Un altro 16 dicembre

“Io dico che il prossimo sto a Roma, e se non dovesse essere così, sarò in dirittura d’arrivo, preparando tutti i bagagli per lasciare definitivamente questo paese”.

(16/12/2015)

Immancabile, come ogni anno, ecco il 16 dicembre e di conseguenza il post che racconta l’anno che è stato, con un po’ di anticipo sul tradizionale traguardo del 31, ma per motivi sviscerati negli anni precedenti, il 16/12 è diventato il momento in cui faccio il bilancio.

Lo scorso anno avevo pronosticato che oggi sarei stato a Roma, l’ho voluto piazzare all’inizio come frase d’apertura questo pronostico, perché era giusto anche sottolineare una previsione mancata, ma visto che c’ho una tigna che me se porta via, come sostiene il ragazzo di Frascati, mi prendo il rischio e ripeto la stessa cosa anche per il 2017.

Il 16 dicembre prossimo starò a Roma.

Diciamo che in questo caso specifico ci sono degli elementi che svolgono un ruolo determinante nella previsione, fattori di causa maggiore che mi riporteranno a Roma ben prima di questa data.

È giocare facile in fondo, o comunque fare sponda sui due grandi eventi della prossima estate che hanno un valore enorme e non faranno altro che darmi un motivo in più per mettere fine a questa storia che per me, come detto a chi di dovere a fine ottobre, poteva concludersi tranquillamente prima di questo Natale distante ormai solo 9 giorni.

È un 16 dicembre indiscutibilmente ben diverso da quello dello scorso anno. Molte cose sono differenti, la primissima è il fatto di casa. Dodici mesi fa mi ero insediato nello “Scannatoio” da due settimane precise e chiamare quel posto “casa”, in quel momento specifico, era un complimento smisurato, oggi è ben altra cosa e di certo non è più un aspetto che mi fa disperare.

La stanchezza mentale è simile però, seppur dettata da ragioni diverse. Il 2015 è stato il primo anno qui: lungo, infinito e senza pause; questo invece ha regalato qualche problema in meno ma difficoltà di altro tipo.

È stato un anno lontano da casa come non mai però, senza l’interregno romano dell’estate scorsa, dodici mesi qui praticamente tutti di fila sono stati una enormità.

L’anno passato fu un percorso di adattamento, di scoperta e di mille ostacoli, in questo 2016 mi sono concentrato su altro, in primis su me stesso, soprattutto su alcuni aspetti diciamo caratteriali. Mesi di lavoro senza sosta, mi sono massacrato in certi momenti e la fatica maggiore è stata inevitabilmente tenere la barra dritta sempre e comunque, anche in momenti in cui le dinamiche sembravano essere sempre e costantemente le solite, quasi cristallizzate.

Due anni diversi, con un paio di fili conduttori comuni, ma in generale questo ha per me un valore diverso e non solo perché al secondo giro si tende a raccogliere qualcosa di quanto seminato in quello precedente. Complessivamente è stato un 2016 più carico di insegnamenti, soprattutto a livello personale, un anno introspettivo anche se nel frattempo agivo e sperimentavo.

È stato un anno di riflessione, ma una riflessione non statica, tutt’altro, quando ho capito che la cosa in qualche modo funzionava ho proseguito perché sapevo che era il momento di insistere. Certo, alla lunga un anno così ti usura e chiuderlo con i tantissimi impegni lavorativi che Natale impone non aiuta.

So di aver dato tutto e fortunatamente ho fatto la scelta giusta anche quando il dubbio o la tentazione di rallentare erano grandi. È stata una bella estate anche se mi è mancato terribilmente il mare e la sabbia del litorale romano, la grattachecca, il cocomero, il profumo delle piazze italiane ed il rumore della gente per strada che parla fino a tardi. Una marea di cose mi sono mancate, impossibili da raccontare perché non riuscirei a dare loro la profondità opportuna.

Ho fatto fatica spesso, ma è stata fatica buona, sana, che non rimpiangi. Rimpiango altro, non di aver perso tempo, sicuro, e questa è una sorta di benedizione. Però certo, avrei voluto essere altrove in tanti momenti, ma non c’ero, e quel sentimento di tempo che passa e non tornerà più pesa sempre, è un concetto con il quale mi scontro perennemente.

Avevo detto che sarebbe stato un anno “assestante”, in parte lo è stato, soprattutto inizialmente, poi però ha svoltato su altri binari diventando “didascalico” anche per colpa e merito del sottoscritto.

Tornando su questo 16 dicembre precisamente, non è stato nulla di speciale, una giornata di lavoro impegnativa per via del periodo ma nient’altro. Le news in mattinata, l’editing successivo e poi normale amministrazione, prima di tornare a casa e pensare che manca un giorno in meno al ritorno a Roma.

Non sarà un 16 dicembre memorabile, ma è il secondo di fila vissuto in Canada con molta più neve e freddo rispetto a dodici mesi fa.

È andato pure questo intanto, il prossimo però, lo facciamo altrove, anche proprio per cambiare un attimo dai…

L’ennesimo 16 dicembre nella “Matteo-Story”

“Io pronostico che starò a Roma comunque, ho questa sensazione, ma la differenza consisterà in quello che sarà successo nel frattempo”.

(16/12/2014)

Sì, la previsione è stata sbagliata. Lo ammetto, ma bisogna anche contestualizzare un attimo il fatto, ossia tre giorni prima avevo appreso che nel giro di alcune settimane sarei partito per il Canada, non sapevo nulla di quello che mi attendeva e pensare che dopo praticamente un anno sarei stato a casa non era nemmeno una possibilità così astrusa.

Tuttavia, il fatidico e immancabile 16 dicembre è arrivato e quindi è bene raccontare e parlare di questa giornata che negli ultimi anni in maniera del tutto casuale è diventato il mio 31 agosto o 31 dicembre, insomma quelle date in cui tiri la linea e prima di farlo puoi lasciarti andare a commenti e paragoni.

Sto in Canada ancora, o meglio ci sono tornato dopo l’interregno romano semi-estivo e fra 5 giorni ripartirò alla volta di casa. Siamo alle battute conclusive di un anno interminabile che però volge, finalmente aggiungo io, alla fine.

Il mio 16 dicembre è stato quindi al lavoro, in redazione, a sistemare le ultime cose di una settimana febbrile essendo di fatto l’ultima lavorativa dell’anno. Non nevica, non fa freddo, in casa sono vestito come se fosse luglio. Ho mandato una lunga mail alla Bionda, come spesso accade, un papiro in cui senza mezzi termini esprimevo tutto il mio malessere e facevo un sunto di questo 2015.

Alle 7 Sono andato da Canadian Tire ancora una volta per le tende per casa e mentre mi aggiravo per gli scaffali, mi sono imbattuto in una serie di quadretti. Uno di questi, lungo e scuro, recitava la frase “The best is yet to come” il meglio deve ancora venire.

Inevitabilmente il mio occhio è caduto sulla scritta, l’ho preso, l’ho guardato, me lo sono passato di mano in mano e poi, mentre sognavo di avere il Catto al mio fianco che con occhio diffidente mi scrutava, l’ho posato e mi sono detto a mezza bocca “Ma ‘n se pijamo per culo dai…”

Ma sì, alla faccia di Ligabue, del quadro e di tutto il resto, non mi sono lasciato trascinare dalla frase fatta, ho pensato a quel 16 dicembre e mi sono ribadito che lì il meglio doveva ancora venire, lì stava per succedere e non lo sapevo e ne tanto meno lo potevo immaginare. L’anno perfetto capita una volta nella vita, per cui il meglio in tal senso c’è già stato, di certo il meglio del meglio, così per marcare magari un confine più evidente.

Quello del 2009 rimane il miglior 16 dicembre seguito a mezzo centimetro da quello del 2010, ossia quello successivo. Il peggiore rimane quello del 2012, questo naviga a metà classifica, di certo non sta sul podio.

E il prossimo? La domanda alla fine di questo post con questa data è sempre la stessa. Visto che è bene tentare e non nascondersi, come al solito dico la mia in maniera decisa. Io dico che il prossimo sto a Roma, e se non dovesse essere così, sarò in dirittura d’arrivo, preparando tutti i bagagli per lasciare definitivamente questo paese.

Motivi e spiegazione le ho già sviscerate sufficientemente qualche post fa, ma oggi 16 dicembre 2015, dal quinto piano di questo condominio che guarda downtown, mi sento di dire solo questo con una discreta convinzione.