L’ennesimo 16 dicembre nella “Matteo-Story”

“Io pronostico che starò a Roma comunque, ho questa sensazione, ma la differenza consisterà in quello che sarà successo nel frattempo”.

(16/12/2014)

Sì, la previsione è stata sbagliata. Lo ammetto, ma bisogna anche contestualizzare un attimo il fatto, ossia tre giorni prima avevo appreso che nel giro di alcune settimane sarei partito per il Canada, non sapevo nulla di quello che mi attendeva e pensare che dopo praticamente un anno sarei stato a casa non era nemmeno una possibilità così astrusa.

Tuttavia, il fatidico e immancabile 16 dicembre è arrivato e quindi è bene raccontare e parlare di questa giornata che negli ultimi anni in maniera del tutto casuale è diventato il mio 31 agosto o 31 dicembre, insomma quelle date in cui tiri la linea e prima di farlo puoi lasciarti andare a commenti e paragoni.

Sto in Canada ancora, o meglio ci sono tornato dopo l’interregno romano semi-estivo e fra 5 giorni ripartirò alla volta di casa. Siamo alle battute conclusive di un anno interminabile che però volge, finalmente aggiungo io, alla fine.

Il mio 16 dicembre è stato quindi al lavoro, in redazione, a sistemare le ultime cose di una settimana febbrile essendo di fatto l’ultima lavorativa dell’anno. Non nevica, non fa freddo, in casa sono vestito come se fosse luglio. Ho mandato una lunga mail alla Bionda, come spesso accade, un papiro in cui senza mezzi termini esprimevo tutto il mio malessere e facevo un sunto di questo 2015.

Alle 7 Sono andato da Canadian Tire ancora una volta per le tende per casa e mentre mi aggiravo per gli scaffali, mi sono imbattuto in una serie di quadretti. Uno di questi, lungo e scuro, recitava la frase “The best is yet to come” il meglio deve ancora venire.

Inevitabilmente il mio occhio è caduto sulla scritta, l’ho preso, l’ho guardato, me lo sono passato di mano in mano e poi, mentre sognavo di avere il Catto al mio fianco che con occhio diffidente mi scrutava, l’ho posato e mi sono detto a mezza bocca “Ma ‘n se pijamo per culo dai…”

Ma sì, alla faccia di Ligabue, del quadro e di tutto il resto, non mi sono lasciato trascinare dalla frase fatta, ho pensato a quel 16 dicembre e mi sono ribadito che lì il meglio doveva ancora venire, lì stava per succedere e non lo sapevo e ne tanto meno lo potevo immaginare. L’anno perfetto capita una volta nella vita, per cui il meglio in tal senso c’è già stato, di certo il meglio del meglio, così per marcare magari un confine più evidente.

Quello del 2009 rimane il miglior 16 dicembre seguito a mezzo centimetro da quello del 2010, ossia quello successivo. Il peggiore rimane quello del 2012, questo naviga a metà classifica, di certo non sta sul podio.

E il prossimo? La domanda alla fine di questo post con questa data è sempre la stessa. Visto che è bene tentare e non nascondersi, come al solito dico la mia in maniera decisa. Io dico che il prossimo sto a Roma, e se non dovesse essere così, sarò in dirittura d’arrivo, preparando tutti i bagagli per lasciare definitivamente questo paese.

Motivi e spiegazione le ho già sviscerate sufficientemente qualche post fa, ma oggi 16 dicembre 2015, dal quinto piano di questo condominio che guarda downtown, mi sento di dire solo questo con una discreta convinzione.

Sette gennaio

Ma sì, alla fine è veramente tutto un gioco di incroci, di percorsi che si intrecciano e porte che si aprono a loro volta. Proprio due anni fa infatti, in maniera abbastanza inconsapevole, svoltavo a un bivio che avrebbe rivelato in seguito un sentiero tutto suo. Lungo, intriso di attese, di colpi di scena e impreviste impennate.

Il giorno dopo l’inizio dei saldi, con un tempo tutt’altro che mite mi incamminai verso Via IV novembre, da solo, dopo pranzo, con un misto di curiosità e scarsa convinzione. Varcai così l’ingresso degli uffici romani della ESL, l’agenzia di soggiorni linguistici, e dopo un lungo colloquio riuscii ad ottenere tutte le informazioni necessarie. Preventivi e città, iter di pagamento e soluzioni varie, ma soprattutto iniziai ad accarezzare l’idea di andarmene veramente per la prima volta. Belfast, Liverpool e Dublino. La sfida si risolse in un duello fra la capitale irlandese e la città del Merseyside. Misi da parte l’esaltazione calciofila e i sentimenti e pochi giorni dopo optai per Dublino. Cominciai ad approfondire il discorso e con una rapidità rara passai dalle parole ai fatti. La smania di andarmene e di fondo anche di scappare un po’, per la prima volta in vita mia, misero il turbo a una questione che si sbloccò in tempi rapidi.

Due mesi più tardi sbarcavo in Irlanda per il primo soggiorno nella terra di James Joyce. Il resto poi è stato sviscerato già numerose volte e in diverse salse. Se non fossi andato a Dublino la prima volta non sarei tornato la seconda, qualche mese dopo per lo stage. Se non avessi fatto quest’ultima esperienza non sarei ora in procinto di trasferirmi in Canada. In mezzo c’è stato un 2014 vuoto, un anno in cui però ho tenuto vivi dei rapporti e dei contatti i quali si sono rivelati determinanti, come capita spesso in tanti settori, in particolare in quello giornalistico.

In fondo, concordo con il mio compare del Basso Lazio quando afferma che tutto sia scritto. Penso effettivamente sia così, nel senso che quel pomeriggio di due anni fa, da qualche parte, era stato già stabilito che quella passeggiata alla ESL mi avrebbe condotto qui, o meglio lì, e per “lì” intendo Toronto. Non lo avrei mai pensato, ma in realtà il bello è anche questo e a cinque giorni dall’inizio di questa nuova esperienza un pensiero non poteva non finire a questo episodio che mi ricorda come Rafael Sabatini avesse ragione: “Tutto arriva per chi sa aspettare”.

Countdown Natale: -3

Sono sempre stato un fan accanito del Natale, un amante delle feste intese come 24, 25 e 26 dicembre, al tempo stesso non ho mai adorato la sera del 31 mentre con l’Epifania ho avuto un rapporto scostante. La tristezza del 6 gennaio è un po’ come quella del primo settembre, capisci che le feste e le vacanze sono finite e ci si deve rituffare nella quotidianità. Ai tempi della scuola capitava che il rientro fosse posticipato magari al 9, ricordo a memoria che avvenne nel 2005, mentre ai tempi dell’università sapevi che dietro l’angolo c’era il primo appello e quindi la Befana la vivevi male, se poi eri uno poco serio, rimandavi tutto al secondo appello e risolvevi la questione in maniera un po’ vigliacca.

Vabbé, tutto questo per dire che a me Natale piace, nella sua essenza, nei suoi colori, nell’attesa e nella frenesia, così come in quella sua ciclicità che in fondo ti protegge. Quando ero piccolo non comprendevo il motivo di un certo distacco da parte degli adulti, crescendo ho imparato a capirne le ragioni e di fondo se hai altri problemi diventa complicato sparecchiare tutto dalla testa ed immergersi nel clima in modo spensierato. Senza dubbio, l’ultimo Natale bello che abbiamo vissuto è stato quello del 2010, da lì in poi, ogni anno c’è stato qualcosa a turbare l’avvicinamento. Spesso motivi di salute, a volte problemi relazionali e assenze dovute all’impossibilità di coesistenza fra alcuni membri di casa. Lo scorso anno non fu il massimo, io tornai da Dublino sei giorni prima ma l’atmosfera non era il top e così il mio entusiasmo da rientrante fu rapidamente annacquato. Il fatto di partire subito dopo il 26 per Istanbul inevitabilmente mi succhiava via attenzione e concentrazione, la sera del 25 infatti ero con la testa già in Turchia.

Quest’anno è tutto in divenire, la veranda dei grandi appuntamenti a casa mia è già un cantiere aperto, fervono i preparativi poiché dopo tanto tempo (dal 1998) torneremo a festeggiare la vigilia da me. Allo stesso modo poi celebreremo anche il 25, quanto a S. Stefano vedremo, probabilmente traslocheremo altrove. Il numero degli invitati torna a salire malgrado tutto, dovremmo essere 17, riacquistiamo mio zio e company in esclusiva in stile Anni 90, perdiamo qualche altro pezzo come negli ultimi tempi.

Per dare un po’ di pepe al tutto e agevolare i preparativi, stamattina hanno ricoverato mia nonna per alcuni controlli, attualmente è nel vicinissimo Gemelli, uno di quei posti così comodi che se ci si aggiunge il traffico e il caos di queste ore febbrili fai prima a raggiungere il Cardarelli di Napoli. Attendiamo notizie confortanti, ma passare un Natale in pace a noi non piace più.

Abbiamo deciso così.

Un altro 16 dicembre nella “Matteo-Story”

Ciascuno di noi credo abbia una specie di intermedio, un momento in cui si ferma e magari fa parallelismi e confronti. Può essere la fine dell’anno, può essere magari a conclusione dell’annata lavorativa prima delle ferie estive, dipende insomma, per quanto mi riguarda invece il mio sbarramento è il 16 dicembre. La data non l’ho scelta io, è stata voluta dal destino e dagli eventi, perché bene o male in questo giorno qualcosa è sempre successo.

E’ così dal dicembre 2008, il famoso esonero di Storia delle dottrine politiche, con Alfredo, Antonio, PF e Plenti, il giorno del 30 e lode e dell’inchino, ma anche quello di Fermata che mi chiama dall’aeroporto in attesa del volo per Pantelleria. È stato un giorno straordinario nel 2009 con la discussione della prima laurea, nel 2010 mi aggiravo con la polo bianca a maniche corte per Dubai in attesa di rientrare ad Abu Dhabi per issarmi sul mondo colorato di nerazzurro. Fu interlocutorio nel 2011, ero infatti immerso nella stesura della seconda tesi e affaccendato all’ufficio eventi, fu un autentico giorno di merda nel 2012, una domenica pessima in un periodo drammatico. Andammo con mia madre a Viterbo visto che lì era ricoverato mio padre in attesa di un intervento. Se il 2009 rimane l’apice dei miei 16 dicembre, quello del 2012 è il punto più basso. Di certo è stato notevole l’ultimo in ordine cronologico: quello di dodici mesi fa, in redazione a Dublino, a tre giorni dal mio ritorno a Roma. Lì pronosticai che il 16 dicembre 2014 sarei stato a casa mia, e ora, mentre scrivo questo post, mi pare di aver avuto ragione.

Oggi è una giornata in cui non c’è nulla di speciale (o di triste fortunatamente) da vivere, è un 16 dicembre cupo e piovoso, invernale nella sua essenza. Con l’albero fatto e il presepe incantato, un martedì di passaggio, di attesa per quel che sarà.

Ieri sera prima di addormentarmi ho mandato un messaggio a David e ricordando la data gli ho scritto che il 16 dicembre a cui sono più legato rimane in assoluto quello del 2009. Quei momenti che poi ti ricordi in eterno perché segnano un passaggio, ma soprattutto perché un mix di emozioni e sensazioni come quelle capitano raramente, nel febbraio del 2012 non fu la stessa cosa per tanti motivi.

Sì, il mio 16 dicembre preferito rimane quello, senza dubbio, poi ci metto quello dell’anno dopo a Dubai, quanto al prossimo che dire? Io pronostico che starò a Roma comunque, ho questa sensazione, ma la differenza consisterà in quello che sarà successo nel frattempo.