Provincia di Roma Nord

 “Qui sono tutti in urto l’uno contro l’altro, in modo che sorprende. Animati da un singolare spirito di campanile, non possono soffrirsi a vicenda”.

Johann Wolfgang Goeth

Arrivo sulla notizia con colpevole ritardo, almeno di qualche giorno, ma questo significa che ho vissuto le ultime ore con l’illusione che i secessionisti romani non esistessero. Invece, devo ricredermi anche su questo, ma come direbbe mio padre “Da sto paese te puoi aspettà de tutto” e questa ultima notizia lo testimonia. Senza dilungarmi troppo, qui trovate il link dell’articolo riportato anche da La Stampa su un nuovo partito, il PIRN, ossia il partito per l’indipendenza di Roma Nord. Da che voi vi chiederete? Da Roma Sud, dal resto della città, dalle borgate, dalla periferia più dura e cruda, anche quella più degradata. La notizia è tanto surreale quanto ridicola, e di conseguenza molto divertente.

Nella sua assurdità si annidano tante cose, la follia innanzitutto, la trovata “geniale” per certi versi dei tre ideatori che l’hanno tirata fuori ed un marchio di fabbrica tipico dell’italianità: la non sopportazione, l’odio reciproco e totale, l’intolleranza, il razzismo, lo starci fondamentalmente tutti sul cazzo, senza distinzioni.

Questo è il punto principale, senza troppo giri di parole. Noi storicamente ci odiamo reciprocamente, fra villaggi confinanti, fra città, fra regioni, nord e sud, insomma una enorme baraonda in cui esiste solo il noi e il loro. Una dicotomia costante, articolata in sottocategorie ma che si riassume nell’ostilità. D’altra parte è tutto molto normale nel paese del campanilismo, delle cento città, dove esiste un qualcosa di atavico, dove da otto secoli si detestano pisani e livornesi in seguito alla battaglia della Meloria.

L’Italia è questa e chi non lo vuole ammettere non vuole riconoscere la realtà frastagliata e infinitamente complessa di un paese unito da poco tempo e storicamente diviso. Fieramente diviso.

Un giorno ci scriverò un saggio su questo, sul rapporto e l’interazione fra rivalità, tradizioni, storia e sport. Sì perché questo ultimo è indubbiamente legato a doppio filo ai discorsi precedenti. Il calcio soprattutto è la cassa di risonanza che amplifica tutto. E se tu non sopporti quella città, puoi sfogare il tuo odio e rancore attraverso una squadra che incarna la tua origine e quindi il tuo profondo fastidio per qualcun altro, che non tifa per un’altra formazione, bensì che viene da un’altra città.

Ecco, chi non capisce questo, si smarrisce e concordo con lo storico inglese John Foot quando asserisce che non puoi capire l’Italia se non ne comprendi il valore simbolico e sociologico del calcio, questo è infatti indubbiamente il terreno di confronto più facile e libero, il luogo figurato comune in cui sbandierare senza timori il detestare “quelli di quel posto lì”.

Tornando a Roma, mentre i vari partiti stanno cercando il proprio candidato per il Campidoglio, dobbiamo registrare anche questa banda di discutibili personaggi. Originali, bravi nel capire che con una trovata così buffa potevano ottenere un po’ di visibilità e pubblicità, ma non troppo lungimiranti nel non rendersi conto che una tale pagliacciata avrebbe conferito loro sì qualche mezz’ora di gloria in cambio di renderli altamente improponibili.

Considerando che Ponte Milvio dovrebbe essere il punto di raccolta di questa nuova provincia che come targa dovrebbe avere RMN (RN è Rimini), hanno provato a chiederla ma non avevano fatto i conti con la città romagnola. Una nuova realtà insomma, una nuovo capoluogo di provincia, dove tutti sono ricchi, dove tutti hanno la filippina che il giovedì si prende il giorno libero, dove tutti hanno il SUV, dove i figli sono obbligatoriamente pariolini, dove la macchinina diventerà sempre più status symbol per i teenager, con Porta Flaminia colonne d’Ercole, prima che il Muro Torto conduca verso il mondo oscuro, prima che via Morgagni porti nell’agghiacciante dimensione popolare, magari della Stazione Tiburtina. Deve essere una brutta città questa, questa nuova che sorgerà intendo, con ragazze che hanno il nome delle strade: Flaminia, Aurelia, Cassia, dove il portafoglio è gonfio, dove le terrazze guardano il Cupolone, dove se fai una rissa ti picchiano con la cintura di Gucci o Versace. Quel mondo che va al mare a Fregene, che percorre l’Aurelia e sta più vicino alla Roma-Firenze.

Io non vengo da là, vengo dall’altra parte, esattamente dal lato opposto, da quel mondo da cui certa gente vuole dividersi. Io provengo dalla periferia sporca e disagiata, con problemi e pochi soldi, dove la cinta è falsa e devi stare attento che non te la tatuano addosso a forza di dartela sulla schiena.

Vengo da lì, fortunatamente, da dove almeno non c’è nessuno che partorirebbe una stronzata di tali dimensioni, come quella di chiedere l’indipendenza alla propria città.