19 volte Campioni

Siamo campioni d’Italia per la 19esima volta e l’importanza, così come l’unicità del momento, mi riportano sul blog a scrivere.

A fine 2020 mi ero intimamente ripromesso che sarei tornato a pubblicare un post solo in caso di buone notizie, esclusivamente per qualcosa di bello e quindi meritevole di essere appuntato qua.

Ho sfiorato questa possibilità a metà marzo per motivi di lavoro, ma nel bel mezzo di questa primavera inoltrata e mai veramente sbocciata, è arrivato il tricolore a riportare il sorriso.

Campioni d’Italia con 4 partite di anticipo, una trionfo che è una via di mezzo fra quello del 2007 e quello del 2009, con tanto di festa non in campo ma sul divano, con tanto di distanziamento per ciò che riguarda i giocatori.

Sapevo che avremmo vinto a causa dell’Atalanta, ne ero così consapevole che la bandiera preparata per l’occasione volevo che fosse pronta per questo weekend. La speranza era una festa sabato prossimo, occasione per la quale sarei partito anche alla volta di Milano, ma la mia maledizione scudetto, puntuale e mai sopita, è si è ripresentata in modo inevitabile.

Per la quinta volta in vita mia infatti, con l’Inter campione d’Italia, io non ero ne allo stadio e nemmeno in piazza a Milano a festeggiare. Dopo le 4 volte di fila fra il 2007 ed il 2010, è successo ancora.

Una sortilegio che dura e va oltre il tempo, un qualcosa che da anni mi strozza sempre un po’ il grido di gioia, di certo mi annacqua quelle emozioni che si vanno ad accumulare nel corso di una stagione. In sostanza: sono felice ma sarei potuto esserlo molto di più.

Ognuno di noi mette dentro a certe vicende qualcosa di profondamente proprio, impossibile da spiegare se non lo si vive in modo diretto, per questo ho grande rispetto delle reazioni ed emozioni altrui.

È stato uno scudetto celebrato per la prima volta non a casa mia, il primo senza mio padre, il primo oltre i 30 anni e da sposato. Diverso senza dubbio, in tempo di pandemia, senza pubblico, con mascherine e coprifuoco, roba difficile da ipotizzare e immaginare l’ultima volta che ci eravamo cuciti qualcosa sul petto.

Speravo di godermi un po’ di sana caciara, quella in cui si canta e si festeggia alla faccia di tutti, ma vincere un campionato significa anche aver vissuto tanti bei momenti nel corso dell’annata, vittorie ed imprese che un turno alla volta ti hanno regalato quel pizzico di gioia speciale.

Uno scudetto in rimonta sul Milan non lo avevo mai vissuto, e questo lo ha reso profondamente intenso. Senza dubbio la metà di febbraio è stato il turning-point stagionale. Sorpasso e vittoria schiacciante nel derby, lì si è aperto il solco, in quei 7 giorni  si sono rovesciate tutte le gerarchie in modo irreversibile.

Se devo trovare una vittoria in cui ho capito che era l’anno buono, torno a Torino-Inter. Una partita giocata male e sbloccata, ma soprattutto rivinta quando sembrava ormai compromessa. Una vittoria da campionato in cui porterai a casa lo scudetto, quei successi che in altri anni non ottieni mai.

Non ho mai pensato che fosse una passeggiata, ho sempre temuto la Juve più del Milan, così come il rischio implosione in autunno con l’eliminazione totale dall’Europa. Ho avuto vari timori quando le vicende finanziarie sembravano essere una seria minaccia per la stabilità della squadra, un gruppo che invece si è compattato per non fermarsi più.

È banale dire come sia lo scudetto di Conte, uno che ho anche criticato ma sul quale sono stato felice di ricredermi per scelte e capacità di tenere tutti in piedi. Il 19esimo della nostra storia ha la sua firma, senza di lui nulla sarebbe stato possibile, e lui è la garanzia per un futuro luminoso, così come la possibilità di continuare a vincere.

Siamo campioni d’Italia, a me fa sempre uno strano effetto, mi sembra sempre impossibile, ma è successo ed il regno bianconero è finalmente terminato. Godiamoci la “festicciola”, magari la prossima, per la seconda stella, sarà più grande e chissà che io non sia pure in grado finalmente di spezzare la mia personale maledizione tricolore.

Dal lockdown al countdown

Dal lockdown ci siamo ritrovati a vivere costanti countdown.

Questi ultimi tre mesi sono stati in fondo una infinita attesa fatta di piccoli traguardi, di mini obiettivi segnati sul calendario. Abbiamo aspettato, a volte in modo inutile, in altre circostanze invece la data segnata in rosso significava veramente qualcosa. È stato così per il 18 maggio, stesso discorso per oggi, 3 giugno.

Nel frattempo, finito il lockdown, è iniziato il countdown verso il campionato e la ripresa del calcio in Italia. Preciso subito un punto: non mi è mancato per niente e sono stato alla larga da inutili repliche e goffi tentativi di riempire questo vuoto enorme e inatteso.

Quello che ho capito a un punto però è che mi mancava il concetto di sfida, la sensazione della gara. “Sì, ma mica giochi tu” un possibile interlocutore potrebbe asserire, vero, ma il calcio, e soprattutto la vita da tifoso, consiste nell’equazione vedere = fare, un principio splendidamente teorizzato da Nick Hornby.

Mi manca la sfida, l’avversario. In un modo talmente elevato che sto pensando di ritirare fuori la vecchissima playstation pur di avere qualcuno da battere. Ho comprato il canestro anche per quello, per avere un ipotetico avversario da superare, nel caso specifico anche me stesso. Il sale della competizione mi è iniziato a mancare quasi all’improvviso ed in modo netto.

Guarderò quindi questo proto campionato che sta per tornare e chissà se finirà? La risposta è sì, anche perché va considerato come un evento. Un qualcosa di mai avvenuto prima e che si consumerà per la prima volta. Fra anni, anche molti anni, ci ricorderemo di quella estate del 2020 a vedere partite brutte ogni giorno e senza pubblico.

Aspetto questo nuovo inizio, con curiosità ed interesse, pronto a ricredermi dopo un po’ se lo spettacolo offerto sarà penoso – probabile – ma allentando in un certo senso la mia personale sete di sfida e voglia di una gara da vincere.

Mission Impossible

Domenica prossima devo andare ad un matrimonio ad Assisi, si sposa una mia cugina e quindi saremo in Umbria da sabato sera fino a lunedì mattina. Fatta questa obbligatoria premessa, arrivo al dunque. Domenica prossima, dicevo. Sì domenica 26, quella in cui ci sarà la prima giornata di campionato e noi saremo in campo la sera a Pescara alle ore 20.45. Il matrimonio si celebrerà alle 17, subito dopo ci recheremo in uno splendido castello medievale per cenare. La concomitanza dei due eventi, o meglio, il fatto che qualcuno abbia deciso di sposarsi la domenica della prima di campionato è un’idea che mi tormenta da settimane.

Sapevo che non ci sarebbero stati colpi di scena: essendo impegnati in Uefa il giovedì, avremmo giocato per forza di domenica, sapevo che il colpo di fortuna di un eventuale anticipo non era percorribile e quindi sto pensando da tempo a come cavarmela.

Sto seguendo il concetto “Non pensare al problema, pensa alla soluzione” e il progetto per evitare la catastrofica possibilità di saltare la prima di campionato è il seguente: mi porterò dietro il computer e Sky Go mi dovrà venire in aiuto. Il fatto è capire se l’hotel-ristorante-castello ha la linea wi-fi, questo aspetto è determinante, sul sito non dice nulla, lunedì li chiamerò direttamente.

Se dovesse esserci la linea, il problema potrebbe essere del tutto risolto. A quel punto, o piazzo il computer sul tavolo e mangio guardando la partita, oppure non mangio e mi sposto in qualche angolo da solo, in disparte. Nessuno della famiglia mi dirà “Che fai? Dove vai?”, tutto sanno, tutti capiranno, al massimo faranno una faccia tipo “E che voi fa? È così…” ma con l’espressione di rassegnazione e di abitudine, come quando qualcuno mi offre un gelato e rispondo che non posso perché sono allergico al latte. Io non ci faccio più caso, gli altri sì.

I miei genitori non baderanno all’idea che io andrò in giro con un portatile per il ristorante in cerca di linea mentre uno zio a caso inizierà a gridare “Bacio, bacio!”. La colpa di tutto sto casino è di chi si sposa la domenica della prima di campionato, a me una cosa del genere non capiterà mai.

Dopo quasi tre mesi di astinenza hanno intenzione di farmi saltare l’esordio in campionato dei ragazzi, roba da matti. È clamoroso pensare che si riproporrà la storia dello scorso anno: saltò il primo turno per sciopero, e la seconda non la vidi perché ero in aereo che sorvolavo la Mongolia. Quest’anno non capiterà, non voglio pensare nemmeno alla radiolina perché solo l’idea mi fa stare male. Non c’è cosa al mondo che mi metta più ansia di seguire una partita dell’Inter alla radio. L’ultima volta avvenne nel dicembre del 2001, saltò la corrente  a casa, avevo la febbre e il secondo tempo di Piacenza – Inter fui costretto a sentirlo via radio. L’episodio precedente risale al 1999, era settembre e c’era il battesimo di mia cugina. Dentro la chiesa ero tra le prime file con un auricolare infilato sotto la manica della camicia, quando passammo in vantaggio al Delle Alpi con colpo di testa di Vieri, non riuscii a trattenere la gioia ed esultai, mia nonna mi fulminò con la sguardo ma oramai ero in visibilio e non mi rendevo conto della situazione.

Domenica corro un rischio, non piccolo, ma la tecnologia, il wireless, il pc, Sky go, un po’ di culo dovrebbero aiutarmi. Non ho pensato mai all’ipotesi di non vedere questa partita. Dopo compleanni, battesimi, lauree, Pasqua, viaggi, domenica 26 avrò l’ennesima mission impossible: vedere l’Inter malgrado tutto e tutti.  

La mia opinione sul campionato

Il turno infrasettimanale di campionato ha decretato la sconfitta del Milan a Roma e la conseguente “vittoria” della Juventus senza giocare. Guardando la classifica stamattina, queste sono state le mie riflessioni sulle prime 7 squadre del campionato.

Juventus: è in testa meritatamente e credo che buona parte di questo risultato sia da attribuire a Conte, l’uomo in più della squadra. Non avere impegni europei conta moltissimo, i bianconeri hanno una buona formazione, finora tutti si stanno esprimendo al top e i risultati aumentano la fiducia. Febbraio potrebbe essere decisivo: considerando il calendario del Milan, la ripresa della Champions, la partita in meno e lo scontro diretto, se la Juve dovesse chiudere questo mese con 5-6 punti di vantaggio metterebbe la prima mezza ipoteca sullo scudetto.

Milan: da inizio anno ripeto che non è la stessa squadra dello scorso anno e con questa frase intendo che sia peggiorata evidentemente. Il Milan finora ha fallito tutti gli scontri diretti perdendo in modo meritato (tranne nel derby), non sa più vincere partite difficili se contiamo anche la doppia sfida di Champions con il Barcellona. Alcuni dicono che vinca certe partite passeggiando, è vero, ma ciò avviene con avversari modesti, le gare importanti le sbaglia tutte e non è casuale. La squadra è meno determinata dello scorso anno ed è troppo Ibra-dipendente, detto questo continuo a ritenerla favorita per il successo finale.

Udinese: delle prime sette è quella che sta compiendo un altro miracolo. Senza tre pedine fondamentali (Zapata, Inler e Sanchez) è praticamente in vetta con grande merito. Guidolin sta facendo cose grandiose mentre Di Natale non può rimanere fuori dai 23 per l’Europeo per ciò che sta compiendo anche quest’anno. L’Udinese ha fatto dieci vittorie in casa su undici partite pareggiando la rimanente (con la Juve). Questo significa che 31 dei 41 punti li ha conquistati al Friuli, una marcia inarrestabile in casa che contrasta con i pochi punti ottenuti fuori. Solitamente un andamento così sproporzionato non permette mai di raggiungere l’obiettivo per cui si lotta.

Lazio: Reja è un allenatore di grande esperienza e sta facendo cose buone anche in questa stagione. Alla Lazio manca sempre quel gradino per fare il salto in avanti e questo è evidente ma ieri ha giocato una grade partita pur senza Klose. Il grosso problema è la rosa troppa ristretta considerando anche l’Europa League, la partenza di Cissè sarebbe stata opportuna solo in cambio di un discreto attaccante e questo non è successo. Il vuoto numerico lasciato dal francese peserà troppo, Rocchi e Klose non possono fare miracoli. La coperta troppo corta conterà molto nelle sorti laziali.

Inter: concordo con Sconcerti, il problema di questa squadra è la mancanza di equilibrio tattico in campo. Questo problema è dettato anche dall’età e da cambi non all’altezza, non si può pretendere ancora che Cambiasso e Zannetti corrano ogni partita facendo le due fasi tranquillamente, questo aspetto è testimoniato dall’incapacità attuale di reggere la formula con Sneijder e due punte contemporaneamente. Questo sistema non è più sopportabile dal centrocampo di oggi e le mosse di Guarin e Palombo credo proprio che vadano in questa direzione: gente di corsa e forza fisica per riproporre il trio offensivo. La cessione di Motta è stata giusta: meglio avere un giocatore normale con voglia e fame tipo Palombo, piuttosto che uno buono ma scontento e con la testa altrove.

Roma: se avesse un allenatore di calcio, uno con un pizzico di esperienza, sarebbe ad un centimetro dal Milan. La rosa e i giocatori singoli della squadra sono di buon livello, il mercato estivo è stato interessante, ma il problema è Luis Enrique. Passare da una squadra primavera del calcio spagnolo a un club italiano importante come la Roma è un triplo salto mortale che al 99% si paga a caro prezzo. Il continuo turn-over, i cambi in difesa e certe scelte tecniche lasciano tuttora sconcertati. Lamela è stato un ottimo acquisto, Totti fa ancora la differenza mentre Bojan è adatto solo per il calcio spagnolo. Un Guidolin qualunque avrebbe portato questa squadra a giocarsi quasi lo scudetto calcolando che non ha nemmeno impegni di coppa.

Napoli: è al settimo posto e non potrebbe essere in nessuna altra posizione. L’arroganza e la disonestà intellettuale di Mazzarri sfiorano ormai il paranormale, anche ieri sera si è lamentato per l’arbitraggio, peccato che dopo le due partite con l’Inter invece fosse tutto a posto. Il Napoli ha fatto un’impresa in Europa, in campionato sta pagando il doppio impegno. Punterà tutto sulla Coppa Italia che ha buone possibilità di vincere per conquistare un posto nelle coppe. A inizio anno si parlava di scudetto in maniera impropria, oggi si continua a tirare fuori la Fiorentina di Prandelli che nel 2010 arrivò agli ottavi di Champions e dodicesima in campionato. La mancanza di coerenza e di risultati sta caratterizzando la stagione alterna del Napoli.