Una settimana un po’ così…

Ma sì dai, parlo proprio di quelle settimane un po’ così, quelle settimane del cazzo senza troppi giri di parole, quelle in cui piove ininterrottamente, quelle in cui piove troppo per essere felici. Quelle in cui piove talmente tanto che la città affonda nel senso più letterale del termine, si aprono voragini, buche, crateri, piscine e gli automobilisti ci rimettono gomme, ammortizzatori e qualche paraurti. Questa è Roma, questa è l’Italia, un paese che sta franando e mentre crolla giriamo lo sguardo da un’altra parte fin quando non si scioglie la terra (o il cemento) sotto i nostri piedi.

Acqua torrenziale, temporali tutti i giorni, il risultato è stato una città in tilt, ore di traffico per percorrere pochi chilometri, ma soprattutto danni e guasti alle centrali telefoniche. Da martedì siamo isolati, il telefono non va, al massimo possiamo chiamare ma non ricevere, mentre internet è saltato del tutto. Dopo aver procrastinato il ripristino della linea per un paio di volte, alla fine anche da Infostrada non sanno più cosa dire. Ieri intanto hanno emesso una specie di sentenza: la linea tornerà il 24 giugno, alle ore 20. Insomma, una settimana senza linea, a Nagasaki nel 1945 avevano risistemato tutto più in fretta in seguito alla bomba atomica e non ad una serie di temporali. Ci sarà modo di fare reclamo e chiedere il risarcimento danni, resta il fatto che di problemi me ne ha creati fin troppi questa vicenda al limite del paradossale.

Intanto siamo entrati ufficialmente nell’estate, il calendario dice che è iniziata, il termometro meno. Dopo un maggio mai così fresco, c’è stata una settimana di caldo intenso culminata con la gita a Rainbow e poi novembre pieno. Chiuso dentro casa, senza internet, con la televisione a singhiozzo per i disturbi al satellite causa maltempo, prigioniero in 168 mq. Be, poi ovviamente c’è stato dell’altro, s’è rotta la porta in veranda, per riparare la serratura ci sono volute quasi due giornate, attendevo una chiamata che non è mai arrivata (ma non ci speravo troppo) e con questo scenario mi sono detto: “Vuoi vedere che l’Italia non vince?” Appunto. Come nel 2002 ci siamo complicati tutto, era iniziata troppo bene e allora da bravi italiani abbiamo deciso di provare a compromettere maledettamente il cammino che ora si fa in salita, non solo per la sfida con l’Uruguay ma anche in prospettiva, poiché finiremo nella parte meno agevole del tabellone.

Poi però penso che in fondo tutta questa pioggia e questo clima invernale è solo una grande prova: nel 2022 quando la coppa del mondo sarà in Qatar giocheremo a gennaio, con il freddo e i temporali, sta settimana è stata una prova generale per farci abituare, la risposta è facile: mondiali e clima invernale è l’abbinamento peggiore del mondo, fa schifo, è come mettere melone e prosciutto cotto e non crudo insieme. Ho reso l’idea…

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 (Ecco una foto emblematica, l’ho scattata io, sotto casa mia, martedì pomeriggio)

Paralipomeni

Tanto è così, è tutto un dimostrare, un dover dimostrare, meritarsi qualcosa, guadagnarsi uno spazio, un posto, i soldi. Bisogna rimboccarsi le maniche dicono, lo ripetono a noi, poi però c’è il fortunato di turno che ti supera e nemmeno te ne accorgi, ha il telepass, quello delle conoscenze, delle porte aperte senza sforzarsi, il passepartout. A te, al massimo, rimane da suonare qualche altro campanello, in attesa di altri no, di nuovi rifiuti e vecchie scuse, aspettando di colpire un altro palo, o anche una traversa, tanto, abbiamo già il callo.

Sudare per arrivare, correre più forte per ottenere, meglio dimostrare che mostrarsi, quello lo fanno gli altri, chi vive di condimenti e contorni perché il piatto piange e allora, è tutta una vetrina, una interminabile giostra su cui roteare pavoneggiandosi del nulla, social network e giochi di luce, “Facciamone un’altra, che dobbiamo venire meglio”.

Piove di nuovo, troppo per essere del tutto ottimisti, un colpo di coda dell’inverno, un’inzuccata allo scadere del freddo e le finestre si richiudono, avevamo già deposto il cappotto, peccati di gioventù, errori che spesso facciamo. Troppo lontani gli amori sotto l’ombrellone e i tormentoni estivi, è lunga ancora, c’è da pedalare e impegnarsi, la grattachecca su Lungotevere è più che distante ma nel frattempo le palestre si ripopolano e i bicipiti si gonfiano, in vista delle prossime e future esposizioni. Move on.

In bocca sapore di ferro e sangue, certe scuse hanno fatto il loro tempo come le Superga, anche se fra un po’, magari, torneranno buone. È tutto un divenire, le mail che aspetti non arrivano, il telefonino non suona più come prima, il termometro della situazione è anche questo e non ti rimane che restare in sospeso, a guardare la grandine sul balcone, perché in fondo sai che c’è qualcosa ti manca, e tu, mi ricordi il mare.