Ad un passo dal sogno. Ancora.

Siamo lì, ad un passo dal sogno, a 90 minuti dalla gloria. L’attesa infinita sta per terminare, poco più di 24 ore, e poi sapremo chi riuscirà a completare questo Grande Slam portandosi la Coppa Campioni a casa. È certamente la partita più importante della mia vita.

Iniziava così il mio post del 21 maggio 2010, quello della vigilia della finale di Champions.

Torno a scrivere a distanza di mesi, perche’ l’evento e’ troppo grande, e certe emozioni non possono non essere fissate qua.

Certo, ci sono state altre storie in questi mesi di assenza, la casa comprata – e non proprio un appartamento qualunque – le feste di Natale e i compleanni, ma anche il viaggio a Washington e soprattutto la scomparsa di mia nonna.

Per settimane ho pensato a cosa scrivere della sua morte, eppure, ogni volta che mi avvicinavo al computer per fare questo, sapevo che mi sarei fatto del male, infliggendomi un dolore aggiuntivo. E poi, a volte, non possiamo trovare le parole davvero per tutto.

Nel frattempo, altre storie potevano essere raccontate con tono più leggero, come il viaggio a Nizza e Montecarlo, oppure la settimana dell’Euroderby, la tensione immane e l’emozione più forte di questi ultimi anni.

Tutto questo, alla fine, ci ha portati qua, a venerdì 9 giugno. Fra un po’ vado a lavorare, in serata a giocare a calcetto mentre al Forum inizia gara-1 delle finali del basket e io come si dice in questi casi non so a chi dare il resto.

Ecco, ritrovarmi una finale di Champions League in mezzo alla finale del campionato di basket e’ veramente troppo roba insieme, ma chissa’ come staro’ lunedi.

Come nel 2010, andro’ a Milano con il treno, staro’ in zona stazione Centrale a dormire e guardero’ la partita in un maxi-schermo. Per il resto, le analogie si sublimano nel mio abbigliamento che sara’ lo stesso di quella sera. Stessa maglia, stessi jeans e stessa sciarpa.

Saremo in due, non con Alfredo, ma con mia moglie, e ovviamente la speranza e’ che l’esito sia lo stesso nonostante ci hanno detto che sara’ impossibile.

Non siamo favoriti, e’ vero, non siamo forti come nel 2010, e’ vero, ma c’e’ qualcosa di magico in questo percorso, qualcosa che mi da’ fiducia, una convinzione non terrena. Altro insomma, qualcosa difficile da spiegare.

Le emozioni sono tante perché comunque inattese. Forse, c’e’ semplicemente il fatto di non rendersi conto malgrado tutto e questa sensazione mi avvicina molto a quella vigilia del 2010. Certo, quella era la prima finale, questa ha un sapore diverso, eppure puoi avere 23 o 36 anni, ma il cuore pulsa in modo diverso rispetto a giorni normali, in paragone alla vita di sempre.

Sara’ la nostra notte? Sarà una nuova impresa? Non lo so, ma di una cosa sono convinto: abbiamo sognato come non succedeva da tempo. Abbiamo gioito e vissuto brividi che avevamo dimenticato. Il viaggio e’ stato meraviglioso e ci rimarra’ dentro, al di la’ della destinazione.

Andiamo a Istanbul, ma forse sembra più Itaca. Si, quella di Costantino Kavafis.

Come ho scritto qualche giorno fa, siamo dei privilegiati, ci sono decine di milioni di tifosi in tutto il continente che vorrebbero essere al posto nostro, invece, almeno per stavolta, sarà il nerazzurro a gremire le tribune del Bernabeu.

Ancora qualche ora, e poi saremo lì, sarò lì, con il cuore che batte forte e la voce che trema, ad un passo dal sogno, a 90 minuti dalla leggenda.

So che potete farcela. Che farete di tutto. Che sentite che vi siamo vicini. Adesso ragazzi. Adesso è il momento. Noi ci crediamo.

Proprio un anno fa…

22/04/2007

Siamo Campioni d’Italia per la quindicesima volta grazie alla vittoria in trasferta a Siena e alla simultanea sconfitta della Roma a Bergamo. Speravo che non succedesse proprio oggi, ma è andata così. Ho sperato fino all’ultimo che la Roma pareggiasse ma il risultato non si è più sbloccato, le vittorie non si possono programmare ma vanno rispettate ed accolte quando arrivano. Nel finale poi mi sono commosso (me lo aspettavo) anche perchè la delusione di non essere né a Milano né a Siena è stata forte e si è andata ad accomunare con l’emozione di un momento atteso diciotto anni, per quanto mi riguarda una vita intera. Mentre scorrevano le immagini di festa negli spogliatoi ed in Piazza Duomo ho ripensato a tutte le volte che ho immaginato e sognato questo momento, a quando giocavo sotto casa con la maglia di Bergkamp della Fiorucci, alle eliminazioni cocenti e a i momenti in cui vedevo gli altri festeggiare. Devo ammettere che c’è stato un momento, un paio d’anni fa, in cui ho cominciato a pensare che l’Inter non avrebbe più vinto uno scudetto durante la mia vita e quindi il mio più grande desiderio sarebbe rimasto incompiuto. Ora invece non riesco a ricordare di aver agognato per due decenni nient’altro (cos’altro c’è che sia sensato agognare così a lungo?), e non mi viene in mente niente che abbia desiderato da ragazzo come da adolescente e da bambino. Siate tolleranti quindi con quelli che descrivono un momento calcistico come il loro miglior momento in assoluto. Non è che manchiamo d’immaginazione, e non è nemmeno che abbiamo un’esistenza triste e vuota; è solo che la vita reale è più pallida, più opaca, ed offre meno possibilità di frenesie impreviste. Dopo aver ascoltato interviste, e aver visto approfondimenti e festeggiamenti in Tv, ho pensato che in nove mesi ho raggiunto ciò che sognavo da sempre (mondiale e scudetto) e che da domani sarò colto da una forma incurabile di nichilismo che mi darà un senso di vuoto nei confronti del mondo. Sono consapevole di aver raggiunto l’aponia e l’atarassia come dicevano gli epicurei nell’antichità, ovvero la mancanza di dolore e di turbamento nell’anima. Per la prima volta in vent’anni mi addormenterò senza questo sogno nella testa, è quasi l’una e mezza di notte ormai, ed  il giorno che aspetto da tutta la mia vita sta per concludersi. Sono finalmente felice, siamo Campioni d’ Italia e non ho veramente più nulla da dire.

Rieti

41cfc1d3f7997372688e6c00db265d8f.jpgDopo la festa del centenario, il mio secondo appuntamento sportivo per questo mese era la trasferta della Virtus a Rieti. Stamattina sono partito dalla stazione Tiburtina con il Cotral delle 11.15 per arrivare a destinazione verso le 12.45, durante il tragitto ho conosciuto tre ragazze reatine che mi hanno spiegato cosa avrei dovuto fare per raggiungere in seguito il palazzetto, ma giunto al capolinea, una di queste (Cinzia) è stata così gentile da accompagnarmi con la sua macchina al PalaSojourner, stupito da questo gesto di gratuita bontà sono arrivato lì dopo nemmeno dieci minuti. La partita è cominciata male fin da subito e dopo aver toccato anche i meno 15, la squadra si è cimentata in una lenta ma efficace rimonta fino all’occasione di Lauwers che a 30 secondi dalla sirena poteva regalarci una vittoria rocambolesca ma che alla fine si è tramutata in un’amara sconfitta per 83-81. Al ritorno sono riuscito a strappare un altro passaggio, stavolta a G. un ex capo ultras di Rieti con il quale avevo parlato prima dell’inizio della gara. E’ stato piacevole scambiare due battute con un tifoso avversario, ma soprattutto notare che esistano ancora dei veri Ultras nel senso reale del termine. Mi ha raccontato della situazione della loro curva e delle difficoltà che sono nate all’interno del gruppo da quando sono entrati nuovi individui che si spacciano per Ultras ma che sono soltanto dei giovanotti teppisti, i quali usano il basket come pretesto per le loro azioni. Giunto con enorme anticipo alla stazione dei pullman sono partito con il Cotral delle 17 e dopo quasi due ore era di nuovo a casa. Durante il viaggio ho fatto tre considerazioni banali ma in verità molto profonde. Meno male che c’è in giro ancora gente come Cinzia, la quale aiuta un semplice sconosciuto in difficoltà, consapevole che non potrà mai essere ricompensata, ma fa questo gesto solo per il piacere di compiere una bella azione. Meno male che c’è ancora gente come G. che intende il mondo Ultras nel giusto modo e a fine partita è così lucido da accompagnare alla stazione un tifoso avversario, il quale sostiene una fede come lui, con dei colori diversi ma condivide completamente la sua mentalità. Meno male che c’è ancora gente come me, che in poco più di mezza giornata va in trasferta a Rieti consapevole di veder molto probabilmente la sua squadra perdere, ma nonostante questo: parte, incassa la sconfitta e se ne torna a casa felice lo stesso per aver fatto tutto ciò spinto semplicemente da una passione pura ed intramontabile.         

Lo stiamo perdendo

Ad agosto dissi forse incautamente che quest’anno non avremmo vinto niente, da metà febbraio continuo a dire che stiamo perdendo il campionato e tutti mi guardano come se fossi eretico, dopo la partita con la Juventus magari qualcuno comincerà a darmi retta. Voglio fare una volta per tutte un analisi della situazione critica che questa squadra sta attraversando da tempo perché è evidente che diverse cose non stanno girando più nel verso giusto. Punto numero uno: la condizione fisica è scadente da oltre due mesi, prima di Natale eravamo uno schiaccia sassi, tornati da Dubai siamo irriconoscibili. L’iniziale giustificazione sulla scarsa brillantezza della squadra, dovuta ai pesanti carichi di lavoro svolti durante la preparazione nella terra degli sceicchi, dopo sessanta giorni non regge più. La flessione atletica sembra ormai cronica e questa influenza nettamente il gioco, facciamo tremendamente fatica a creare palle gol, segnamo poco e subiamo troppo le iniziative degli avversari. Gli infortuni ci hanno falcidiato da inizio anno, però da ottobre fino alla pausa natalizia senza centrocampo abbiamo comunque fatto ottime cose, quindi questa scusa non è tanto ammissibile, resta l’amarezza che come l’anno scorso nel momento decisivo della stagione ci siamo presentati con troppi malati e con dei problemi di gioco e condizione esagerati; questo mi indigna profondamente perché all’Inter non si impara mai dagli errori già commessi in precedenza. Ibrahimovic prima di Inter-Roma (ventisette febbraio), aveva affermato di avere un buco al tendine e negli ultimi 14 giorni ha giocato 5 partite, è lampante che qualcosa non coincida, o è stata sbagliata la diagnosi o lo stanno distruggendo. Negli ultimi tre mesi ci hanno massacrato con la storia dei favori arbitrali, ma ora  dopo che con Liverpool, Napoli, Genoa e Juventus in pochissimo tempo ci hanno penalizzato nettamente nessuno parla di questi torti. Inoltre non vorrei che la situazione fosse scappata di mano a Mancini, nel senso che la squadra non lo segua più, consapevole magari del suo abbandono a fine stagione, il caos post eliminazione dalla coppa non ha certamente aiutato l’ambiente, l’isterismo delle ultime giornate rimane imperdonabile e preoccupante per il finale di stagione. Il dato più scioccante è che in un mese su nove partite ne abbiamo perse 4, vincendone appena 2, trentasette giorni fa avevamo undici punti di vantaggio sulla Roma e ora appena quattro, se i giallorossi non avessero buttato le due occasioni galattiche contro di noi e con la Lazio, subendo gol all’ultimo minuto stasera sarebbero in testa con noi a pari merito. Mancano otto partite, il calendario teoricamente non ci favorisce rispetto alla Roma, ma dobbiamo ripartire immediatamente, sabato all’Olimpico sarà molto dura ma la vittoria è semplicemente indispensabile. In conclusione desidero fare un appello alla squadra, non vorrei passare un’altra estate con la città tutta imbandierata di giallo-rosso per lo scudetto della Roma, tanto meno vivere un altro 5 maggio, quindi fatemi cortesemente il cazzo del piacere di rimettervi in carreggiata subito e di portare a termine la missione tricolore, grazie.