#DuePensieri

Pioveva, ora ha smesso. Forse ci siamo, forse l’estate decolla, nel frattempo il primo mese se ne è andato. Al fianco, in parallelo, scorre il Mondiale, festa infinita, show, spettacolo, l’esaltazione dell’unicità dello sport. Noi siamo già a casa, le bandiere ai balconi possiamo riavvolgerle e stiparle da qualche parte, fra 24 mesi torneranno utili. Speriamo.

Intanto ricominciano i drammi estivi, omicidi e killer che impazzano ma anche persone che impazziscono. I funerali di Ciro Esposito, folle commiato ed epilogo indecente per una partita, diventano lutto cittadino (a me sembra un po’ troppo) la famiglia invece, la madre soprattutto, si è dimostrata impareggiabile per dignità e dichiarazioni.

E poi? Be poi c’è Grillo che minaccia il giornalista di Repubblica, la Merkel che detta le condizioni, al figlio di La Russa procurano un’altra bella poltroncina comoda as usual, mentre per il concorso Rai come assistente ai programmi se hai preso 100 alla maturità ti danno 40 punti, con due lauree al di là del voto ne becchi 20 complessivi. Misteri. Sintomi di un paese che ama fare le cose al contrario, dove la meritocrazia conta sempre meno, a volte in maniera fin troppo evidente.

Però ci sono ancora cose belle tipo il ritorno del Winner Taco, risultato di un successone del web e della forza del cazzeggio, le giornate al mare, una tedesca in spiaggia con il sole che si spegne, il piede uncinato del Catto, la Lyca Mobile, la focaccia di Voltri che mi hanno portato oggi.

Non ci pensiamo su, non ci intristiamo, l’afa arriverà, il caldo vero pure, 48 ore e saremo al giro di boa di questo 2014, tutto è un divenire, come quando avevo 20 anni e passeggiavo per Calle Alemanes con le mie Tiger gialle e pensavo che in fondo Siviglia era un bel posto, anche per vivere.

Azzurro sbiadito

Siamo fuori dal mondiale. Malamente. Abbandoniamo il Brasile in maniera meritata, dopo una partita brutta, mal giocata e decisa da due episodi giudicati in maniera discutibile dall’arbitro. Torniamo a casa clamorosamente, dopo un avvio incoraggiante, anche se la prestazione con l’Inghilterra aveva illuso troppo (non il sottoscritto), l’Italia è stata inguardabile contro la Costa Rica e l’Uruguay. In entrambe le partite la nazionale ha commesso due errori facilmente pronosticabili perché profondamente italici: prendere sotto gamba i primi avversari e giocare per il pareggio nella sfida contro Suarez e compagni. Tutto prevedibile, tutto molto tricolore.

Siamo di fronte ad un disastro enorme, per la seconda volta nella storia dei mondiali usciamo per due volte di fila al girone, era capitato solo nel 1962 e nel 1966. In quell’occasione la prima contromisura fu quella di chiudere le frontiere per 14 anni, basta stranieri, rifondazione totale, spazio agli italiani e ai giovani. Quattro anni dopo eravamo in finale contro il Brasile ma soprattutto si cominciò a ricostruire davvero. Il mondiale del 1982 è figlio di quella scelta, perché in Argentina nel ’78 quei giocatori erano il primo risultato della scelta avvenuta dopo l’eliminazione con la Corea in Inghilterra. Oggi, ovviamente, non sarebbe possibile una mossa del genere, il mercato europeo, la Legge Bosman e un mondo che è andato avanti non possono permettere scelte drastiche di questo tipo, di certo però siamo dentro un pozzo dal quale è dura risalire.

Bisogna ricominciare dai giovani delle scuole calcio, occorre tornare ad insegnare calcio inteso come fondamentali, tecnica, abilità. L’avversario si supera con la finta, il dribbling, la giocata a sorpresa e non solo con lo scatto o la corsa. Si deve tornare a “fare calcio”.

Per tre decenni abbiamo avuto generazioni di fenomeni. Quelle invece targate Anni 80 e Anni 90 non stanno fornendo granché ed ovviamente non siamo difronte ad una casualità. Nel campionato continuano ad esserci troppi stranieri mediocri, troppi giocatori che potrebbero essere comodamente sostituiti da giovani ragazzi italiani. Il nostro paese vive un periodo di profonda crisi, il calcio è povero di conseguenza, il livello del campionato è basso, non abbiamo talenti ed è impensabile di poter fare bene ad un mondiale dove l’asticella si alza parecchio. Abbiamo stadi vuoti e vecchi, vivai abbandonati, esterofilia portata ai massimi termini e la costante voglia di non cambiare accontentandoci di qualche accorgimento.

Dopo un Europeo ottimo e una buona Confederations Cup, siamo ripiombati nel vuoto pagando tutti i nostri errori. Abbiamo fallito sotto ogni aspetto e quanto meno qualcuno ha avuto il buon senso di rassegnare le proprie dimissioni. Il CT ha commesso molti sbagli: dalle convocazioni, al cambiare modulo, stravolgendo molto di quanto era stato costruito in questi mesi. Personalmente non avevo capito l’utilità di rinnovare il contratto a Prandelli prima del Brasile mentre accolgo con piacere l’uscita di scena (spero reale) di Abete al suo settimo mondiale da dirigente FIGC. Nel frattempo il vice presidente Albertini si era già fatto da parte e adesso assistiamo ad un vuoto totale, di potere, di risultati e di uomini.

Siamo stati azzerati, speriamo di non buttare l’occasione di ripartire sul serio e in modo intelligente.

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Una settimana un po’ così…

Ma sì dai, parlo proprio di quelle settimane un po’ così, quelle settimane del cazzo senza troppi giri di parole, quelle in cui piove ininterrottamente, quelle in cui piove troppo per essere felici. Quelle in cui piove talmente tanto che la città affonda nel senso più letterale del termine, si aprono voragini, buche, crateri, piscine e gli automobilisti ci rimettono gomme, ammortizzatori e qualche paraurti. Questa è Roma, questa è l’Italia, un paese che sta franando e mentre crolla giriamo lo sguardo da un’altra parte fin quando non si scioglie la terra (o il cemento) sotto i nostri piedi.

Acqua torrenziale, temporali tutti i giorni, il risultato è stato una città in tilt, ore di traffico per percorrere pochi chilometri, ma soprattutto danni e guasti alle centrali telefoniche. Da martedì siamo isolati, il telefono non va, al massimo possiamo chiamare ma non ricevere, mentre internet è saltato del tutto. Dopo aver procrastinato il ripristino della linea per un paio di volte, alla fine anche da Infostrada non sanno più cosa dire. Ieri intanto hanno emesso una specie di sentenza: la linea tornerà il 24 giugno, alle ore 20. Insomma, una settimana senza linea, a Nagasaki nel 1945 avevano risistemato tutto più in fretta in seguito alla bomba atomica e non ad una serie di temporali. Ci sarà modo di fare reclamo e chiedere il risarcimento danni, resta il fatto che di problemi me ne ha creati fin troppi questa vicenda al limite del paradossale.

Intanto siamo entrati ufficialmente nell’estate, il calendario dice che è iniziata, il termometro meno. Dopo un maggio mai così fresco, c’è stata una settimana di caldo intenso culminata con la gita a Rainbow e poi novembre pieno. Chiuso dentro casa, senza internet, con la televisione a singhiozzo per i disturbi al satellite causa maltempo, prigioniero in 168 mq. Be, poi ovviamente c’è stato dell’altro, s’è rotta la porta in veranda, per riparare la serratura ci sono volute quasi due giornate, attendevo una chiamata che non è mai arrivata (ma non ci speravo troppo) e con questo scenario mi sono detto: “Vuoi vedere che l’Italia non vince?” Appunto. Come nel 2002 ci siamo complicati tutto, era iniziata troppo bene e allora da bravi italiani abbiamo deciso di provare a compromettere maledettamente il cammino che ora si fa in salita, non solo per la sfida con l’Uruguay ma anche in prospettiva, poiché finiremo nella parte meno agevole del tabellone.

Poi però penso che in fondo tutta questa pioggia e questo clima invernale è solo una grande prova: nel 2022 quando la coppa del mondo sarà in Qatar giocheremo a gennaio, con il freddo e i temporali, sta settimana è stata una prova generale per farci abituare, la risposta è facile: mondiali e clima invernale è l’abbinamento peggiore del mondo, fa schifo, è come mettere melone e prosciutto cotto e non crudo insieme. Ho reso l’idea…

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 (Ecco una foto emblematica, l’ho scattata io, sotto casa mia, martedì pomeriggio)

Le mie storie mondiali (Parte 4)

La storia è molto semplice: a me i mondiali giocati fuori dall’Europa non piacciono molto. Se poi si disputano in Africa, con un clima non estivo e con la certezza di non vincerli per tanti motivi, il mio solito entusiasmo da coppa del mondo non si alimenta troppo.

Non ho un bel ricordo di Sudafrica 2010, in primis perché giocare e sapere di non poter vincere avendo sollevato già la coppa nel 2006 è tempo perso, ma soprattutto perché ero reduce dal mese di maggio più emozionante, stancante, coinvolgente, pazzesco, unico, inavvicinabile, stressante, drammatico (potrei proseguire all’infinito) di sempre. Vincere tutto in 17 giorni e innalzarsi sul gradino più alto di ogni competizione mi aveva prosciugato completamente, un mese che in parte spero di non rivivere mai più in vita mia per l’ansia che provai. Arrivai alla rassegna mondiale svuotato, con poco interesse per il calcio in generale. L’esordio con il Paraguay fu a casa Falcone, lì avevo visto Grosso infilare Barthez e lì tornammo per una nuova avventura. Con la Nuova Zelanda la guardai a casa mia, mentre la partita decisiva e di una tristezza immane contro la Slovacchia la seguii da una camera di albergo di Vienna mentre ero in vacanza con i miei. Per la prima volta provai la sensazione di essere italiano all’estero con la Nazionale in campo e l’amarezza fu comunque tanta, malgrado una squadra senza senso e con poche chance. Terminò male, molto prima del previsto e con una ingloriosa fine del redivivo Lippi.

 

E ora invece? Finalmente ci siamo, poche ore e saremo nuovamente testimoni di un altro pezzo di storia che si consumerà in un mese, un’altra avventura che fra decenni ricorderemo ancora, speriamo con qualche bella emozione e parecchi sorrisi. Sono moderatamente ottimista, l’Italia non fallisce mai due mondiali di fila e credo che l’obiettivo di arrivare almeno ai quarti sia alla nostra portata. Dispiace pensare che sono quattro anni che aspettiamo questo momento e tutto pare già deciso, sembra che tutti siano in Brasile per fare da sparring-partner al successo dei verde-oro, tutti in attesa di vederli vincere. Mi auguro non succeda perché non esiste nulla di più triste di una emozione spenta, di una fiamma bagnata prima di essere accesa. Dall’altra parte, siamo già tutti CT, 60 milioni di allenatori, tutti pronti a sparare su Prandelli che personalmente non mi ha convinto su alcune scelte ma che sosterrò fino in fondo. Tifiamo Italia, imbandieriamo i nostri balconi, stringiamoci e crediamoci. Solo durante Europei e Mondiali abbiamo il coraggio di esporre il nostro tricolore, come se fosse normale, come se fosse l’unica occasione giusta, un qualcosa che viviamo quasi come un obbligo morale. Non tollero chi non tifa Italia, detesto chi tifa contro e chi fa discorsi beceri sull’appartenenza di chi scende in campo, la Nazionale è la Nazionale, è di tutti, certe polemiche sono francamente insulse. E poi, io quando sento l’inno, vedo la nostra bandiera e delle maglia azzurre, non riesco a non tifare per quei ragazzi che hanno le facce delle persone che potrei incontrare camminando per strada. Loro sono noi, e allora, coraggio azzurri.

Buon Mondiale, godiamocelo.

 

P.S. E’ il post numero 900, cominciano ad essere veramente tanti…