In fondo alla classifica

Siamo stati una grande squadra, ora non lo siamo più. Ho utilizzato appositamente il passato prossimo perché fino a maggio questa Inter era una squadra forte e temibile, in grado di vincere ogni partita contro chiunque. Non è più così, adesso invece può perdere contro tutti e la partita di ieri sera ne è una prova lampante. Ha perso giocando anche un bel primo tempo, ha perso meritatamente contro una squadra normale che si ritrova in testa al campionato a conferma ulteriore della mediocrità del nostra calcio. I 90 minuti di ieri sera possono in qualche modo fotografare per intero ciò che è questa squadra: l’Inter non corre più, non è in grado di reggere una partita completa con un certo ritmo. La benzina finisce sempre prima del triplice fischio, alcune volte, come nella sfida con la juve, già al termine della prima frazione. Questa squadra ha smarrito se stessa negli ultimi mesi, il calcio in fondo è un gioco molto semplice e spesso perfetta metafora della vita: se le cose vengono fatte per bene, se si sceglie in modo oculato i risultati arrivano, altrimenti le sconfitte non tardano ad arrivare. Questo è quanto è accaduto finora, decisioni errate, valutazioni indecifrabili e soprattutto pochi soldi da spendere, l’Inter è stata abbandonata ad un destino certo, ad un destino  che per forza di cose non poteva far altro che rima con sconfitta. L’aspetto che continuo a non condividere e al quale non trovo risposte valide è il perché per due anni consecutivi siano stati commessi gli stessi errori. Il dopo Triplete è stato costellato da mosse insensate, giustificate con il Fair Play Finanziario, la politica dei giovani e l’obiettivo di tagliare il monte stipendi. Se ci ritroviamo a 8 punti dopo 9 partite e con il peggior inizio della nostra storia in campionato le ragioni io proverei a rintracciarle nei motivi appena elencati. Per due anni di fila sono stati presi due allenatori senza convinzione, tecnici mai appoggiati fino in fondo. A questo si sono aggiunti due mercati estivi ridicoli, nel primo, quello del 2010, è stato ceduto il miglior giovane del mondo in circolazione, nell’ultimo invece è stato svenduto il miglior attaccante del pianeta, uno di quelli che fa la differenza e cambia una squadra. Le due cessioni non sono state degnamente sostituite, i giocatori arrivati non hanno contribuito minimamente e così i giovani sono stati accantonati dopo poco e i dubbi su questi ultimi hanno lasciato lo spazio a certezze, a delle sentenze, due campagne acquisti estive che hanno indebolito notevolmente la squadra. Anche quest’anno, dopo un mercato passato alla finestra in cui sono stati buttati 11 milioni di euro per Alvarez si parla di gennaio per correre ai ripari. Perché bisogna riparare in corsa quando ci sono stati tre mesi d’estate in cui non si è fatto nulla? Perché come lo scorso anno si deve investire a metà campionato quando parte della stagione è ormai andata e la situazione è già compromessa? Perché questi errori continuano ad essere ripetuti? Ieri sera pensavo a questi interrogativi, riflettevo e vedevo una squadra incapace di reagire, una squadra che non corre, una formazione che se attacca si consegna a ripartenze avversarie pericolose, se si difende non punge mai. Il ciclo è finito dopo la partita con il Palermo, dopo l’ultimo successo, da lì bisognava ripartire veramente, con coraggio e decisione. L’addio inatteso di Leonardo ha scombussolato i piani e a mio avviso rimane il punto di partenza da cui questa squadra si è persa del tutto, l’equivoco Gasperini ha accentuato i problemi, gli infortuni, i rigori contro, la sfortuna stanno definitivamente uccidendo una squadra che naviga nei bassifondi della classifica con lo stemma dei campioni del mondo ancora cucito sul petto. Ci riprenderemo, ma sarà dura arrivare in Champions, agguantare quel terzo posto e ripartire. Sfrutterei una stagione nata male per ricominciare e ricostruire, serve gente nuova, giocatori con stimoli e fiato, i “Grandi” hanno dato tutto e per questo non smetteremo mai di ringraziarli ma ora serve qualcosa di diverso, un nuovo capitolo da riscrivere interamente, dall’inizio e tutti insieme.    

Uno scudetto meritato

Il milan ha vinto meritatamente il suo diciottesimo scudetto coronando una stagione che l’ha visto praticamente sempre in testa, con un primato messo in discussione soltanto in un paio di circostanze nelle quali i rossoneri sono stati in grado di vincere e mantenere il comando della classifica. Allegri può quindi affiancarsi a Capello e Zaccheroni, gli altri due in grado di vincere il tricolore al primo tentativo sulla panchina milanista, un dato certamente rilevante che sottolinea i meriti dell’allenatore toscano, brave a gestire la squadra in tutti i sensi. Dopo 4 anni di dominio interista può festeggiare l’altra metà di Milano che attendeva questo momento da ben 7 stagioni, un traguardo che permette al milan di agguantare a 18 titoli i rivali nerazzurri. Se nella prima parte della stagione molte volte la squadra è stata accusata di essere Ibrahimovic-dipendente, negli ultimi mesi ha dimostrato di poter sopperire all’assenza dello svedese che è svanito fra prestazioni incolori e squalifiche per comportamenti discutibili. Il milan ha quindi vinto anche di squadra ma con l’apporto decisivo di alcuni uomini: la corsa di Boateng, la grinta ritrovata di Gattuso, le parate di Abbiati, i guizzi di Pato e le prestazioni di grandissimo livello firmate dalla coppia Nesta-Thiago Silva. Sono mancati Pirlo e Ambrosini per infortunio, ma non va dimenticato Cassano che pur essendo arrivato a gennaio non ha mai saputo essere quel valore aggiunto. Rimane la macchia di una Champions giocata sottotono, 2 vittorie in 8 partite ottenute tra l’altro contro la squadra nettamente più debole fra quelle incontrate. Il milan è uscito giustamente contro un Tottenham che ha avuto la capacità di segnare un gol all’andata e controllare il match di ritorno. I rossoneri non hanno ancora una squadra per competere in Europa ma la forza sufficiente per vincere in Italia, dove abbiamo assistito forse ad uno dei campionati di più basso livello degli ultimi anni. Se il napoli è stato per lunghi tratti l’avversario diretto è facile dedurre che tipo di stagione sia stata. La roma e la juventus non sono pervenute, a febbraio erano fuori dai giochi, l’Inter ha avuto una stagione travagliata per mille motivi, dall’appagamento al non mercato estivo, dall’esonero di Benitez sino ad una semi rimonta che alla fine si è rivelata sterile e non ha permesso nessun sorpasso. Il milan è stato bravo a sfruttare le difficoltà avversarie e a sbagliare poco, non ha avuto una marcia record o una media punti strabiliante ma ad esempio ha vinto i 4 scontri diretti con Inter e napoli, giocando meglio e meritando il risultato finale. Martedì i neo campioni d’Italia scenderanno in campo a Palermo per centrare anche la finale di coppa, l’occasione per una memorabile doppietta, un’accoppiata mai riuscita al milan. Non sarà facile al Barbera, il Palermo vuole fortemente la finale dell’Olimpico che è diventato il vero obiettivo stagionale, un risultato che permetterebbe ai rosanero di entrare in Europa League. La stagione si avvia al termine ed il primo verdetto è già arrivato con due giornate di anticipo, il milan ha vinto lo scudetto, l’attenzione ora si riversa verso la lotta Champions e quella per non retrocedere, il 22 maggio sapremo tutto, prima di tuffarci verso la finale di Wembley e quella di Coppa Italia.

Come ha detto Settore: “Cinque a me, uno a te”. Congratulazioni al milan, da ieri sera lo scudetto conterà più della Champions, è ufficiale.

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(Loro sanno sempre quello che è più giusto fare…)

Parliamoci chiaro

Non siamo più la squadra dello scorso anno, non possiamo essere la squadra della passata stagione, questa è la realtà insindacabile che si deve affermare con serenità e dispiacere, ma senza troppi giri di parole. Inizia in questo modo il mio post del day after sul derby, una partita che ha vinto il milan in maniera abbastanza meritata, ma che evidenzia ulteriormente una serie di problemi in cui è precipitata la nostra squadra. Abbiamo perso senza giocare, non siamo mai stati pericolosi e non abbiamo sfruttato minimamente la superiorità numerica. Un’ingenuità di Materazzi ci è costata cara ed alla fine i rossoneri hanno vinto facendo poco, ma pur sempre qualcosa in più di noi. Discutibile (per usare un eufemismo) l’arbitraggio di Tagliavento, un personaggio che stranamente è sempre molto coraggioso quando ci sono delle decisioni da prendere a sfavore dell’Inter. L’arbitro in questione è colui che cacciò fuori Samuel e Cordoba in pochi minuti in Inter-Samp dello scorso 20 febbraio, quello che ha avuto il coraggio di dare un rigore giusto al quarto minuto di un derby orientando quest’ultimo, ma è anche quello che non se l’è sentita di buttare fuori Gattuso per un’entrata che doveva essere sanzionata e che sarebbe costata a quel pupazzo schifoso la giusta espulsione. C’è un fattore ricorrente nei derby degli ultimi anni, i picchiatori milanisti hanno sempre un bonus infinito, proprio lo scorso anno Gattuso fu espulso prima dell’intervallo e dopo una serie interminabile di botte clamorose. Nella partita d’andata, Ambrosini, fu graziato clamorosamente ad inizio secondo tempo da un secondo giallo sacrosanto, così come il pagliaccesco Gattuso nel derby di Natale del 2007, quando con un’entrata assassina dopo nemmeno 200 secondi di partita, mise a repentaglio la vita di Jimenez. In quell’occasione il timido Morganti pensò bene di non appioppare al picchiatore calabrese la meritata sanzione, forse intimorito dalla foga esasperata e criminale del fabbro gnomo e barbuto. Tralasciando questo trend sull’atteggiamento degli arbitri nei derby (non ho citato quello clamoroso e schifoso del 24.1.2010) vorrei parlare un attimo della nostra situazione, di Benitez, degli infortunati e delle prospettive in generale. Non ho mai approvato le dichiarazioni della dirigenza quando affermavano che questa era la stessa squadra dello scorso anno, è andato via Balotelli (arma in più importante) e non è stato preso nessuno. Coutinho e Biabiany messi insieme non fanno la metà di Balotelli: il primo è veramente fuori luogo, il secondo è la copia sbiadita e spaventata del furetto di Parma. La condizione fisica è scadente, siamo lenti e prevedibili, sempre in ritardo sul pallone, tutto ciò annebbia ancor di più le idee e crea confusione: non so se tutta questa situazione sia determinata da una preparazione estiva che sta facendo comunque danni paragonabili ad un uragano. La striscia infinita di infortunati è dovuta alla preparazione scaglionata per via dei mondiali che hanno visto impegnati tantissimi giocatori, alla sfortuna e ai tanti impegni. È clamorosa la scientificità con cui si sono fatti male certi giocatori, prima tutti gli attaccanti, poi tutti i mediani, di questo passo faremo una fatica esagerata. Si sono fatti male tutti, alcuni hanno avuto già delle ricadute come Milito (al terzo stop) e Cambiasso, altri giocatori come Sneijeder e Maicon sono del tutto fuori condizione, questi problemi stanno riguardando i pilastri della squadra e i risultati si vedono. Non ci possono essere le stesse motivazioni dello scorso anno ed è anche naturale, ma credo che molte critiche a Benitez siano esagerate, non lo hanno accontentato minimamente sul mercato, gli hanno portato due ragazzini, ha una sfiga pazzesca e non può far più di tanto. La speranza è che gli indisponibili possano rientrare quanto prima ed in modo definitivo e soprattutto che la sfortuna ci abbandoni un attimo, solo con queste due condizioni potremo riprendere la nostra corsa. Il campionato è ancora lungo, molto lungo, nulla è perduto e c’è tantissimo tempo per recuperare, chi sta davanti è lontano 6 punti e non è assolutamente più forte di noi.

Un’Inter decente se la può giocare fino in fondo senza problemi, credo in questa squadra e nell’orgoglio di questi giocatori, i conti si fanno alla fine, attenti.

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(Volutamente ho omesso un giudizio sul tifo e sulle scenografie di ieri sera, ancora una volta, per l’ennesima volta da anni a questa parte, non c’è stata sfida).

Parole, parole, parole

Un altro passo in avanti per la vittoria finale del campionato. Espugnato l’Olimpico, si torna in vetta con due punti di vantaggio sulla roma, dopo una gara che sta facendo discutere per lo scarso impegno laziale e per il comportamento del pubblico di casa. Di tutte queste cose, non me ne frega assolutamente nulla. Sono andato allo stadio malgrado l’influenza, e sono contento per la vittoria, perchè temevo in qualche modo questa trasferta, per i fantasmi del 5 maggio e per la stanchezza post-Barcellona. Le polemiche e le accuse della stampa e degli osservatori neutrali, mi scivolano completamente addosso, non mi curo di tutte ste chiacchiere, perché alla maggior parte della gente, sfugge un concetto basilare: il derby e la rivalità vissuta a Roma. Quando per nove mesi vieni preso in giro, sai che i romanisti ti augurano la serie B, perdi due derby con annesse scenate nel dopo partita, e ti ritrovi in mano la carta per colpire i tuoi avversari e vendicarti, te la giochi senza troppi problemi. Credo che sia opportuno fare una distinzione fra i pensieri dei tifosi laziali e i giocatori in campo, che avranno giocato con scarsa voglia, ma non tanto per il condizionamento esterno, quanto perché da ieri pomeriggio, erano virtualmente salvi, e quindi con molte meno motivazioni. Se la roma è furibonda, non mi creo un problema, se la Sensi attacca tutti, sorrido e basta. I tifosi della Lazio hanno fatto la stessa cosa che i loro concittadini avrebbero inscenato a ruoli invertiti, quindi, il finto moralismo sportivo dei tifosi giallorossi, è francamente ridicolo. Dopo i pollici di Totti al derby, una giustificazione a questo gesto, è stata che “in un’atmosfera del genere, queste cose sono concesse, che a Roma il derby dura un anno”. Partendo quindi da questo presupposto, i tifosi laziali ieri, non hanno fatto altro che giocare un loro personale derby. Vogliamo dimenticare Amendola con la maglia del milan nel 99? Le prese in giro dopo la finale di Parigi del 98? Le sciarpette del Maiorca in finale di Coppa Coppe? Io che abito in questa città, certe cose le ricordo perfettamente. Sportività? Non è un lemma che compare nel dizionario romanista, quindi è buffo vedere che questo concetto venga richiamato o auspicato da chi non ne conosce ne il significato e nemmeno l’etimologia. Non appelliamoci alla sportività quando nessuno ne fa uso, non critichiamo gli altri quando avremmo fatto lo stesso noi (me compreso), evitiamo finti moralismi o parole vuote e non coerenti. Se 8 anni fa, e mi riferisco al 5 maggio, in una situazione simile, la roma ottenne dei vantaggi, grazie alla vittoria della Lazio contro l’Inter, stavolta è andata semplicemente in un modo diverso, e come si dice qui, “a chi tocca nun se n’grugna”. In settimana ho trovato esageratamente fuori luogo il sit-in di protesta dei romanisti in via Allegri, immotivato e senza senso, da parte di coloro i quali, proprio dieci anni fa, schernivano la contestazione fatta dai laziali, dopo la penultima giornata di campionato e lo scandalo del gol annullato a Cannavaro. Parlate, giudicate, criticate, a me non importa nulla, devo pensare alle quattro finali che mi restano, per scrivere la storia.

 

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