Lo sceneggiatore della mia vita

Nell’ultimo post chiudevo citando un fantomatico “sceneggiatore della mia vita”, quello che in maniera del tutto volontaria mi ha teso una clamorosa situazione lo scorso 8 maggio. La data, che non è solo il compleanno di mio padre, è particolarmente indicativa perché esattamente un anno prima era successo qualcosa mentre ero nella mia camera di Dublino a inveire contro Stramaccioni in un Inter – Lazio (non una partita a caso). Quella sera successe una cosa per l’ultima volta, e dodici mesi dopo mi sono ritrovato immerso a mia insaputa in uno scherzo del destino architettato dal miglior Marco Balestri. Non posso scendere nel dettaglio per numerosi motivi ma la coincidenza (e sappiamo bene che non esistono) è stata stupefacente.

Sono tornato a casa stordito, infastidito, con un forte sapore amaro in bocca a testimonianza di come certe cose stiano ancora in campeggio con le tende dentro di me. Le coincidenze non esistono dicevo, io non ci credo, certe sovrapposizioni non le vediamo perché ci facciamo caso o perché siamo particolarmente attenti ad alcuni dettagli, no, non è così, le coincidenze sono un modo di chiamare banalmente dell’altro. C’è un lunghissimo filo rosso che si snoda, il problema è che io sono rimasto incagliato in questo gomitolo da tempo e non ne uscirò mai, a quanto pare.

Mi sembra tutto molto bizzarro, sadico e esageratamente crudele, ecco perché vorrei incontrare lo sceneggiatore della mia vita, perché è indubbio che ci sia qualcuno nell’ombra a scrivere e disegnare dinamiche del genere. Da una parte sono orgoglioso che questo sceneggiatore abbia scelto me, perché è chiaro che stiamo parlando di un genio notevole, uno di quelli che passano veramente ogni tanto, dall’altro lato non è così bello ritrovarsi in situazioni di un certo tipo.

La sensazione è che la piega sia irreversibile, nel senso che lo scenario è antipatico per usare un eufemismo. In questo nulla cosmico che permane da tempo e nel quale non accade niente pur volendo il contrario, a volte penso che sia meglio così, nel senso che questo pallido status quo sia meglio di altro, perché per altro ho il profondo timore che sia qualcosa di peggio.

Alcuni affermano che il pensiero positivo faccia muovere il mondo, credo sia vero ma ciò non ha alcun collegamento con il semplicistico essere ottimisti. Questa idea l’ho sempre rigettata con tutto me stesso, perché se io mi sveglio la mattina e sono ottimista non significa che troverò lavoro o che le cose mi andranno bene, non è vero. Stesso discorso vale per l’opposto, essere negativi o pessimisti non causerà nulla di male. L’importante è avere la coscienza a posto e impegnarsi, lo stato mentale può essere utile, ma non è determinante in certe situazioni, non è ciò che cambia l’andamento delle dinamiche. Se uno pensa veramente questo, allora siamo messi male, come quelli che vivono di scaramanzie: se dico che fra dieci minuti avrò un incidente non ci sarà alcuna connessione reale con quello che accadrà, idem se dico che arriverò a casa sano e salvo. Chi si incastra su questi sciocchi dettagli mi infastidisce terribilmente, io la vedo davvero male ma non per questo andrà in tal maniera, ovvio, però mi fido delle mie sensazioni e se non è così, l’alternativa è anche peggio.

Non so minimamente cosa altro abbia in serbo lo sceneggiatore, ma dopo aver familiarizzato con le sue impareggiabili doti bisogna aspettarsi di tutto, anche se ogni tanto potrebbe regalare un colpo di scena piacevole. Invece no, a lui piace così, e la sensazione che si fa sempre più strada è che quella domenica mattina di tanto tempo fa ormai io abbia colpito il terzo palo come Sordo a Amsterdam nel 1992, e sai che è finita e molto probabilmente non ti ricapiterà più quell’occasione. La capiranno in pochi questa metafora, ma quelli la sapranno apprezzare.

 Workshop-di-sceneggiatura-i

Gabriele:“Ma a te non te pare che me succedano cose veramente troppo strane nella mia vita?”

Matteo:“Sì Gabriè, decisamente…”

(Giugno 2010)