Quella del 2001 (Parte II)

Il 17 aprile inizia la serie finale di Eurolega, il Tau di Vitoria ha eliminato l’AEK Atene e si evita quindi una rivincita del ‘98. Si comincia a Bologna e la Virtus deve fare a meno di Griffith operato da pochissimo al menisco e al quale il professore Lelli non ha dato l’ok per giocare. Foirest apre il match con una bomba, si va sotto 0-5 ma la Virtus non è mai in grado di entrare in partita, Andersen prova a sostituire Griffith ma non è la stessa cosa, finisce 65-78 e il fattore campo salta subito, con la Kinder che perde l’ipotetico vantaggio.

Dopo 48 ore si torna in campo e c’è anche Griffith che domina letteralmente e fa 8 punti nel primo quarto. Big Vic Alexander non lo tiene, lui si batte i pugni sul petto e io sono carico come una molla. Il primo round a Bologna si chiude 1-1 prima di andare a giocare le due gare in Spagna 14 giorni più tardi.

Aprile diventa anche il mese della coppa Italia e il primo obiettivo viene centrato in maniera fin troppo facile. Biella e Roma vengono eliminate, Pesaro fa il colpaccio nell’altra semifinale e sbatte fuori 88-87 la Fortitudo mentre io sono in macchina con mio papà a fare benzina alla Fina di Via Filippo Meda. La finale è così una classica del basket italiano, ma l’equilibrio sul parquet di Forlì dura poco, la Virtus distrugge la VL pesarese e Smodis con un paio di picconate chiude il conto sull’83-58.

La coccarda tricolore da mettersi sulla maglia è l’antipasto migliore per il viaggio in Spagna dove la Virtus ha l’obiettivo di portare a casa almeno un successo per giocarsi la bella in Gara-5 a Bologna. Il primo maggio Ginobili gioca una delle sue partite migliori e la Kinder vola sul 2-1 che significa avere il primo match-point il giovedì dopo. Fra Gara-3 e Gara-4 mi ammalo, mi viene la febbre ma costringo mia madre a venirmi a prendere da mia nonna per andare a casa a vedere la partita su Telepiù. Sa che all’ordine sovrano non può che arrendersi, vado a casa e perdiamo, 2-2, tutto rimandato a martedì 10 maggio a Bologna per Gara-5, la partita che incoronerà la squadra campione d’Europa.

Fa un caldo tropicale nel frattempo, due giorni prima mio papà ha appena festeggiato i 50 anni, ci sono le elezioni, Berlusconi sta per riprendersi il paese, Veltroni la città di Roma, io quasi Veronica.

Vivo la partita divorato dall’angoscia anche se si mette bene, il finale non è da batticuore e questo mi salva, vinciamo 82-74 e siamo campioni d’Europa ancora una volta.

Per completare l’opera manca lo scudetto ed è chiaro che come nel 1998 la finale sarà un derby. Succede, puntualmente. Gara-1 si gioca la sera precedente alla mia prima prova d’esame delle medie. Ascolto la partita via radio, seduto in poltrona in sala, in una sorta di ritiro e silenzio mistico. Finisce 86-81 e il giorno dopo faccio un buon tema, carico dalla sera precedente.

Gara-2 va in scena sabato 16 giugno. Passo la giornata al Big Gym, è la vigilia di Roma-Parma, la partita che 24 ore dopo regalerà lo scudetto ai giallorossi. Scruto l’Olimpico dallo Stadio dei Marmi e penso a quello che sta per succedere. L’idea mi fa inorridire e verso le 5 rincasiamo per vedere il secondo tempo di Paf –Kinder in onda sulla Rai. Impreco sul 490 che va lento su Via tiburtina mentre sento la cronaca via radio, Alessandro ha l’altra cuffia e tifa per la Fortitudo. Arriviamo a casa di mia nonna in tempo, siamo sudati, sporchi, puzziamo e sembriamo stravolti come se fossimo tornati dall’Afghanistan, ci mettiamo sul divano e la Virtus chiude il discorso con un 77-71 fuori casa che mette l’ipoteca sullo scudetto.

Il tricolore numero 15 arriva il 19 giugno, prima del mio orale, finisce 83-79, Myers gioca l’ultima partita in canotta biancoblu e quando esce per falli, tutto il pubblico della Virtus si alza e gli rende omaggio: applaude l’avversario di sempre, il nemico giurato, il campione più temuto.

Una grande forbice sbuca sulla gradinata bianconera, tenaglie pronte a scucire il tricolore dalle maglie dei rivali per metterlo sulla canotta affianco alla V. E’ il trionfo di Messina e di una banda di giovani incredibili che da lì a poco andranno in giro a vincere addirittura titoli NBA e Euroleghe varie.

L’anno di transizione diventa l’annus mirabilis, il capolavoro più grande e imprevisto, e per questo, senza dubbio più bello.

E quindi? La Virtus del 1998 era fatta da uomini con una caratura mentale inarrivabile, talento e forza psicologica, quella squadra avrebbe vinto contro chiunque in gara secca. Quella del 2001 aveva più talento e molta meno pressione, una incoscienza diversa che però le ha permesso di essere, dati alla mano e con l’almanacco bello in vista, la Virtus più forte di sempre.

Quella del 2001 (Parte I)

“Sì, ma secondo te, era più forte quella Virtus, quella della doppietta del 1998, o quella della tripletta del 2001?”

Mi rispondo magari il 19 giugno.

 

Finiva cosi il post del 31 maggio ed il momento è arrivato. Tante volte mi sono posto la questione, non solo io ovviamente, una domanda a cui è veramente difficile rispondere ma alla quale proverò a dare una mia idea.

Da dove partiamo? Direi dall’estate, o forse dal 30 maggio 2000, quando la Fortitudo per la prima volta vince lo scudetto. Al quarto tentativo, due anni dopo quel 31 maggio 98, l’aquila biancoblu raggiunge il traguardo sperato da una vita. Bologna si ribalta, cambiano le gerarchie ma non solo.

Cazzola, il grande patron della Virtus invincibile lascia, Madrigali prende il comando della V nera, la squadra viene rivoluzionata, ma il punto fermo rimane sempre lui, il coach Ettore Messina. Arrivano giovani di prospettiva e dalle qualità indubbie: Manu Ginobili, 22enne italo-argentino, l’anguilla di Baia Bianca e Marko Jaric, serbo 22enne che passa dalla F scudata alla Kinder, attraversando semplicemente Bologna come Frosini tre stagioni prima. A questi si aggiungono un lungo giovane e capace come David Andersen, un centro enorme, 2.11 che di nome fa Rashard e di cognome Griffith il quale dominerà le aree pitturate dei parquet di tutta Europa e un giovanotto sloveno, una ala grande con una mano molto educata dall’arco che va sotto il nome di Matjaz Smodis.

Il materiale non è male, anzi, va sgrezzato, c’è tanta gioventù ed esuberanza che va mixata con gli storici senatori: Rigadeau, Sandro “Picchio” Abbio, Hugo Sconochini e Sua Maestà Danilovic.

La leggenda virtussina però, ad inizio ottobre, poco prima che inizi il campionato, dopo le Olimpiadi di Sydney, dice basta e chiude con il basket. A 30 anni, dichiara che non ce la fa più e che le sue caviglie non sono più in grado di andare avanti a certi livelli. Il vuoto. Questo è quello che genera una decisione così, la quale lascia nello sconforto mezza città e gli amanti della pallacanestro.

Danilovic abbandona il basket giocato, il campionato sta per iniziare e l’ultimo scossone arriva da un altro uomo di grande carisma come Sconochini che viene trovato positivo al controllo anti-doping. In pochi mesi, la Virtus viene ridisegnata del tutto, ma come spesso capita, da una tornado di dimensioni devastanti e in un contesto tutt’altro  che promettente, viene fuori la stagione perfetta. La più grande stagione della storia della Virtus Bologna, quella del Grande Slam.

La Kinder parte male, perde la Supercoppa, alla terza di campionato scivola a Udine, perde a Atene in Eurolega, Messina capisce definitivamente che dovrà compiere un miracolo per dare chimica e fisionomia ad una squadra di talento ma acerba e soprattutto orfana di due guide.

Quando la Virtus torna in campo è il 5 novembre e batte al Palamalaguti la Scavolini Pesaro 86-78, sembra una vittoria normale, in realtà, da quel momento in poi, la Kinder non perderà più.

Infila una striscia di successi che termina a marzo, dopo un supplementare a Varese. I bianconeri macinano punti e vittorie trascinati da Ginobili e Jaric, la svolta dell’anno arriva a pochi giorni da Natale quando a Casalecchio arrivano i campioni in carica della Paf Fortitudo ed il derby si trasforma in un massacro sportivo di dimensioni spropositate.

La Virtus vince 99-62, un +37 che cambia la storia del campionato. Perché pochi giorni dopo la V nera va in testa da sola e ci rimarrà fino al termine della stagione.

La squadra decolla, nessuno riesce a spiegarsi l’esplosione totale di un gruppo così nuovo, i giovanotti non cedono alle pressioni ma si caricano la V nera sulle spalle e la portano passo passo in cima a ogni competizione. A febbraio la Virtus gioca a Roma e vado a vederla, per la prima volta. Ho 13 anni e vado da solo, in curva, nel settore ospiti. Vinciamo comodamente e nel turno infrasettimanale passiamo anche al BPA di Pesaro allungando a + 12 sulla Fortitudo.

Arriva il derby di ritorno che lo vince la Paf ma nel frattempo la corsa delle bolognesi in Europa sta per incrociarsi ancora, come nel 1998 e nel 1999 e ancora una volta in semifinale, con una serie al meglio delle 5.

Parto in gita con la scuola e la mia preoccupazione più grande è questa partita che grazie a Telepiù nero posso vedere. È un remake del derby d’andata di campionato, finisce solo con un +27, ma due giorni dopo in Gara-2 la musica è diversa. La F scudata non molla e si fa sotto, l’eroe di giornata è Davide Bonora che nel secondo tempo sposta gli equilibri e dà il 2-0 alla Kinder. Cinque giorni più tardi si va per Gara-3 in casa della Paf, e quando il collegamento inizia, Geri De Rosa di Telepiù apre dicendo: “Dopo due partite a Casalecchio la serie si sposta ora nel centro di Bologna, al PalaDozza.” Non chiedetemi perché, ma a me ‘sta frase ha sempre esaltato in maniera indicibile e ci ripensavo proprio pochi giorni fa.

Si mette male, l’aquila scappa e la Virtus soffre. Poi, sul + 20 Fortitudo, dopo una bomba di Myers, non so cosa succeda. Loro spariscono e la partita cambia del tutto. Ginobili fa canestro da ogni posizione, bucherebbe la retina anche da Piazza Maggiore, la Paf va in tilt totale, il parziale della quarta frazione recita 1-25, Frosini mette un canestro d’oro, arriva il soprasso e io vivo gli ultimi secondi praticamente in mutande per la trance agonistica nella quale sono entrato.

Finisce 70-74 che significa 3-0 e finale di coppa campioni. La quarta finale europea in 4 anni e la terza volta in cui in uno scontro diretto continentale la F scudata si piega alla forza della V nera. Corro per casa come un ossesso e finisco la mia cavalcata addosso al comodino di mia madre in preda a uno di quei momenti di esaltazione che sarà dura poter rivivere…

(CONTINUA)

“Raccontami domenica 31 maggio 1998”

Ho sempre sperato che qualcuno mi chiedesse di raccontargli il 31 maggio 1998 ma non è mai successo. Chi lo ha vissuto non ha bisogno che ci sia io a rammentarlo, ovvio, chi non sa cosa sia, non ha interesse a saperne di più, ma visto che il blog è mio e ci scrivo quello che voglio, la domanda l’ho fatta a me stesso e quindi devo rispondermi.

“Matteo, ma quella finale scudetto del ‘98?” Che storia, ma prima di arrivarci bisogna raccontare i 450 mila dettagli che intercorrono dall’estate del 1997 a quella domenica di maggio. La corsa agli armamenti inizia sotto l’ombrellone e mentre Seragnoli svuota il salvadanaio per accaparrarsi Fucka, Rivers e Wilkins, Cazzola rilancia e riporta sotto le due torri Danilovic, al quale affianca Rigadeau, Sconochini, Nesterovic e Frosini che ha appena fatto il salto del fosso e al derby d’andata sarà omaggiato dai tifosi avversari con un sacco di denari e chiamato Badoglio.

Le due superpotenze iniziano la stagione consapevoli che dovranno battere sempre l’altra per aggiudicarsi tutto quello che c’è in palio e la prima collisione arriva alla decima di campionato, vince la Virtus e Danilovic si riprende il palcoscenico immediatamente. A gennaio, in coppa Italia, vince la Teamsystem che poche ore dopo superando la Benetton TV metterà in bacheca il primo storico trofeo dell’aquila biancoblu. Danilovic a fine partita dirà semplicemente: “A me della coppa Italia non me ne può fregar di meno, li batteremo quando servirà”. Capiterà. Perché a marzo, a pochi giorni dalla prima storica stracittadina europea, la Fortitudo si porta a casa il derby di ritorno ma nessuno ci fa quasi caso, si pensa alla doppia sfida in settimana. Gara-1 dei quarti di Eurolega, si trasforma nel famoso (N)Euro-derby. L’adrenalina che accompagna le squadre è esagerata e alla prima scintilla divampa l’incendio. Savic e Fucka litigano sotto canestro, si allacciano ma non si mollano, l’italo-sloveno tira una pallonata al virtussino, Abbio reagisce e lo spintona: scoppia la rissa. Entrano tutti in campo mentre Danilovic e Myers si cercano in ogni modo pur di venire alle mani. Tentano di picchiarsi tre volte, il tappo è saltato, e il nervosismo mescolato alla pressione che opprime le due squadre da settimane esplode così. Vince la Virtus, la F scudata chiude con 3 uomini in campo per via delle espulsioni, ma le conseguenze più grandi ci saranno in Gara-2 che si gioca in casa della Teamsystem 48 ore dopo. C’è Danilovic ma manca Myers squalificato. Dante non avrebbe potuto immaginare una bolgia infernale più grande, e mentre il PalaMalaguti ribolle ed è assetato di sangue bianconero la partita scivola via finché la Virtus rimane attaccata alla sfida e piazza il colpo del k.o. nel momento decisivo. Finisce 2-0 la serie, la Kinder vola a Barcellona a giocarsi la sua prima storica Final Four, con i pochi tifosi bianconeri che dal settore ospiti cantano ai cugini: “Vi mandiamo una cartolina!” e di cartoline a Bologna, un mese dopo, ne arriveranno a centinaia.

La Virtus si porta a casa la Coppa Campioni e mentre Messina ricorderà: “Siamo stati i primi ad avercela fatta, non conta chi verrà dopo di noi” rilanciando la sfida all’avversario di sempre, ci si rituffa nel campionato che ha visto la Virtus chiudere davanti alla Fortitudo in regular season. Ovviamente quarti e semifinali sono una formalità, la finale annunciata arriva e si comincia in casa Virtus. Il fattore campo salta subito, vince la F scudata, Gara-2 farà infuriare Seragnoli per le decisioni arbitrali, Danilovic la decide con due liberi sul finale. La terza sfida la Teamsystem la gioca meglio, vince, e si porta a un passo dal tricolore. Titola così anche SuperBasket, “Ad un passo dalla storia”, perché giovedì 28 maggio 1998 sembra essere il giorno per il primo scudetto dell’aquila biancoblu. La partita è la fotocopia di Gara-2 di Eurolega, anche nel punteggio, e la Virtus la tiene in vita prima di vincerla con Abbio che punisce con una tripla un accoppiamento difensivo sbagliato voluto da coach Skansi. Si va così a Gara-5, domenica 31 maggio e si arriva alla partita più importante della storia di Bologna con una statistica che recita: 9 derby giocati in stagione e 619-619 come punteggio totale. Totale equilibrio. Prima della corrida finale, la leggenda narra che Messina non abbia detto nulla ai suoi nello spogliatoio a pochi minuti della palla a due, se non un “Giochiamo un partita da Virtus” che significa resistere con l’orgoglio e la tenacia a una Fortitudo superiore e più brillante a livello atletico.

La Teamsystem scappa via e la Virtus arranca, al terzo quarto guida con un +10 che sembra mettere al sicuro la partita. La V Nera rientra un passo alla volta e Messina sfodera ancora la zona che paralizza l’attacco biancoblu costruendo l’ennesima rimonta stagionale, con la Kinder Band che va anche contro regolamento pur di ricaricare la molla ad un pubblico esausto da un braccio di ferro infinito con i nemici di sempre. Punto dopo punto la Virtus torna sotto e nel finale succede di tutto, succede l’impossibile. A 18 secondi dallo scadere, sotto di 4, Danilovic entra per sempre nel mito, sa che è il suo momento, perché i grandi campioni sono tali anche grazie alla capacità di riconoscere quegli attimi. Decide di scolpire il suo nome nella leggenda e senza più legamenti alla caviglia, diventa immortale con il tiro da 4. Tripla più fallo, Zancanella dice che c’è stato il contatto. Sasha infila il libero, pari. Rivers perde il pallone al possesso successivo ma la Virtus non trova il canestro tricolore e si va ai supplementari ma lo scudetto è già stato assegnato sul tiro di Danilovic. La F si scioglie, il serbo domina letteralmente e regala lo scudetto 14 alla Virtus, mentre Myers in panchina, fuori per falli, assiste al dramma fortitudino. Finisce con Danilovic che fa l’inchino, l’invasione e la gioia del pericolo scampato ma soprattutto la certezza di aver vissuto qualcosa di irreale. Il numero 5 bianconero a fine partita dirà il famoso: “C’è chi può e chi non può, io può!” e piazza Maggiore si colora di nuovo di bianconero un mese dopo, per la prima storica doppietta della Virtus.

Ecco, questo è quello che è successo domenica 31 maggio 1998.

“Sì, ma secondo te, era più forte quella Virtus, quella della doppietta del 1998, o quella della tripletta del 2001?”

Mi rispondo magari il 19 giugno…

Il trionfo a GoalUnited

Oertel; Stegen, Recchia, De Gasperis, Tammen; Aletta, Hotes, Vilarinho; Pietrosz (C), Agneray, Pannes. All.: Romeo Pancini.

Questi nomi sono inevitabilmente sconosciuti a tutti voi, tranne al sottoscritto e agli altri miei 11 avversari, questi sono però i nomi che entrano nella storia personale della mia squadra di GoalUnited. Questi 11 eroi sono quelli che sabato 21 marzo, vincendo 1-4 sul campo del Villanova hanno permesso alla mia Virtus SEF di aggiudicarsi il campionato con 3 giornate d’anticipo, raggiungendo così la 4^ divisione del gioco. Dopo tanto tempo finalmente sono riuscito ad impormi stravincendo il campionato, una cavalcata degna di una grande squadra. Un successo dopo l’altro, in una stagione esaltante. Peccato essere usciti al sesto turno di coppa Italia, però, stavolta come non mai, l’obiettivo dichiarato era vincere il campionato, avevo capito che si poteva fare, che era la nostra grande occasione e siamo stati tutti bravi, anzi bravissimi, a vincere. Dopo 19 delle 22 giornate le statistiche dicono che abbiamo raccolto 48 punti, frutto di 15 vittorie, 3 pareggi e una sconfitta contro Acquedotto alla quinta di andata fuori casa. In più ci sono 50 gol fatti e solo 18 subiti, numeri che ovviamente vogliamo migliorare per chiudere in bellezza.

I meriti sono di tutti, però una nota a parte la merita l’allenatore Romeo Pancini che scelsi nella seconda parte della scorsa stagione. L’annata era ormai compromessa ma lì abbiamo cominciato a lavorare in prospettiva cercando di buttare le basi per questa stagione. La programmazione ha pagato e con alcuni innesti non c’è stata storia, nemmeno per Kokigna che era accreditato al successo essendo stato retrocesso dalla quarta serie.

Gli uomini chiavi sono stati i soliti: il leader del centrocampo Dominic Hotes, biondo tedesco dalle giocate sensazionali, capitan Pietrosz, attaccante polacco, una vita nella Virtus, ma è impossibile dimenticare il portoghese Vilarinho, mezz’ala dribblomane e inarrestabile o il bomber tedesco Pannes vero valore aggiunto alla squadra quest’anno. Poi permettetemi una nota di merito per Ivo Wicht, il mio svizzero, l’uomo che presi nel maggio del 2012 (al gioco ogni campionato dura tre mesi) quindi una vita fa. Lui ha giocato meno, anche perché l’età avanza ma è stato comunque provvidenziale e rimane l’anima di questo gruppo.

Abbiamo vinto ma nel frattempo il bilancio sorride, con 20 milioni in cassa e 10 in banca i quali mi frutteranno 1,213,000 di interessi il 9 maggio. La vittoria del campionato mi regalerà anche 1,800,000 di premi, oltre ai 2,500,000 di bonus per aver vinto 12 partite nel campionato. Insomma, entrano anche dei soldi importanti per affrontare la prossima stagione che inizierà a metà aprile, la prima volta in quarta serie, con l’obiettivo di salvarci.

Dopo 3 anni e mezzo ho conquistato così la mia terza promozione, e più passa il tempo e più onestamente mi diverto con un gioco che ha un aspetto a mio avviso fantastico: la scadenza temporale. Sabato e mercoledì si gioca il campionato, il lunedì la coppa Italia, il martedì la partita di coppa europea. Il fatto che si giochi a orari prestabiliti dal software e non come i normali videogame quando uno desidera, rende il tutto abbastanza realistico, anche se i giocatori non esistono, ma sono tutti di fantasia creando di fatto una realtà parallela. Altro che Scudetto o Football Manager, per me Goalunited è un’altra cosa, un altro entusiasmo, un qualcosa che oltretutto mi lega ancora a un determinato periodo. Lunga vita al gioco dei tedeschi della Travian Games, con un milione e mezzo di utenti, e alla mia Virtus SEF che a nessuno si piega e a niente si inchina.

(Vabbè, me sto a allargà, ma abbiamo vinto e dobbiamo celebrare degnamente)

 

Portieri

1 – Oertel (Ger)

22 – Lo Piccolo (Ita)

Difensori

20 – Adiguzel (Tur)

4 – De Gasperis (Ita)

2 – Tammen (Ger)

5 – Recchia (Ita)

6 – Stegen (Ger)

77- Musumeci (Ita)

Centrocampisti

79 – Soviero (Ita)

7 – Aletta (Ita)

14 – Vilarinho (Por)

7 – Hallberg (Svi)

18 – Hotes (Ger)

24 – Roberto (Bra)

96 – Acqua (Ita)

Attaccanti

19 – Wicht (Svi)

15 – Agneray (Fra)

9 – Pannes (Ger)

11 – Pietrosz (Pol)

20 – Tonelli (Ita)

 

Allenatore: Romeo Pancini

Vice: Virgilio Aiolfo

Preparatore portieri: Raul Villa

Preparatore atletico: Aladino Sintuzzi

Psicologo sportivo: Merico Fantauzzi

Medico sociale: Raniero Severgnini

Fisioterapista: Aleardo Zamparini

Addetto stampa: Giuliano Zaccardi

Commercialista: Adalberto Scappini

Allenatore primavera: Rocco Scarlato. 

Grazie a tutti, campioni.

P.S. Io penso che uno alla fine di questo post, dopo averlo letto attentamente, possa pensare che io non ci sto con la testa. Fate bene, è probabile.

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