglie alle 5, e la stazione Tiburtina “mi abbraccia” in condizioni oggettivamente disastrose  

Continua…

La ricerca della noia

Tre settimane senza libri e due lontano dal mio nuovo incarico all’ufficio eventi. Le mie vacanze procedono a gonfie vele e sono entrate nel vivo già da diversi giorni, regalandomi finora tutto quello che desideravo: grandi dormite e massimo riposo che qualche volta (raramente) è sfociato anche in noia. Nessun viaggio (dal 21 in poi mi attendono migliaia di km), nessuna scampagnata, ma molta casa e poco mare. Non faccio nulla e sono ammaliato da questa straordinaria opzione, erano due anni che agognavo delle ferie e da quando le ho raggiunte ne sto assaporando ogni attimo. L’unico sforzo che mi concedo è la palestra tre volte a settimana come sempre e la corsa la domenica, per il resto, zero assoluto. Nemmeno la movida romana mi ha visto grande protagonista finora, anche se qualche birra in compagnia non è mancata: la scorsa settimana con Daniele e Simone, la sera dopo a Frascati con il gruppo dell’università, per finire ieri a Ostia con Gabriele presso La Spiaggetta. Tutto procede anche se l’unico mezzo rimpianto è il mare e qualche bagno in più che avrei potuto fare, ieri infatti è stata soltanto la mia terza presenza a Torvajanica, un dato che molto probabilmente si può considerare un record negativo. Per non perdere del tutto l’abitudine o l’allenamento, mi sto leggendo un bel classico della letteratura contemporanea: La coscienza di Zeno, un romanzo che sta colmando alla perfezione alcuni momenti delle mie giornate. Per quanto riguardo la situazione biglietti con cui avevo chiuso un post qualche giorno fa, posso dire che la vicenda ha preso una piega positiva: oggi è stato acquistato il tagliando per Inter-roma del 21 agosto, mentre per la finale di Supercoppa sono riuscito ad accaparrarmi il prezioso biglietto con greenticket.it. Sono in attesa che quest’ultimo mi venga consegnato attraverso il corriere espresso, ma vittima del mio pessimismo relativo a questo genere di cose, ho deciso che non comprerò i biglietti per il viaggio fin quando il prezioso tagliando non sarà al sicuro fra le mie mani. In questi casi  lo scetticismo, i timori e le scaramanzie non sono mai troppe. Comunque sia il programma di domani prevede il nulla fino al pomeriggio, dopo un po’ di palestra e nuovamente il nulla, la mia personalissima ricerca della noia prosegue splendidamente.

Buona notte.    

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(Ognuno di noi cerca ciò di cui ha bisogno)