Il nuovo Papa

 

Stavo camminando verso il supermercato quando Giulia ha esclamato guardando il suo cellulare: “C’è il nuovo Papa!” senza poter aggiungere ulteriori dettagli. Tornato a casa mi sono così fiondato sul pc per vedere cosa stesse succedendo e devo essere sincero: quando ho visto “argentino” non l’ho presa benissimo. Volevo un Papa italiano, dopo due stranieri era giusto un nostro connazionale al Vaticano, anche se con il passare dei minuti l’iniziale delusione è stata leggermente attutita.

Va bene anche Francesco I, meglio lui che il ghanese o il filippino, su questo non ho dubbi, credo che sia opportuno accontentarsi avendo sventato pericoli enormi.

C’è una cosa che differenzia il mio modo di vivere la vicenda e la maniera in cui la vivono gli altri: il fatto che vivo a Roma. Il Papa è mio concittadino, è il Vescovo della mia città, risiede dove abito io. Non pensate che sia la stessa cosa, dietro a queste affermazioni c’è un mondo di risvolti e situazioni che non possono capire i non romani.

Il primo impatto è stato positivo, mi piace il suo accento argentino e la sua cadenza, la stessa che avrà Zanetti a 76 anni, quando tra l’altro sarà ancora regolarmente in campo con la sua fascia da capitano al braccio. Mi sembra un vecchio zio buono e in fondo, il fatto che sia il primo Papa sudamericano, è una novità che non mi dispiace. In tutto questo, c’è una aspetto che mi coinvolge e rapisce sempre, ossia quando il Papa appena eletto si affaccia e saluta la folla in Piazza San Pietro parlando in italiano. Pensateci bene, vi sembra così normale? Ricordatevi che viviamo in un mondo infarcito di americanismi, in una cultura sempre più anglofila, e non sottovalutate il fatto che l’uomo più potente del mondo dica: “Fratelli e sorelle, buonasera”. Parla italiano, la lingua di un paese stanco, vecchio, maltrattato e mal gestito, parla come noi. Tutto il mondo è incollato allo schermo e lui esordisce con un’espressione comune italiana. Per me è qualcosa di meraviglioso. Una lingua che non parlano nemmeno100 milioni di persone al mondo, la lingua di uno staterello piccolo ma così famoso, è il mezzo con cui comunica il Papa. Non sono io quello stupidamente sorpreso, fidatevi, credo che spesso ci si dimentichi l’importanza di questo personaggio e del fatto che viva a casa nostra. Tuttavia, sono contento lo stesso, non sarà proprio un Papa per un progetto di lunga durata considerando l’età ma gli auguro quanto di meglio possa esserci.

Ben arrivato e bon lavoro Francé, dalle parti nostre se dice così.

 

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Dalla parte del Papa

 

In un mondo in cui resiste il dilemma tra essere ed avere, con la bilancia che pende nettamente per quest’ultima, c’è un’altra via che si sta facendo sempre più battuta: quella dell’apparire.

Questa terza via, non certamente quella teorizzata da Anthony Giddens (sto alzando il livello del post in maniera non facilmente quantificabile) è ormai un’alternativa che coinvolge molta gente: ragazzi, giovani, semi adulti, tutti quelli che amano ostentare. L’importante è sembrare belli, felici, avere il cellulare all’ultima moda e le scarpe firmate. Conta questo, per molti, ovviamente non per me. La prendo larga ma arrivo al punto: le dimissioni del Papa. Ho accolto questa notizia-choc con enorme piacere e con uno stupore positivo, ammiro la scelta ad un punto tale che non mi interessano nemmeno le motivazioni.

La decisione del Papa è quella di una persona, perché ricordatevi che parliamo sempre di un essere umano, che ammette a se stesso e al mondo intero di non essere più in grado di andare avanti. Dimettendosi ha dichiarato che non può più continuare la sua missione come dovrebbe e come vorrebbe. Stop. La storia finisce qui. Per me è una presa di posizione tanto moderna quanto straordinaria. Rappresenta la Chiesa, Dio, ciò che volete ma ha deciso che non può proseguire.

Questo evidente senso di responsabilità ha smentito secoli di storia e ridefinito le immagini di Giovanni Paolo II che tremolante ed in fin di vita, ancora doveva affacciarsi alla finestra in Piazza San Pietro. A me quelle scene non piacevano, avevo pietà, dispiacere e rispetto per quell’uomo. Non tessevo le sue lodi perché andava avanti, speravo potesse vivere gli ultimi giorni della sua esistenza senza essere schiacciato dal dovere, volevo il suo bene. Ratzinger ha deciso di essere e di non apparire, non ho voluto correre il rischio di mostrarsi al mondo come non avrebbe voluto.

Ha fatto bene. Apprezzo il gesto di Benedetto XVI, ha scelto, e io sto con lui.

Mi auguro ora un Papa italiano, al massimo spagnolo. Non sono ancora pronto per quello nero e lo dico senza razzismo o germi di conservatorismo. Il fatto che un pontefice ghanese sia quotato a 3.80 nelle sale di scommesse è però un dato da non sottovalutare. Se nominano il brasiliano per il Vecchio Continente è finita, ci sarebbe un decentramento di eventi e persone che non farebbe bene alla cara Europa.

Volevo parlare anche di Sanremo ma mi sono dilungato troppo sulle questioni papali. Comunque sia, Fazio scivola costantemente su quel ruolo che mi irrita, la Littizzetto esagera e dopo un po’ stanca, Bar Refaeli si è schierata, Baggio mi ha esaltato, la scenografia non mi piace.

Gli “Elio” sono stati geniali, mi piace il ritmo di Max Gazzè e ho apprezzato quella di Mengoni. Pensavo fosse un Festival sottotono, mi sono sbagliato ma continuo a non capire perché sia piaciuto così tanto.

 

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(Sì sì, no, beh, sì, comunque è una cosa simpatica)